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Zelensky come i dazi, l’obiettivo è la Cina
Consegnare Zelensky alla storia (eletto il 21 aprile 2019, è già in
proroga da un anno), e ottenere dalla nuova presidenza un’accettazione degli
accordi di pace con Mosca – sia pure con riserva, con tutte le riserve
possibili. È questo l’obiettivo, secondo la Farnesina, di Trump, che manda
avanti da un lato la mediazione con Putin, senza gli ucraini, e dell’Ucraina fa
menzione solo per criticare il presidente Zelensky.
Nella prima presidenza Trump aveva aiutato l’Ucraina. Avviando le forniture
militari. Sconfitto da Biden, questa l’analisi molto semplice che se ne fa, ha legato
l’Ucraina tutta a Biden, l’arcinemico. Per i fatti di corruzione con la “famiglia
Biden” (il figlio Hunter), e per il coinvolgimento di Biden, e quindi degli Stati
Uniti, nella sfida alla Russia. In un ruolo del tutto passivo.
Procedere a un’elezione presidenziale è complicato. E in tempo di guerra
proibitivo – chi si candiderebbe a fare il Pétain, il Quisling? Da qui le pressioni
su Zelensky per un “bel gesto”, da statista, con le dimissioni - avendo già
capitalizzato ampiamente, in tutte le cancellerie del mondo, il ruolo di eroe e
di martire.
In tutte le cancellerie del mondo eccetto Pechino, si fa osservare. Ma
per questo tanto più necessaria apparirebbe a Washington una sostituzione rapida
di Zelensky, e comunque una pace – o un armistizio, o una tregua: imperativo è
slegare la Russia dalla Cina. Che resta l’unico bersaglio di questa presidenza –
dazi, cambio, attivi commerciale e dei pagamenti. Obiettivo un nuovo accordo del Plaza, 1985, quando il Nemico (commerciale, monetario) era il Giappone.
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