sabato 8 febbraio 2025
Secondi pensieri - 554
Tricolore
– Le origini non sono religiose – anche
quelle della bandiera, come di ogni assetto, procedura, emblema della democrazia
(mobilità sociale, elettività, cooptazione, autorità delegata o rappresentanza)?
La guerra-macello e la critica-netflix
Il racconto di tre amici e sodali, di buona
borghesia, che nella sanità, dietro le trincee affollate di morti, nella Grande
Guerra, si confrontano autodistruggendosi col problema del rifiuto della guerra.
Le trincee sono ammassi di cadaveri. Gli ospedali da campo, dove i tre operano,
due capitani medici e la comune amica crocerossina, peraltro lindi e asettici
come non il migliore ospedale romano di oggi, rigurgitano di coscritti delle
aree più diverse d’Italia che, magari amputati, magari mezzo ciechi, sognano la
smobilitazione. Bisogna aiutarli, o non invece mandarli in trineca, disfattisti
– sono, o possono essere stati, autolesionisti?
Un film duro. All men, se non per
due sole figure femminili, deboli - si direbbe sceme, da poche scene. Una requisitoria
contro la guerra, in ogni sua forma. Senza assolvere la simulazione, l’autolesionismo
– il simulatore più abile si rivelerà il trafficante più spregiudicato. Ma tutto
succede – ammassi di morti, mutilazioni, fucilazioni di renitenti, denunce, tradimenti,
di ogni sentimento - nell’“anno della Vittoria”. Dietro un prologo, o scena di
apertura, che è lo lo scandaglio di ammassi di morti o moribondi alla ricerca
di qualcosa da trafugare, un accendino, una medagliett, un portafogli da poche
lire.
Un fim non truce, malgrado grondi sangue e
sofferenza. Molto ben argomentato nella dialettica tra i due medici, il riflessivo
e il fanatico. Borghi e Montesi – specialmente il primo, irriconoscibile, tanto
è compenetrato nel ruolo.
Una mega-produzione, per una volta, del
cinema made in Italy, costata dodici milioni, che non ha raccolto in
sala più di un decimo. Sono possibili ormai filmetti svelti, tipo serial?
Non è un fim “facile”, da passaparola, ma anche la critica ormai ha perso
ogni sensibilità – e ruolo, da portavoce netflix?
Gianni Amelio, Campo di battaglia,
Sky Cinema
venerdì 7 febbraio 2025
A Sud del Sud - il S ud visto da sotto (584)
Giuseppe Leuzzi
Si riparla di Mauro Rostagno, per il lancio della
docuserie di Saviano su Sky, e si ricorda che per il suo assassinio fu ipotizzato
dai giudici di Trapani: 1) un traffico d’armi: 2) il “caso Calabresi”; 3) una
vendetta interna alla comunità Saman che aveva fondato per il recupero dei
tossici; 4) un delitto di “corna”: per favoreggiamento dei colpevoli (non identificati)
o di suoi possibili\probabili amanti fu arrestata la sua compagna devota Chicca
Roveri. Nel 1988, non nella preistoria. Mentre a pochi passi, a Palermo, si
combatteva la mafia con acume e impegno, dai giudici Chinnici e Falcone.
Nella graduatoria delle liste
d’attesa per regioni nelle strutture sanitarie pubbliche di Federconsumatori il
Sud figura poco – a parte la Sardegna, in ritardo in tutte le specialità. I
ritardi maggiori sono in Friluli-Venezia Giulia, che svetta nella classifica al
negativo in tutti i campi (due anni e più per tutto, anche la mammografia,
anche la visita ginecologica), la Lombardia, la Liguria. Dove cioè la sanità è
più privaizzata.
Si segnala l’assenza da questa
graduatoria negativa della Calabria, dove la sanità pubblica è commissariata,
da una quindicina d’anni.
“Il Mondo” nasce a
Sud
Carmine Chiodo, “Di alcuni
articoli di Corrado Alvaro apparsi su “Il Mondo” di Giovanni Amendola”:
“Il salernitano Andrea Torre,
affiancato dal conterraneo Giovanni Amendola e dal calabrese Giovanni Ciraolo,
tutti e tre laureati in legge, giornalisti e uomini di tendenze politiche
liberal-democratiche, idearono il quotidiano romano “Il Mondo”1. Il giornale si
affermò «rapidamente grazie all’autorevolezza della parte politica ma non
privo, per la pagina culturale, di apporti rilevanti come gli articoli di
Adriano Tilgher e di Corrado Alvaro”.
Alvaro, chiamato al “Mondo” da
Giovanni Amendola, fu prima corrispondente da Parigi, da dove inviò
corrispondenze che tuttora si eggno con interesse – fu un dei pirmi, se non il
prmo, a parlare del fenomeno Proust. “Lettere parigine e altri scritti
1922-1925” è unar accla, acurata da Anne-Christine Faitrop-Porta, che ne fa il
primo scrittore-viaggiatore del Novecento (il secondo, Arbasino, ne ripercorre
molte maniere, e perfino alcuni lessemi) - anche se sempre, anche qui, con un
distinto senso delle radici, benché sofferto, della famiglia, del paese. Nelaraccolta
di Faitrop-Porta c’è anche una prima prova di traduzione di Proust. E poi,
oltre Prosust, Pirandello, Copeau, Crémieux – insieme con San Luca, il padre, i
fratelli, la madre-donna.
Il volume contiene anche una
bibliografia di tutti gli articoli di Alvaro per “Il Mondo”.
Unità, imposte e
leva
Ippolito Nievo passò a Palermo
otto mesi al seguito di Garibaldi tra alti e bassi. Un po’ la Sicilia e la
città gli pacciono, un po’ no. Soprattutto per i troppi importuni che sollecitano
pensioni e favori – lo scriittore era stato nominato Intendente della
spedizione, quindi alla gestione della cassa.
Ne scrive ai familiari in toni
contrastanti, ammirativi e critici. Ma verso la fine del soggiorno (e della
vita: morirà nel viaggio di ritorno, per il naufragio del piroscafo su cui era
imbarcato), il 5 dixcembre 1860, con l’amico Andrea Cassa, di Brescia (Castenedolo),
letterato anche lui e patriota, ci andrà giù pesante: “Che gente, Andrea, che
gente!.... Sarà forse colpa del Borbone o del diavolo, ma non si può campare un
giorno in Sicilia senza mandar a quel paese la razza umana e chi le somiglia! Miracolo
e fortuna che tanto senno rimase loro per grattarsi la rogna peggiore e aiutar
noi che venivamo a guarirla!”
Per finire, benché giovane
sensibile e rivoluzionario sincero, con la fine dell’Italia fin dal suo principio:
“Imposte e leva, leva ed imposte: questo è il miglior mezzo d’educazione….”.
Il Piemontesismo è meglio
Un periodo dimenticato della brillante
carriera di Costantino Nigra, letterato e diplomatico, all’opera soprattutto
con Cavour, è stato il soggiorno a Napoli nel 1861, all’indomani dei plebisciti
unitari, per quattro mesi tra gennaio e maggio, in qualità di segretario della
seconda Luogotenenza del Regno, affidata il 3 gennaio 1861 al principe Eugenio
di Savoia Carignano. Dopo il fallimento della prima Luogotenenza, affidata dopo
Teano, il 6 novembre 1860, a Luigi Carlo Farini, subito incapace e impopolare,
con Garibaldi e con la città.
Nigra era a Napoli come uomo
di Cavour. Con un incarico delicato, deciso da Cavour per venire a capo delle resistenze
a Napoli, e a Torino – a opera dello stesso re, Vittorio Emanuele II. Un
periodo e un incarico di Nigra dimenticato sia dalle biografie sia dallo stesso
sito documentario a lui intitolato. Ma testimoniato dalle lettere a Cavour – non
molto valutate dagli storici dell’unificazione. E da un rapporto finale, di una
decina di pagine, sempre a Cavour: “Un sunto dell’amministrazione delle
Provincie Napolitane dal principio del corrente anno fino ad oggi”, 21 maggio
1861 – otto giorni prima del malore ferale che colpì il suo protettore.
Secondo la Treccani, che
peraltro gli dedica una nota breve, a Napoli Nigra “non fu così felice
amministratore come era stato abile diplomatico”, anzi “si rivelò inadatto e fu
il primo fallimento nella sua brillante carriera pubblica, perché privo di esperienza
di governo e portato più a mediare con cautela che a dirigere con decisione”.
In uno dei primi rapporti a
Cavour, una messa dozzia di pagine, il 17 marzo, esordisce allarmato: “Trovammo
il paese irritato e malconento. Farini e i suoi consiglieri impopolarissimi. Il
nome di V.E impopolare anch’esso”. V.E., Vostra Eccellenza, è Cavour. “Di me si
diffidava. Si temeva l’invasione del Piemontesismo”. Decide allora di affidare ilgoverno
a Liborio Romano, l’ultimo ministro di Polizia borbonico, ma liberale e sicuro
aptriorta. Per il motivo, però, che era – Nigra lo riteneva – un incapace,
benché popolare: “Romano non ha capacità di nessuna specie: non è cattivo di
proposito deliberato, ma è debole, senza carattere, con una certa furberia tra
contadinesca e curale, di nessuna convinzione politica…. Fin dal primo giorno
che lo vidi, fui certo che avrebbe male amministrato, ma fui egualmente cetto
che avrebbe ben tosto perduto ogni prestigio, e sarebbe diventato di pericolosissimo
che era, innocuo affatto. Quel che previdi, avvenne. Commise errori, su errori”,
etc..
Gli “errori”, le “incapacità”,
favoriscono l’unificazione, il “piemontesismo”? Sì: “Abbiam reso evidente che
non si può camminare con uomini municipali, che bisogna procedere nella via
dell’unificazione, che bisogna accettare gli uomini nostri e i Piemontesi … Si
va dileguando l’impopolarità del Re, ed è già quasi dileguata quella di V.E.”.
Segue un elenco delle locali lamentele,
poche righe. E subito poi: “Ecco in qual bolgia mi ha mandato. E per
soprammercato pochi carabinieri e poca forza nelle province. E un’amministrazione
corrottissima da capo a fondo. Pessima stampa. Popolo, docile sì, ma instabile,
ozioso ed ignorante”. Quindi mezza pagina di raccomandazioni – di “raccompandati”.
Crtoache dela
differenza: Sicilia
“Che bel paese verde”, sbotta
a un certo punto, il 28 maggio 1860, pochi giorni dop lo sbarco, Ippolito Nievo
scrivendo alla madre dell’avventura dei Mlile, “spopolato, sereno e miserabile!
Ricorda un po’ il Friuli”.
Alla cugina Bice invece scriverà,
con un po’ più di esperienza, il 20 novembre, nostalgico “di aria lombarda”: “La
Sicilia è una specie di paradiso senza alberi, ove io mi trovo perfettamente fuori
del mio centro terreno; non ho aria per i miei polmoni, non ho immagini pel mio
spirito”.
Nievo appena entrato a Palermo, il 24 giugno, sempre alla madre: “Palermo,
con un po’ più di caldo, è negli usi, nella società, nei pettegolezzi, una
fotografia di Venezia. Ti ricordi delle commedie palermitane di Goldoni, di
Donna Beatrice, del Marchese di Castel d’oro, ec.? Or bene: quella società è
ancora viva, grazie ala preziosa facoltà conservatrice dei governanti
Napolitani. Qui si vive in pieno Seicento, col Barocchismo, le raffinatezze e
l’ignoranza di allora”. E tre settimane dopo, il 15 luglio, sempre im chiave
Serenissima: “Che gente questi Siciliani! Veneziani più flosci, più falsi e
senza una gran dote di coraggio!”
“Qui siamo in mezzo al gran
frastuono dei sì”, scriveva Nievo ancora a Bice, il 23 ottobre, dopo il
plebiscito per l’annessione all’Italia: “L’Italia una e indivisibile ha
travolto le teste di questi buoni Palermitani, i quali non fanno altro che
correre gridando sì sì che paiono dannati. In 32.000 votanti non abbiamo
che 20 no”.
E ancora, sempre a Bice, l’11
novembre: “I Siciliani sono gelosi come gli avari; non abbandonano mai le loro
donne, per un’ottima ragione che non si può dire ma che ti assicuro è ottima”.
La famosa donna del Sud….
“A un certo nputo papà”, racconta
Angelo Moratti di Gian Marco, “ha preso atto che per laurearsi doveva evitare
le distrazioni, così insieme a Umberto Agnelli andarono a Catania”. Alla laurea
facile. Come i laureati in legge per generazioni sono andati a Catanzaro per
l’abilitazione ad avvocato.
“Siciliane a Parigi” sono di Dolce
e Gabbana alle sfilate della haute couture: “Veli, pizzi. Ricami,
corsetti, e un colore su tutti: il nero”. Sempre la famosa “donna del Sud”.
“Camilleri era di un’altra Sicilia.
Parlava un altro dialetto. Conoscva uomini diversi, che non hanno ironia (pensi
invece ai catanesi), immagimava donne brune dalla pelle diafana,… “, la poetesssa
messinese-ragusana Letizia Dimartino scrive al “Corriere della sera”.
Camilleri?
Per un non siciliano è l’affabulatore
per eccellenza - e dunque siciliano per eccellenza. A partire dalle lettere di
giovinetto fuorisede a Roma agli amati genitori. Dopo l’“incontro” fortuito con
Robert Capa, e il “comunismo precoce”, col catechismo e l’arcivescovo.
“Papà era nato a Milano,
parlava dialetto milanese, sapeva tutte le canzoni popolari, oltre a tutte le
canzoni politiche, da quelle anarchiche a quelle fasciste; ma era un siciliano”,
Stefania Craxi a Cazzulo (“Craxi, l’ultimo vero politico”). Con lei, con la
figlia – il figlio era e fu festeggiato come
l’“atteso”, ma la figlia era un
bene geloso.
A proposito del figlio maschio
– sempre Stefania Craxi: “Nella nostra famiglia siciliana c’era molta frenesia
per il figlio maschio; e mio nonno materno, che si chiamava Vittorio come l’altro
nonno ed era pure lui socialista, capì e mi portò a fare una passeggiata”.
“La principessa Carine Vanni
Calvello Mantegna di Gangi, proprietaria col marito del bel palazzo scelto da
Luchino Visconti per girare la celebre scena del valzer del ‘Gattopardo’, ha
smesso di prestare i suoi saloni a matrimoni perché gli ospirti rubavano
oggetti di arredo”, Mario Di Caro spiega sul “Venerdì di Repubblica”.
“Abbiamo restaurato 350 mobili”, spiega la
principessa, “ci sono voluti più di quattro mesi per restaurare un divano a cui
la gente aveva strappato trenta pezzi”. Vandalismo? Disprezzo? Disprezzo-di-sé?
leuzzi@antiit.eu
La tarda avanguardia fiorentina
Una mostra “unica”, sul gruppo artistico
che negli anni 1960-1970 tentò di rianimare Firenze, ma è stato poi dimenticato. Per prima dalla città.
Firenze, che era stata il centro letterario
e una capitale delle belle arti tra le due guerre, attorno ai celebri caffè,
doveva reintrodursi nel mainstream: secondo Piero Santi, che teneva
salotto notturno all’Erta San Giorgio, lungo un percorso tradizionale, oppure
invece introdursi, secondo Eugenio Miccini, l’animatore, e Lamberto Pignotti, “genio
universale”, soprattutto esuberante, al passo con i tempi. Cioè con le avanguardie.
Partendo dal modesto caffè di piazza San Marco, dove attorno a Miccini confluivano
però Alfredo Giuliani e pochi altri – malgrado il patrocinio, alla lontana, di
Mario Luzi.
Più vivace il movimento pittorico, animato da
Pignotti, attorno a via degli Artisti e piazza Beccaria. Su molteplici esperienze:
dalla serigrafia e la calligrafia cinesi al “materico”, e infine al collage –
tecnica che la mostra meglio documenta, con più reperti.
Un manifesto di giovani adulti, attorno ai
cinquant’anni. Sul tema d’epoca: la società dei consumi e i suoi contraccettivi. Da un pinto di vista di
giovanile, di contestazione naturalmente, per un’arte “democratica e militante”.
In mostra opere “verbovisuali” dello steso
Miccini, e di Pignotti, Roberto Malquori, Michele Perfetti, Lucia Marcucci,
Luciano Ori. Tutti nati nei tardi anni 1920.
Un’avanguardia isolata. Più ferace nella grafica,
la poesia volendo abbracciare all’immagine. Facendo tesoro degli stessi “materiali”
del consumismo contestato – grafiche pubblicitarie, pin-up, loghi, slogan,
testi.
In questa direzione l’esito più imporatnte, e
forse più riuscito, che però qui non è documentato, è “Ca Balà”, la prima rivista
a fumetti, di “umorismo grafico e satira politica”, anni 1971-1979, un mensile redatto
e stampato a Firenze, dapprima diretto da Piero Santi e Mauro Senesi, e poi,
trimestrale, da Daniele Protti e Franco Manescalchi. Che fece uso su larga
scala delle tecniche “verbovisuali” del Gruppo Settanta.
“La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo 70
(1963-2013), Galleria
d’Arte Moderna, Roma
giovedì 6 febbraio 2025
Problemi di base bellicosi septies - 838
spock
Facciano la
guerra per non fare la pace – non sapremmo che altro fare?
Trump, figlio
di immigrati, è cattivo con gli immigrati: ce l’ha col suo papà?
Netanyahu, di
una stirpe di deportati, vuole deportare i palestinesi: vuole dare ragione ai
persecutori?
O è l’effetto
della guerra: in mezzo alle armi il decoro tace?
La guerra non
ha limiti?
O è come il
presidente Mao diceva: la guerra può essere abolita solo con la guerra (il
terzo principio della Dinamica di Newton)?
spock@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo – imperiali (325)
“Quattro ipotesi sullo scioccante piano Trump per Gaza – Trump ha
scioccato il Medio Oriente, i suoi oppositori
e i suoi alleati, domestici e stranieri, col progetto di deportazione di 2
milioni di Palestinesi, e di intervento militare americano nel “calderone del Medio
Oriente»”:
“È un diversivo”, per distrarre i media e il pubblico da altre questioni.
“È è un artificio negoziale”, per ottenere in Medio Oriente qualche altro
scopo, per esempio l’isolamento di Hamas nel mondo arabo-islamico.
“È ancora una volta un ricorso alla «teoria del pazzo»” di Nixon:
eccedere per disorientare il nemico o l’interlocutore (secondo Nixon sarebbe bastato
minacciare l’uso dell’atomica per portare Ho Chi Min “a Parigi in un giorno o
due”, cioè alla pace) – ma propri questa teoria Trump ha escluso, richiesto se
si poteva usarla con la Cina.
“La sua improvvisa uscita imperialista è molto reale”. Anche se ancora recentemente
ha ribadito che il suo impegno resta “America First”, è che il “nation-building”
americano (l’esportazione della democrazia) è fuori tempo, “specie nel Medio
Oriente”.
(“The Washington Post”)
Quanta pittura, antifuturista
La “deformazione” non c’entra. Neanche
l’espressionismo - c’entra poco, pochissimo, solo in qualche proponimento
programmatico. È la mostra della pittura “altra” degli anni tra le due guerre,
con propaggini postbelliche, fino a Emilio Vedova, l’Arte povera, un po’ d’informale.
Altra cioè che Futurista e Novecento. Del gruppo di Corrente, della Scuola
romana di via Cavour, Mafai, Raphaël, Scipione, di Guttuso giovane, e di un lungo elenco di pittori
attivi tra Milano e Torino. Ognuno con molti quadri esposti: Cassinari, Cantatore, Badodi, Valenti, Sassu,
Morlotti, Pirandello, Treccani, Birolli, Carlo Levi, e perfino De Pisis. Con Manzù, Mazzacurati e Fontana, scultore anche lui, agli inizi.
Una mostra politica, afascista se non antifascista. Programma
che molti dei pittori qui recuperati condividevano e non. Messi da parte i presupposti
politici – l’eterno, incancellabile, polemismo fascismo-antifascismo (ma chi è
stato fascista? anche ora, per esempio, non ci sono (stati) più comunisti,
tutti erano liberali, un po’ anche cattolici, al massimo socialisti, anzi liberaldemocratici….),
un’occasione per vedere pittori e quadri ormai praticamente invisibili. Poco presenti
nelle gallerie, molto nelle collezioni private. E di vederli tutte insieme, con
oltre 130 quadri esposti, da una quarantina di collezioni – soprattutto da
quella dell’avvocato Jannaccone.
Una mostra senza curatori. Anche se lo sforzo
organizzativo dev’essere stato complicato. Ma bene ordinata. Con didascalie
minime, ma ben redatte. Purtroppo rinchiusa negli spazi angusti in cui continua
a essere ospitata la Galleria d’Arte Moderna della città di Roma, stanze e
stanzette, chiuse e sfalsate, senza luce, senz’aria.
Estetica della deformazione.
Protagonisti dell'Espressionismo Italiano, Galleria d’Arte Moderna, Roma
mercoledì 5 febbraio 2025
Ombre - 759
Anticlimax alla Camera, alle dichiarazioni del governo sul caso Almasri: dibattito freddo, e presumibilmente per pochi, alla tanto strombazzata diretta su Rai 2 e Sky Tg24. Era prevedibile, ci vuole abilità per fare spettacolo parlando – e questa semmai l’hanno avuta i due ministri, composti e severi (sennò, che ministri sono?). È curioso che dei deputati, persone abili alla comunicazione, si esibiscano con toni falsi, allentando tensione e attenzione – le emittenti avevano messo il “pilota automatico”. Soprattutto i più giovani. Che si penserebbero più scafati in materia di comunicazione.
“A Monfalcone (Gorizia)
cinque studentesse dell’Istituto superiore Sandro Pertini, prima di entrare in
classe la mattina e in una stanza appartata, vengono riconosciute da una
referente per poi cominciare velate la lezione”, velate dalla testa ai piedi. Grande
lezione di democrazia – povero Pertini? Di una regione che ha abolito la sanità
pubblica – ha code d’attesa di due anni e più per le visite specialistiche e
per tutti gli esami di laboratorio, a partire dalla mammografia.
Raccapricciante la
conferenza stampa al caminetto di Trump, che esponeva il suo progetto di “Riviera di Gaza”, e lo ripeteva, tema unico
della chilometrica esibizione. Raccapricciante per il Netanyahu sorridente, anzi
ridente, che ogni tanto s’inquadrava - appositamente invitato, per l’annuncio? Col
caminetto acceso, alle cinque del pomeriggio, per accentuare la Gemütlichkeit,
la familiarità. E con la massa dei giornalisti, altrimenti feroci con Trump,
partecipe della bella idea. La deportazione di una popolazione, nel 2024. In
massa: oggi i due milioni di Gaza, domani i tre della Cisgiordania, e i 3 o 400
mila di Gerusalemme. Una pulizizia etnica. A opera del Paese guida della democrazia nel mondo. E di
un Paese ebraico. Una farsa tragica.
Curioso che lo “sviluppo
immobiliare” di Gaza, come Riviera per ricchi israeliani, non sia argomento per
i giornali – non è una sorpresa, ma solo questo sito l’ha segnalato, ed è tutto dire
http://www.antiit.com/2025/01/ombre-757.html
Giornali per i quali Trump
è sempre un tycoon, un immobiliarista, un arricchito, ma non in questo caso.
Non si capisce? Non si vuole? Non si deve?
Si liquida il traffico
campano di permessi di soggiorno per immigrati, a 7.000 euro (settemila…), come
un caso, la delinquenza di poche persone. Sfugge quello che a tutti risulta, e
non per l’inchiesta campana: che attorno all’immigrazione irregolare c’è un
vasto mercato, anche avvocatesco, anche commercialistico, anche giudiziario
(sic!), di diritti d’asilo. Anche perché, certo, obiezioni?, non c’è una sola
democrazia in Africa, o nell’Arco della Crisi islamico, dal Marocco al
Bangladesh.
Ora che anche Lollobrigida
viene incoronato da Politico.eu, dopo Meloni, e dopo Giorgetti, come miglior
ministro europeo, è per questo che monta l’“aria di crisi” attorno al governo,
per la novità? Che il governo fosse di
destra si sapeva. Ora intervengono le graduatorie di Politico.eu, che non si
può dire di destra, e dicono che il governo sta facendo bene. È per questo che
bisogna abbatterlo, dalle finte sinistre di Elkann e Urbano Cairo? Si fanno
schermo perfino di Lo Voi.
Per converso non un
commento, nemmeno una battuta, sulla pretesa del governo di salvaguardare l’“italianità”
di Generali, colpevole di puntare al mercato francese, tramite Mps (non era fallita?).
E di Bpm, il cui maggiore azionista è una banca francese, dalle mire di Unicredit, “una multinazionale”,
con “banche all’estero” e “azionisti stranieri”. Mentre svolge solo un’occupazione
senza precedenti, da quarant’anni in qua, del mondo bancario. Nemmeno una
critica velata, un sussurro?
“La Libia era ed è una
questione di interesse nazionale al suo livello più alto: la sicurezza, cioè
l’incolumità anche fisica di ogni cittadino. Un pezzo grande di sicurezza nazionale
si gioca fuori dai confini nazionali”. Dice cose giuste l’ex ministro dell’Interno
Minniti sul “Corriere della sera”, per chi abbia solo una cognizione geografica
(la mappa) delle cose. Ma per dirlo ha
dovuto lasciare il Pd (“da non pentito”).
Dice anche un’altra cosa
Minniti, sottosegretario nel 1998, quando D’Alema accolse il leader curdo di Turchia
Očalan come rifugiato politico, e poi dovete espellerlo come terrorista: “I
tedeschi non ce ne chiesero l’estradizione, benché avessero emesso contro di lui
un mandato di cattura per terrorismo: c’erano in Germania le comunità turca e
curda più importanti d’Europa…”. La Germania sempre spara il colpo e nasconde
la mano – come con Almasri?
Li Gotti, l’avvocato che
ha fatto fortuna con i “pentiti” di mafia, ha aperto la strada, e adesso è folla
di avvocati in cerca di un africano per denunciare Almastri come torturatore e Meloni
come favoreggiatrice. Altrove sarebbe da ridere, ma gli “avvocati” in Italia
sono più rispettati dei giudici (“danno notizie”), ed è tutto dire.
Il problema però resta: questi
avvocati a percentuale non faranno un favore a Meloni, la “pura e dura” - che comunque
non sarà condannata, Lo Voi o non Lo Voi, nemmeno processata? Un favore politico. E dunque la
percentuale, chi la paga?
Roberto Giacobbo, il divulgatore
gigante di cultura e buon ambiente, ha un dubbio e un cruccio: “Perché ai miei
sei bassotti regolarmente scappa la pipì a cento metri dal portone, dopo tre ore
di passeggiata”. Per due o tre volte al giorno, presumibilmente. Una pipì innocua
– buona da leccare, da altri bassotti, e non? Si va alla transizione in mezzo
agli escrementi.
La prima o seconda cosa che
fa Trump, votato soprattutto dai meno favoriti, middle-eastern disoccupati,
meridionali poveri, latinos, e anche afro, è aumentare i dazi all’importazione.
Che saranno pagati all’80 per cento (ci sono tre aggravi possibili dei dazi,
per gli esportatori o gli importatori, se se ne assumono l’onere comprimendo i margini,
oppure, solitamente, per i consumatori) dai suoi elettori: i dazi di Trump colpiscono soprattutto
consumi primari, ortofrutta (Messico) e combustibili (Canada). La politica è
indipendente dall’economia – dalla borsa della spesa?
Gabriele Romagnoli non si
dà pace, riscrive e ripubblica la difesa di un amico di sempre, un ex “ragazzo, altissimo (più di me che sono un metro e novanta)” e mite, Andrea Rossi, condannato
all’ergastolo per assassinio. A Perugia, alle udienze per la revisione del processo,
scrive, un paio di mesi fa, “ho sentito due periti, quello di parte e quello della
corte, spostare la morte a un’ora in cui l’imputato aveva infine un alibi, ma è
stato deciso di non tenerne conto”. Ma ha pur sempre “fede nella giustizia”. Che
vorrà dire?
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Affari,
Il mondo com'è,
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Sinistra sinistra
Giallo freddo
Un giallo di
atmosfere. A Roma, città della luce, una narrazione notturna, anche di giorno.
Attorno al furto di a ripetizione di moto importanti, 33 ne sono stati
effettuati, senza mai lasciare tracce, se non per la modalità, sempre la stessa.
Due commissari indagano, quello romano, e un suo amico francese. Ma con poca tensione.
La produzione si annuncia importante, l’esito è un film di serie B.
Il drak drama è il
genere più difficile. Forse richiede pochi mezzi, senza attori, non di nome,
con pochi ciak (solo Golino qui, in poche pose, mai in azione), senza scenografie.
Qui le immagini sono suggestive, il Tevere “de loin”, le molteplici
prospettive cui la Piramide si presta di notte, o i lunghi sottopassi urbani,
ma sono poche, e ripetitive. È comunque difficile alimentare l’ansia con le
ombre - gli esiti che si ricordano sono pochi. Michela Cescon, attrice multiverso,
ci ha voluto provare – ma non fino in fondo?
Michela Cescon, Occhi blu, Rai 5, Raiplay
martedì 4 febbraio 2025
Parla forte, ma senza bastone – e punta al Nobel
Puntare grosso per ottenere un minimo viene giudicata alla Farnesina la
divisa del Trump II – come lo è stata nel Trump I. Di Trump si dice e si scrive
il contrario, ma anche questo avvio di presidenza è tonitruante e mite, a
parere di chi ha confidenza con gli affari diplomatici.
“Parla piano ma con un grosso bastone, andrai lontano”, il presunto proverbio
africano di Theodor Roosevelt, il presidente di inizio Novecento evocato a
proposito di Trump, funziona con Trump in realtà al contrario: Trump è un dealer,
un negoziatore, e non un imperialista come Th. Roosevelt, che la massima “africana” prospettò al Congresso
per farsi autorizzare una grande flotta. Per fare cioè degli Stati Uniti una
potenza imperialista come le altre, Inghilterra, Francia, Germania, Italia (avendo
già aggredito con profitto la potenza più debole, la Spagna). Trump invece non ha
fatto, e non progetta, guerre. E punta grosso per ottenere un minimo,
negoziabile.
Un tratto però – si può aggiungere - accomuna Trump a Th. Roosevelt: l’ambizione
a fare del deal, della mediazione, un’arte. L’aggressivo Th. Roosevelt
si fece dare nel 1906 il Nobel per la pace, per avere mediato l’anno prima la fine
del conflitto nel Pacifico fra la Russia e il Giappone. Trump ci è andato vicino
con gli “accordi di Abramo”, stabilizzando definitivamente Israele, ma Stoccolma ha esitato.
P.S. - Russia e Giappone si fecero guerra soprattutto per Port Arthur,
un porto nel Pacifico (oggi Lüshunkou- Dalian,
in Cina) che dava alla Russia libertà di navigazione nel Pacifico – Vladivostok
essendo impraticabile nel lungo inverno. La liberazione dai ghiacci oggi la Russia
si prospetta sull’Atlantico, in capo a Groenlandia e Canada.
Famiglia in un interno, borghese, solido
Rebecca, la figlia tanto attesa che nasce
con una voglia vistosa sulla guancia, porta la madre già scossa all’isolamento
e alla depressione, per lunghi anni. Tensioni anche drammatiche si succedono. Entro
una cornice di “normalità”, ora spregiata ma imprescindibile, in famiglia, a scuola,
in città, al lavoro, seppure in professioni di eccellenza, medica e musicale.
Un dramma – uno dei tanti – familiare.
Nella storia principale, della bambina con la voglia, e in quella della sua
compagna di banco a scuola, dove il padre è un violento. Ma un racconto
efettivamente borghese, senza l’ansia cioè dell’anti-borghesismo o dell’anti-familismo
ora d’obbligo: Giordana è un grande narratore. Anche nella sagomatura dell’ambiente
esterno, la provincia veneta, anzi specificamente Vicenza – che curiosamente è sempre
ancora quella di Parise.
Una regia dietro le quinte, con recitazioni
tutte in carattere: Valentina Bellé la madre, Paolo Pierobon il padre, Sonia
Bergamasco la pianista, sorella del padre e vice-mamma, sulle cui tracce si
indirizzerà la bambina “talento naturale” (premiata a Valencia, al festival che
a fine novembre si è comunque tenuto dopo l’eccidio dell’alluvione), e
sopattutto le tre Rebbecca, a sei, dieci e diciott’anni, Viola Basso, Sara Ciocca
e Beatrice Barison.
Marco Tullio Giordana, La vita accanto,
Sky Cinema, Now
lunedì 3 febbraio 2025
Eurexit
Perché l’Italia è
diventata poco competitiva? “Per il costo dell’energia. L’energia elettrica costa
l’82 per cento in più rispetto alla Francia, il 78 per cento in più rispetto
alla Spagna, il 38 per cento in più rispetto alla Germania. Per quanto riguarda
il gas: 7,4 euro al mwh negli Usa, 34,4 in Europa e oltre 36,3 in Italia”. Per
la transione verde. Mentre altrove il nucleare di prima generazione è ancora prospero, e anche il carbone - la Spagna è un caso
a parte: lontana dalla Russia, si è sintonizzata da tempo sul gas liquido Usa, e non ha risentito della
guerra, delle sanzioni.
Il costo dell’energia
pesa ma è solo uno dei tanti fattori di dipendenza e di minorazione dell’Italia
nell’Unione Europea così come è stata organizzata. Dopo il primo momento di europeismo
entusiasta egualitario, alla Spinelli, con l’iniziativa decisiva dell’Italia, a
fronte della Germania divisa e quindi incerta, e della Franca gollista, cioè
scettica, negli anni negli anni 1950.
A fronte del costo
dell’energia lamentato dal presidente di Confindustria Lombardia, sullo stesso
giornale Dario Di Vico riafferma il solito “Tutti a Bruxelles”, o “l’illusione
perduta di poter fare da soli”. Il che è
vero, ma solo per la fine: in economia è come in politica, non si può fare da soli.
Resta però il problema: con chi e come accompagnarsi? Mentre “l’illusione perduta”
è con ogni evidenza l’Europa, l’Unione.
È facile dire che
l’Italia “non può” fare a meno della Ue. Nessun può fare a meno di nessuno. Ma
quanto è conveniente? E forse – forse – quanto non è più conveniente non farne
parte?
La domanda è un’eresia.
Sembra un’eresia prima ancora che un’impossibilità, una stupidaggine, ma l’esperienza
va tutta in quel senso dopo i primi vagiti dell’Unione. Dopo i primissimi, già
la politica agricola dissipava decenni di fantasie e ideali. L’Unione è
soltanto di Francia e Germania, i due
paesi la cui storia e la cui economia sono le meno europeiste e le più nazionaliste,
e tali hanno continuato a essere. Ne è esempio perfino incredibile il mercantilismo
del lungo cancellierato Merkel, l’unica bussola di una che emergeva adulta dal
niente e quindi non era cresciuta con la paura come la Germania di Bonn con i russi
a Berlino, che per questo si attaccava all’Italia (alla Nato e al Pci….) e al
cosiddetto “Occidente” – altro fantasma. Anche oggi, la crisi Ue è la crisi politica
di Francia e Germania, aggravata in Germania da quella economica.
È per questo che i
Conservatori britannici, che avevano portoiato la Gran Bretagna nell’Unione nel
1973, contro la volontà della Francia, l’hanno portata fuori cinque ani fa:
perché la Gran Bretagna non contava nulla. Il “Financial Times”, che aveva
aperto un’edizione tedesca sulle ali dell’entusiasmo europeista, presto ha dovuto
chiuderla, dopo il ritorno della Germania a Berlino. Anche l’Italia, paese “fondatore”,
non ha mai contato nulla, neanche quando aveva a Bruxelles persone di spessore,
Mario Monti, Romano Prodi. Ma l’Italia, si sa, è conservatrice, e preferisce tenersi
il poco – tutti europeisti, gli italiani, perfino l’anarchica Salis siede a
Bruxelles beata.
L’esperienza aziendale
dice che è possibile fare tutto con la finanza e l’industria americane, su piede
di parità, niente con gli analoghi francesi o tedeschi, se non per compiacerli.
È come per la difesa, che l’Europa non sa darsi da cinquanta anni ormai, o sessanta.
Le forze armate italiane hanno collaborato e collaborano attivamente, anche
troppo, con gli americani, in Libano come in Somalia cinquant’anni fa, e ovunque
in Medio Oriente nel Millennio. Ma non potrebbero mai fare niente accanto ai
francesi, neanche un pattugliamento – per esempio, non molto tempo fa, nel
Sahel, il primo frangiflutti contro l’immigrazione di massa. Non si possono nemmeno
fare investimenti in Francia e in Germania, se non a piacimento dei governi nazionali,
mentre l’inverso deve essere possibile e fattibile. L’Italia non si
oppone, e se volesse non lo potrebbe, all’acquisto di banche da parte di banche
francesi, mentre l’inverso non è stato possibile (Société Générale e altre
minori). Nessuna acquisizione italiana è stata possibile ni Germania, Continental,
Opel, ora Commerzbank. Si cita sempre in contrario la HypoVereinsbank di Monaco
vent’anni fa, ma Unicredit operava allora il salvataggio di una banca
tecnicamente fallita, nel quadro di un accordo fra potentati “popolari”, la Csu
bavarese e Berlusconi, in una Germania in crisi da quasi un quinquennio, con
cinque milioni di disoccupati - veri. E del resto la Germania si occupa poco dell’Italia:
qualche decennio fa, prima della riunificazione, ancora con la Repubblica
Federale di Bonn aggrappata politicamente al Bel Paese, a un’indagine sugli
investimenti stranieri la piccola Svezia sopravanzava largamente la Germania.
Per quanto
riguarda la politica è presto detto: non c’è mai stata sintonia francese con i
governi italiani, basti ricordare la sufficienza del socialista Mitterrand nei
riguardi del socialista Craxi, e il parallelo, patrocinante ma beffardo,
apprezzamento del celebrato “eurocomunismo” berlingueriano. O del cancelliere
socialista Schmidt. Craxi, di cui ora si rivaluta la politica estera, non
andava mai a Bruxelles e parlava di più, molto di più, con Reagan e gli altri
americani con i quali era quasi venuto alle mani. I presidenti tedeschi vengono
spesso a Roma ma perché non hanno nulla da fare. I cancellieri ci vengono ogni
tanto, per l’aria, Adenauer a Cadenabbia, Schröder al Conero, o per le acque, Merkel
a Ischia, ma niente di più - Merkel che è stata la governante più “mercantilista”
che si ricodi dell’Unione, cioè nazionalista, per gli interessi economici
nazionali, nella crisi del debito, nei rapporti con la Russia, in quelli con la
Cina. Kohl ha avuto un po’ di patrocinante vicinanza “popolare” con la Dc in fase
di disgregazione, e basta.
Oggi che l’incontestato,
anzi plaudito, Piano Draghi è lettera morta, l’autodissoluzione della Ue è
evidente. Fa la guerra e non sa darsi una difesa – non se la darà mai, neanche
quando Trump leverà l’ombrello americano. È attorniata da guerre nel Mediterraneo,
Libia, Siria, Palestina, mar Rosso, ma non sa dove e cosa è il Mediterraneo, e
nessuna intenzione d’imparar e. Dovrebbe diventare una grande piazza finanziaria,
attirare col debito comune gli investimenti dei ricconi e riccastri del pianeta –
mai ce ne n’è stati così tanti, fondi, fiduciarie, finanziarie, in ricerca avida di piazzamenti – e finanziare
così il rinnovamento industriale, ma non ci vede e non ci sente. Parliamo
sempre dell’Europa franco-tedesca, di due tombe politiche, senza mai una visione di insieme, e da tempo senza forza politica (minacciano ora Trump e gli Usa, ma forse per ridere). L’inerzia è proprio migliore
della dissoluzione?
Cronache dell’altro mondo – istruttive (324)
“Le scuole private
sono diventate proprio oscene. Le scuole di élite alimentano le pretese, consolidano
le ineguaglianze, e pretendono di essere motori di mutamento sociale”.
“Come l’Ivy League
ha distrutto l’America. La meritocrazia non funziona” – Ivy League è
terminologia sportiva che identifica otto università del Nord-Est di antica
tradizione: Brown, Columbia, Cornell, Dartmouth, Harvard, Princeton,
Pennsylvania, Yale, n.d.r.).
“Gli studenti delle
università d’élite che non possono leggere libri – per leggere un libro all’università
bisogna aver letto un libro al liceo”.
“Come la vita è
diventata un’interminabile, terribile competizione. La meritocrazia privilegia il
risultato su ogni altra cosa, rendendo tutti - perfino i ricchi – insoddisfatti e
infelici!”.
“Perché bisogna
preoccuparsi di queste dodici università: cambia queste e cambi l’America” (l’Ivy
League propriamente detta, più quattro aggiuntive: Stanford, le due di Chicago
- Northwestern e Chicago - e l’Mit, n.d.r.).
(The Atlantic”).
Ritorno a “Grand Hotel”, il fotoromanzo
Curiosa evoluzione della serie,
pure tratta dai racconti “veloci”, sapidi, di De Giovanni, verso “Grand Hotel”.
Che non si ricorda, ma era il genere fotoromanzo. Nei temi (amori contrastati per lo più, o indecisi,
problemi madre-figlia, i belli-brutti e i brutti-belli, e qualche maternità,
impossibile o non voluta). Ma più ancora nel linguaggio – dialoghi come
didascalie. E nelle stesse immagini: tagli, colori, inquadrature.
Ma non solo di “Mina Settembre”,
a ripensarci. Altre serie Rai 1 rasentano qesto richiamo. “Un passo dal cielo”
è solo un po’ più complicato come trame (e comunque è favorito dagli scenari),
ma il fondo è sempre quello. O le prime serie di “Lolita Lobosco”.
È una questione di domanda o di offerta
(pubblicità) - un passo indietro del pubblico, oppure della Rai?
Tiziana Aristarco, Mina Settembre,
Rai 1
domenica 2 febbraio 2025
Almasri, tre gialli in uno – anzi quattro
C’è in questa vicenda Almasri
un fatto eccezionale, da film d’azione, che stranamente si trascura. Che la Questura
di Torino, di notte, all’uscita dallo stadio di Juventus-Milan, ferma per caso,
per un controllo di routine, tra le migliaia di macchine che defluiscono, una
di libici. E al controllo dei documenti risulta che uno di loro è ricercato.
In alternativa un’altra
narrazione, altrettanto fantastica. La Questura di Torino a tarda notte fa
irruzione nell’albergo dove Almasri alloggia, con un passaporto caraibico, e lo
arresta. Per virtù dello Spirito Santo? Ma sceneggiare l’albergo circondato, l’irruzione,
gli altri ospiti al piano, non è fantastico?
E poi c’è la Corte dell’Aja,
quella che vuole Putin e Netanyahu all’ergastolo, che lascia Almasri a
passeggiare per mezza Europa, Inghilterra, Francia, Belgio, Germania, e appena
varca le Alpi zàcchete, con gli esecutori volenterosi di Torino, cioè con i
servizi italiani, lo afferra.
Magari con lo zampino della
Francia – un pizzico di spy story non guasta. La quale già rumoreggiava
contro il riavvicinamento della Libia all’Italia – troppo pochi sbarchi. E
Macron con l’Italia è piuttosto sbrigativo, come già Sarkozy nel 2011 – con grande
successo allora, il disastro per l’Italia. E con un pizzico di storia, in chiave
naturalmente di antifascismo: Mussolini pagato dalla Francia per far entrare l’Italia
in guerra nel 1914-1915. Qui però si porrebbe un problema: Mussolini si faceva
pagare, Li Gotti, Lo Voi e la sinistra marciano gratis?
Questa si potrebbe dribblare:
sono i servizi italiani a essere venduti alla Francia, cioè a farsi pagare,
come Mussolini. Oppure sono semplicemente inutili – non è già successo nel 2011?
Una quarta storia
si potrebbe raccontare, dell’avvocato Li Gotti e del giudice Lo Voi il gatto e
la volpe. Ma questa è ordinaria, in ambito calabro-siculo, negli anditi del potere
immarcescibile – dove starebbe la sorpresa?
Ombre - 758
Unicredit è dunque anche in Generali. Che può essere un mero investimento, Generali è sicura e generosa con gli azionisti. Ma, bizzarria del caso?, il gruppo triestino è stato, nella vicenda a lungo travagliata di Commerzbank, uno dei possibili salvatori, se non il solo, una ventina di anni fa.
Governo di destra anche
in Belgio. Ci sono voluti sei mesi per formarlo dopo il voto di giugno, ma solo
per tenerne fuori l’estrema destra, per di più separatista fiamminga, secondo partito
al voto. Si completa lo scivolamento a destra del cuore dell’Europa, Italia,
Olanda, Austria, Francia, Svezia, Finlandia. con la Germania che tutto dice
seguirà il 23 p.v. Per disposizione personale, senza regimi al comando.
”Piazza Affari, utili giù
di 14,6 miliardi. Solo da Stellantis 12 miliardi in meno” – “Il Sole 24 Ore”. E
la produzione industriale in costante calo da quasi due anni? Stellantis costa caro
all’Italia. Carissimo.
Ineffabile il ministro
del Tesoro Giorgetti, vecchia volpe Dc in petto, solo “rovesciato”,
come il vecchio montone, “qui lo nego e qui lo dico”: “Mps-Mediobanca non è una
guerra Roma-Milano . La dimensione di quelle banche è internazionale”. Come no,
Mps è ovunque – soprattutto tra i risparmiatori,
giorno e notte.
Ma Mps è solo un’occasione:
il ministro vuole mettere in guardia Unicredit, l’ad Orcel che continua a snobbarlo.
Inopinato dà infatti ragione al vicecancelliere tedesco che chiede un intervento
del Tesoro italiano contro Unicredit. A un vicecancelliere talmente competente
che rischia di affondare il suo partito al voto domenica 23 – dal quasi il 15
per cento a meno del 5. Chi si somiglia si piglia? Ma, certo Giorgetti va sul
sicuro, in Italia non c’è lo sbarramento elettorale.
Giorgetti rivendica il
successo politico del governo di dui è parte: “Il governo Meloni sarà ricordato
per avere ridato fiducia e speranza aa un paese abituato a essere considerato la
pecora nera. Invece questo è un grande paese, con grandi potenzialità”. Lo
stesso si disse di Craxi, e si sa come è andata a finire, nella morsa giornali-giudici.
Che non è una cosa ovvia o naturale.
Sgambetto di Merkel al
suo successore alla Cdu\Cdu, o il solito gioco delle parti fra correnti
democristiani (popolari)? Il successore Merz ha fatto passare la mozione restringi-immigrazione
coi voti della destra, Alternative fùr Deutschland, Merkel non ha consentito
che la mozione diventasse legge. Merz ha mostrato agli elettori che farà il duro
con gli immigrati illegali, ma senza impegnare il suo partito a un’alleanza con
la destra – deve rubare voti a Afd e sperare che Liberali e Verdi superino il 5
per cento.
In Italia il giochetto
“democristiano” è presentato come uno sgambetto di Merkel a Merz. Solo in Italia.
Con ammirazione per Merkel. La quale ha sgambettato il suo predecessore e padre
politico Kohl, e ora sgambetterebbe il successore. Molta ammirazione, solo in Italia,
soprattutto a sinistra, per questo tipo di politica, “machiavellica”.o
Il governo decide che
sulla sicurezza dei paesi d’origine degli immigrati (ai fini del riconoscimento
del diritto d’asilo) è competente la Corte d’Appello. E allora il presidente della
Corte d’Appello Meliadò chiama alla speciale sezione le quattro giudici che già
si erano pronunciate contro il governo – tutti paesi insicuri, loro ne sanno di
più. La questione immigrati è seria, ma ci sarebbe tutto da ridere – le giudici
si divertono moltissimo, nelle foto che postano.
Marina Terragni, proto e toto
femminista, che sa anche di che parla quando parla di diritti, sull’utero in affitto, la prostituzione, la
“transizione” indotta, è il bersaglio non solo del Mit, Movimento identità
trans, ma anche della “sua” Libreria delle donne. È sempre Milano, città sempre
ultrà – ma, poi, Marina è ben milanese. Ma più che altro è fanatismo – a
essere sempre più all’estrema non si sbaglia mai.
Singolare retroscena di “la Repubblica” sul caso Lo Voi-Meloni, affidato
a due cronisti principe del giornale, Ciriaco e Foschini,
https://www.repubblica.it/politica/2025/01/31/news/governo_contro_lo_voi_macchina_fango_almasri-423971995/
che per dare ragione a Lo
Voi spiega finalmente come e perché potrebbe essere lui l’incriminato – al Csm
naturalmente, e cioè al peggio diventare Procuratore Generale: i voli di Stato
per il week-end, con un primo tentativo di ritorsione spiando Caputi, il capo di
gabinetto a palazzo Chigi di Meloni, il secondo attraverso la vecchia
conoscenza Li Gotti.
È impressionante la
difesa che la i giornali per bene fano del Procuratore Lo Voi, che con l’amico
Li Gotti denunciano Meloni per essersi liberata di Almasri, persona non grata. Usava
l’aereo di Stato per i fine settimana, ma per ragioni di sicurezza. Candidato
alla Corte dell’Aja, ma in quanto giurista eminente. Persona mite, e di destra, portato
a Roma dalla sinistra ma per caso.
Si capisce la proprietà
dei giornali, si capiscono i direttori, funzionari della proprietà, ma i giornalisti
che firmano? Chi è Lo Voi?
A Roma gli ultrà
delle squadre di calcio si dividono per colore politico: quelli della Roma si
vogliono “rossi”, quelli della Lazio “neri”. Ma quando vengono in città gli
ultrà delle squadre olandesi, che si prestano al gioco degli scontri, tutti inalberano
il “Sieg, Heil”, Tutti hitleriani. Non è solo ignoranza.
Non c’è modo per Lo Voi e
Li Gotti di far decadere Meloni. Quale che sia l’orientamento politico (il
giudizi è politico) delle tre donne del Tribunale dei ministri non ci sarà mai
un’autorizzazione della Camera (Meloni e
Nordio) e del Senato (Piantedosi). Ma la questione galvanizza i media. Poterà
voti, e copie\ascolti? A Meloni?
DeepSeek dopo TikTok: è
durato un week-end il turbamento americano per l’irruzione dell’IA cinese – il
tempo di due miliardarie (in 40 ore) manovre di Borsa, al ribasso e al rialzo.
“Pechino ci spia, ruba i nostri dati” ed è fatta: fuori DeepSeek, oppure si americanizzi.
Non una sorpresa, è successo cinquant’anni fa col Giappone, succede ora con la
Cina. La sola novità è che gli onorati corrispondenti ci credono – sembrano perfino
convinti.
Si tengono a Roma due
mostre in contemporanea sul primo Novecento, una sul Futurismo e una detta dell’Espressionismo,
cioè dei (tantissimi) artisti non futuristi per programma – e non “Novecento”,
Futurismo e Novecento essendo assimilati nelle didascalie dell’“Espressionismo”,
al fascismo. Ma con una strana differenza: il Futurismo è una mostra benissimo organizzata
(centinaia i prestiti importanti) e molto bene esposta, l’“Espressionismo” rinchiuso
nelle stanze anguste e poco praticabili dell’Arte Moderna comunale, e senza
catalogo – benché sia la prima grande mostra di pittura a Torino e Milano tra
le due guerre. La Cultura è di destra, la sinistra nelle cantine?
Non si conclude l’analisi
del comitato speciale per l’esercizio del “golden power” su Unicredit-Bpm, sull’offerta
di acquisto. Anche se, pare, attende ancora le carte richieste a Unicredit. È che
dovrebbe provare l’equazione, a suol tempo anticipata ai media, che Unicredit
è straniera, “proprietà” dei fondi che ci hanno investito perché rende, mentre
Bpm è italiana. E non sanno che fare con Crédit Agricole, che non è un fondo,
che fa piazzamenti finanziari, ma la seconda grande banca francese, ed è l’azionista
di maggioranza di Bpm.
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Curie radioattiva, in laboratorio e fuori
Un ritratto a tutto tondo della
scienziata, nelle sue varie componenti, caratteriali (volitiva), sociali (“la
polacca” in Francia), affettivi (altalenanti, col marito, tra la riconoscenza e
il rimprovero, e con le figlie, tra cura e disattenzione), sempre corretti solo
con la sorella, ma per l’equilibrio della sorella (la stabilità della comune
origine, polacca). Con l’adescamento, da vedova, del ricercatore in laboratorio
sposato, a un’attrice di teatro molto combattiva, che ne fa il ludibrio nazionale.
E con la prima, ssatta, valutazione dei rischi delle proprie scoperte, delle radiazioni
– di cui forse finisce vittima, come forse lo è già stato il marito Curie.
Una rivalutazione del genere bio
dilagante. Il più “veritiero”, cioè convincente oltre che appassionante, dei
tanti film su Marie Curie. “Basato sul fumetto di Lauren Redniss” forse per solidarietà
tra fumettisti, ma capolavoro della romanziera grafica di “Persepolis”,
iraniana di nascita, francese di adozione. Coadiuvata da una Rosamund Pike che
sembra la perfezione in tutti i registri.
Satrapi stranamene, dopo il
successo dell’autobiografica graphic novel “Persepolis”, in quattro
volumi, portata anche al cinema, ha soltanto tre film all’attivo come regista, “Pollo
alle prugne”, “The Voices” e questo “Radiactive”, vecchio ormai di cinque-sei
anni - non distribuito in Italia per via del covid, pare (si presenta datato 2023).
Marjane Satrapi, Radioactive,
Sky Cinema, Now
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