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L'Europa rapita a se stessa
“Come reagire all’eclissi
di un’Unione che, di fronte alla guerra in casa, ha preso a camminare rasente
ai muri e quasi vergognandosi di esistere?” Un disastro. “Serviva una storia
fiabesca, capace di toccare l’anima dei semplici”. E Rumiz vi si è avventurato.
Prima un’escursione pratica,
materiale, con un amico “in mare con la vecchia Moya, a vele spiegate
fra Asia e Occidente”, nel Mediterraneo, che dell’Europa è padre e madre. Poi
una lunga peripezia fantastica, una lunga notte, assonante - “sbadatamente
verso mezzanotte,\ un vespaio di versi ho scoperchiato” – un lungo canto “alla
dea madre del nostro continente”. Sulle immagini del cadavere nel sacco bianco sbarcato
a Santa Maria di Leuca una notte di gennaio, e delle donne siriane a luglio a Porto
Empedocle, che fanno ruota, modeste, e un canto intonano, “a bassa voce, un’incantevole
nenia d’Oriente”, che “il dolore” fa emergere “della patria perduta e insieme la
speranza di un mondo nuovo”.
Alla
ricerca-ricostituzione di questo mondo-mito vecchio quattro moderni Argonauti
partono, su un velo di leggenda, alla ricerca della Grande Madre Europa. Nel “mare
di mezzo”, da cui Giove-Toro la rapì. La ritroveranno, come già succedeva in
antico, in una giovane siriana, in fuga dalle guerre fratricide.
Il vecchio mito rigenerato in una favola contemporanea. Di un’Europa smarrita
che vaga come i profughi che disperati l’abbordano – la vecchia Europa bagascia
Rumiz vuole virginale.
Una celebrazione, per
quanto disperata, dell’Europa. Che però, forse, sarà letta in futuro non remoto
come un epicedio, quello dei “figli della guerra” che avevano potuto vivere tutta
la loro vita in pace. Mai successo prima, nella pure lunga storia dell’umanità.
Illudendosi che il mondo fosse cambiato. Salvo scoprire infine che la violenza
resta fra noi? Un grido di dolore.
Un grido lungo diecimila
versi. Di endecasilabi curati – marcianti, assonanti. La carica onirica spesso
sacrificando al grido, alle “tematiche” attuali, polemiche, giornalistiche. Da
cronista emerito di tutte le guerre, avendo vissuto la Bosnia (e la Serbia?)
prima dell’Ucraina – e come dimenticare Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia, Berlino,
la storia che non si fa?
Paolo Rumiz, Canto per
l’Europa, la Repubblica, pp. 326, il. € 8,90
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