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venerdì 18 aprile 2025

L'Europa rapita a se stessa

“Come reagire all’eclissi di un’Unione che, di fronte alla guerra in casa, ha preso a camminare rasente ai muri e quasi vergognandosi di esistere?” Un disastro. “Serviva una storia fiabesca, capace di toccare l’anima dei semplici”. E Rumiz vi si è avventurato.
Prima un’escursione pratica, materiale, con un amico “in mare con la vecchia Moya, a vele spiegate fra Asia e Occidente”, nel Mediterraneo, che dell’Europa è padre e madre. Poi una lunga peripezia fantastica, una lunga notte, assonante - “sbadatamente verso mezzanotte,\ un vespaio di versi ho scoperchiato” – un lungo canto “alla dea madre del nostro continente”. Sulle immagini del cadavere nel sacco bianco sbarcato a Santa Maria di Leuca una notte di gennaio, e delle donne siriane a luglio a Porto Empedocle, che fanno ruota, modeste, e un canto intonano, “a bassa voce, un’incantevole nenia d’Oriente”, che “il dolore” fa emergere “della patria perduta e insieme la speranza di un mondo nuovo”.
Alla ricerca-ricostituzione di questo mondo-mito vecchio quattro moderni Argonauti partono, su un velo di leggenda, alla ricerca della Grande Madre Europa. Nel “mare di mezzo”, da cui Giove-Toro la rapì. La ritroveranno, come già succedeva in antico, in una giovane siriana, in fuga dalle guerre fratricide.
Il vecchio mito rigenerato in una favola contemporanea. Di un’Europa smarrita che vaga come i profughi che disperati l’abbordano – la vecchia Europa bagascia Rumiz vuole virginale.
Una celebrazione, per quanto disperata, dell’Europa. Che però, forse, sarà letta in futuro non remoto come un epicedio, quello dei “figli della guerra” che avevano potuto vivere tutta la loro vita in pace. Mai successo prima, nella pure lunga storia dell’umanità. Illudendosi che il mondo fosse cambiato. Salvo scoprire infine che la violenza resta fra noi? Un grido di dolore.
Un grido lungo diecimila versi. Di endecasilabi curati – marcianti, assonanti. La carica onirica spesso sacrificando al grido, alle “tematiche” attuali, polemiche, giornalistiche. Da cronista emerito di tutte le guerre, avendo vissuto la Bosnia (e la Serbia?) prima dell’Ucraina – e come dimenticare Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Berlino, la storia che non si fa?  
Paolo Rumiz, Canto per l’Europa, la Repubblica, pp. 326, il. € 8,90

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