Cerca nel blog

martedì 22 aprile 2025

Quante brecce aperte da Francesco nella chiesa

Veritiero – involontariamente? – il titolo del “Manifesto”: “Addio a Francesco, il papa che ha smosso le mura della Chiesa”. Altrove molto cordoglio, con dozzine di articolesse, si cavalca l’emozione per la morte del papa. “Il Manifesto” invece coglie, se non un lascito di rovine, un terremoto nella chiesa di Roma.
Il papa “venuto dalla fine del mondo” è stato molto presente, si può dire quotidianamente, su tutti i canali di comunicazione, su tutti gli argomenti. Ma senza autorevolezza, a parte la simpatia – per scelta forse, forse per temperamento. Molto distruggendo, poco o niente costruendo in sostituzione. In particolare per il suo stesso ruolo, di pontefice massimo.
Voleva forse confondersi col gregge, sul principio dell’uno vale uno. Ma ha svuotato, involgarito, con ciò stesso, seppure non formalmente, l’Autorità papale. Il processo decisionale che fa l’Auctoritas del papa, e la specificità della Chiesa - come riconosciuto e illustrato da Alessandro Passerin d’Entrèves, e con lui da Hannah Arendt.
Si sa – non si dice ma si dovrebbe sapere – che la democrazia moderna è quella della chiesa di Roma. Della monarchia costituzionale, elettiva. La chiesa ha perpetuato le procedure del diritto romano, ma ha dato loro sostanza democratica, con la cooptazione dal basso (oggi: mobilità sociale). E autorevolezza sulla base della decisione collegiale. Con delega all’Unus, l’imperatore, il capo, il papa – il governante. Che se ne avvale non per spregiare – distruggere – l’Auctoritas: il papa è un ispiratore e un condottiero, non un sfasciachiese. Piazza San Pietro fremente in attesa di un segno del papa, una parola, una benedizione, un “bagno di folla”, non è un colosseo: le persone, fedeli e non, hanno bisogno di ispirazione, di fede.  

Nessun commento: