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domenica 13 aprile 2025

Ombre - 770

Fa infine capolino, dopo settimane di paginate sul nulla, la verità dei dazi di Trump: “Le guerre commerciali”. Su un giornale letterario, “La Lettura”…(finora se ne era detto solo su questo sito…). C’è molta “ammuìna”, per svalutare comparativamente il dollaro. E per fronteggiare l’aggressione commerciale della Cina, con sussidi statali enormi, varie patiche di dumping, e la pratica costante di sottovalutazione del yuan-renminbi.
Trump prova con la Cina il braccio di ferro di Reagan col Giappone, che allora “invadeva” gli Stati Uniti. Con gli stessi strumenti ora della Cina. Trump vuole con Xi un analogo dell’“accordo del Plaza”, che Reagan impose a Tokyo nel 1985 – lo stesso Reagan che “aprì” alla Cina, e avviava la “globalizzazione”.
 
Si dice Trump ma è l’America. Ci sono costanti nella politica Usa a prescindere dal presidente – se c’è un deep State è questo. Già Obama contestava l’aggressività commerciale di Xi. Trump pensava di averla ridotta. Biden ha allora spostato lo scontro sul militare. Trump riapre il fronte commerciale e monetario.
Il dollaro è – era fino all’altroieri – troppo forte, costringendo gli Usa a stamparne di più, col rischio inflazione, e a indebitarsi in continuo, nel commercio e nei pagamenti. Era a 1,4 sull’euro pre-covid, è arrivato alla parità, dal 2022 all’altro ieri, prima di “Trump” – lo yuan-renminbi si nasconde, come un (finto) bambino gracile.  
 
Sembra niente (ma non per gli addetti ai lavori), ma dopo l’accordo del Plaza l’economia nipponica subì lo scoppio di una bolla speculativa. Cui seguì un “ventennio perduto”, una stagflazione lunga dal 1991 al 2012 – con riduzione dei redditi e dei consumi (perdita costante di valore dei salari reali e di potere d’acquisto). In grande quello che sta succedendo alla Germania da tre anni.
Un’economia “organizzata” per l’esportazione, a costi artificiosamente ridotti (energia russa e sussidi pubblici, con la scusante del green deal¸ nel caso tedesco), è semplice, perché non si dice? Delle economie “organizzate” per l’esportazione, p.es. la Cina?
 
“Unicredit, gli ostacoli di Orcel nella scalata a Bpm”, titola “la Repubblica”. Senza una novità, un aggancio, preciso: “Il governo con il golden power, il prezzo sempre più alto e il 30 per cento a Crédit Agricole e casse di previdenza che non arriveranno (aderiranno? N.d.r.) all’Ops rendono l’operazione difficile”. Facile certo no, ma a argomentazioni singolarmente rovesciate: il golden power non c’entra, il prezzo di Unicredit è, relativamente, più alto, Crédit Agricole e casse andranno sul titolo a maggior valore. Il risiko bancario è come il campionato, coi tifosi, o si punta a rendere più conveniente l’Ops?
 
Sessione di emergenza del Parlamento di Westminster per salvare l’acciaieria di Scuntrope, il residuo impianto britannico in grado di produrre acciaio puro. Salvare cioè rinazionalizzare. L’impianto era stato rilevato da un gruppo cinese cinque anni fa per appena 70 milioni di sterline, ma con la promessa d’investimenti per 1,2 miliardi. Mai fatti, serviva a trasbordare semilavorati cinesi. Ora non conveniva più, i costi di semplice esercizio di apertura essendo lievitati ad oltre mezzo milione di sterline al giono.
 
“«Stasera tutto è possibile» è un programma orribile, una ciofeca”, Aldo Grasso, “Corriere della sera” 5 marzo: “I comici raschiano il fondo del barile. Mi chiedo come si possa ridere delle loro battute”. Critico inconsolabile di fronte al successo di pubblico. Un mese dopo è un inno alla gioia di De Martino, il conduttore, dei suoi comici, e del suo pubblico, sempre largo: “Soprattutto giovane”, gioisce lo stesso Grasso, sempre sul “Corriere della sera”.  Non proprio un mese dopo, quaranta giorni dopo, per le Palme. È il clima pasquale? C’è stato un miracolo?
 
Si fanno ogni mattina, a ogni tg,  lo stesso i giornali, i “pastoni” politici, di quello che ha detto e fatto Meloni, e poi invariabilmente: “Opposizioni all’attacco”. Non questa o quella critica, “opposizioni all’attacco”. E l’immagine corre a Conte, sempre vestito di grigio, e Schlein, sempre invariabilmente disarmocronica, due facce che non “dicono” nulla, giusto l’intelligenza artificiale dei social, sul tema “opposizioni all’attacco” – dei sosia.
 
Si scrive di scambi di “prigionieri” Usa-Russia, e si finisce (Lorenzo Cremonesi, “Corriere della sera”) per dire per inciso, due righe, verso la fine del lungo articolo, che l’Ucraina assolda molti mercenari. Parlando d’altro, dei “volontari” cinesi che Zelensky ha fatto prigionieri, rendendone responsabile il governo: “Pechino replica che si tratta di parole «irresponsabili» e lascia capire che possano essere invece mercenari” – “proprio come migliaia di occidentali”, l’inciso, “oggi combattono nei ranghi ucraini”.
Resta da dire l’essenziale: assoldati da chi?
 
Mbappé da solo ha fatto perdere un paio di coppe al club che lo ha lanciato, il Paris Saint-Germain, alla Francia, e ora al Real Madrid di Ancelotti, sconquassando, in campo e nello spogliatoio. È come fu Cristiano Ronaldo alla Juventus, anche se in questo caso senza presunzione del calciatore: gli eroi solitari, presuntuosi, arroganti, litigiosi, fanno male al calcio. Ma sono i beniamini dei tifosi – oggi si direbbe eroi: gli basta una piroetta in campo.  
 
“Quasi 600 speaker al Festiva del Giornalismo a Perugia, 9-13 aprile”. Quasi? Cioè, sono pochi – più si parla di giornalismo, invece di praticarlo, se in quasi 600 lo spiegano, e meglio stiamo?


Nella generale avversione dei media contro Trump, si accredita una sua vicinanza a Putin – sottinteso: tra dittatori – nella guerra. Mentre fu Trump ad armare Zelensky nel 2019-2020, dopo avere osteggiato con rudezza il Nord Stream 2, la supercondotta del gas russo-tedesca. Voleva Trump amico di Putin già il Russiagate, l’inchiesta pluriennale dell’Fbi e dei media americani, innescata da un spia inglese in pensione, per conto della campagna elettorale di Hillary Clinton  La stampa ha le pulci anche quando è libera.

La Russia è certo indispensabile agli Stati Uniti per isolare la Cina. Sul piano strategico-militare, e i in quella specie di mercato alternativo che Pechino minaccia con i Brics. Non sarebbe un “colpo di teatro” come si ama dire di Trump, se la “guerra dei dazi” si risolvesse alla fine, tra rinvii, esclusioni e abbuoni, in una guerra mascherata alla Cia – alle pratiche commerciali scorrette di Pechino.  

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