sabato 26 aprile 2025

Secondi pensieri - 559

zeulig 

                                        
Fede – È come la verità, inafferrabile. Ma c’è.
 
Individualità – È dell’artista – il creatore , l’ispirato - come dell’uomo commune.
Individuale è anche, fatte tutte le somme, e con tutte le zavorre, il pensiero, anche con la maiuscola.
 
Intelligenza artificialeÈ una tecnologia – uno strumento, dalla meccanica all’informatica e alla medicina. Un’intelligenza per applicazioni pratiche. Non per l’arte evidentemente, o per la letteratura. Né per la filosofia, o la semplice decisione politica. È artificiale, per tutto quanto è cultura: formazione, apprendimento, educazione - e, a ritroso, anche l’innatismo, per quanto possa avere di primitivo, di calco, di macina anche, apprendimento, formazione.
A meno di non distinguere l’intelligenza in senso proprio, come qualità, prima e a prescindere dalla formazione. Tutto ciò che si chiama pensiero  - analisi, sintesi, immaginazione, temporalità (saper distinguere tra presente, passato, futuro, avere conoscenza del prima e del dopo, la prefigurazione del domani). O coscienza, quindi con una distinzione tra bene e male. O anche sentiment. Tutte “cose” di cui non si trova la traccia fisica, corporale.
L’intelligenza artificiale propriamente detta rende evidente la distinzione: essa è tutta intelligenza-cultura. Le manca tutto il resto. Il dilemma si pone ora perché appunto c’è la nuova frontiera dell’Ict, che si vuole “intelligenza”, ma non è nuovo. Kubrik lo trattò famosamente nel film “2001: Odissea nello spazio”, ma già il Settecento se ne interessava, con gli automi. E tutta la narrativa, ebraica e non, dei golem.
 
Pensiero – Sarà pure “unico”, ma è individuale – l’unicità starà nel consenso, che è sempre, per quanto minimamente, individuale.
Il pensiero “universale”  sarà un sistema filosofico. Anche non sistematico, come quello di Heidegger, occasionale e per pochi, negli Holzwege, i “sentieri erranti per la selva”.


Suicidio – L’evento che si vuole “normalizzare”, per legge, è probabilmente quello che  più ha avuto applicazini diversificate nella storia umana, e più ha suscitato commenti e pareri anch’essi diversificati, e per lo più contrastanti. Il repertorio, già lungamente e abbondantemente esplorato sul sito, ne è all’apparenza inesauribile, già da prima della voga corrente della buona morte.
 
Il suicidio come immolazione - testimonianza, martirio. Il kamikaze islamico che si fa terrorista, il kamikaze nipponico che invece non si fa arma. E tutti i suicidi per testimonianza, protesta, per motivi politici oppure religiosi, a Saigon, a Praga, in India, e a Pechino, in piazza Tien An Men, schiacciati da carri armati ciechi. Si muore anche per l’ennui, fino alla depressione, o per l’incapacità, reale o supposta, di realizzarsi (innamorarsi, creare affetti, in Pavese).
A lungo oggetto di condanna, a una morte successiva, esibita, per il pubblico: impiccagione, decapitazione, mutilazione,, con esposizione - contro il principio universale, seppure del diritto romano, “crimen exstinguitur mortalitate”.
A Roma era invece contemplato – ammesso: per malattia, morte di un congiunto, furor, insania, sconfitta militare. E per solo stoicismo, filosofico – praticato in questo caso cerimoniosamente.
Fra gli stoici suicidi merita speciale menzione Seneca, che filosofo dell’etica austera, ma accumulò ricchezze in Britannia col prestito a usura, a tassi che spinsero i Britanni della regina Boadicea, secondo Dione Cassio, a ribellarsi. Baudelaire dirà lo stoicismo una religione con un solo sacramento, il suicidio.
Sempre a Roma, dopo la “donazione di Costantino”, 312-313, i donatisti sostennero il suicidio, individuale e collettivo, nel nome della purificazione attraverso il  martirio. E un secolo dopo, arrivando i visigoti, molte donne si uccisero per la vergogna delle violenze subite. Ma ricorrendo gli uni e le le altre, nella riprovazione di sant’Agostino, “De patientia”. Bisogna portare pazienza.
Dan Brown ha l’agathusia, il “sacrificio altruistico”, sacrificarsi per il bene altrui. Il suicida per l’assicurazione alla famiglia, e perfino il caso dell’assassino seriale che si toglie la vita per non compiere altri delitti, o meglio ancora quelli de “La fuga di Logan”, dove tutti si suicidano  per non aggravare il mondo della sovrappopolazione, all’entrata nel ventunesimo anno – ma una giovinezza spensierata col senso della fine imminente (nel film l’“Età dell’eliminazione” era innalzata a trent’anni, per attrarre al cinema i giovani, che allora ci andavano)?
 
Velocità – “La rapidità sciupa il desiderio e lascia l’impazienza”, Louis Veuillot.                                                                
 
zeulig@antiit.eu

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