sabato 22 febbraio 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto
Giuseppe Leuzzi
Il solitario non salva
La
comicità in rete – con tutto ciò che si trova e si fa in rete, qui sul piacere solitario, “Il bello della
masturbazione è che non devi metterti elegante”. “Il sesso è cosa più divertente che puoi fare
senza rdere”. Masturbazione, tema poco arato – senza motivo? Morelli prova a
sdoganarlo con le battute. Specie nella bottega del sesso-metaverso, naturalmente
gestito da un cinese. Ma il maschio celibe non l’avrà vinta, l’amore lo
intrappolerà, anche lui.
Giampaolo
Morelli, L’amore e altre seghe mentali, Sky Cinema, Now
venerdì 21 febbraio 2025
E adesso povero Elkann 5 – fuori da tutto
Si celebra in Borsa con il botto di
Ferrari – finché non si corre c’è speranza. E pure, dopo anni di derelizione,
per una fiammata di Juventus, su cui investitori ricchi di bitcoin lasciano
qualche spiccio. Ma in un oceano di malinconia, la realtà è sempre più triste.
Una ex Fiat senza testa da tre mesi –
non ne trova più una. Cassa integrazione in tutti gli stabilimenti in cui la ex
Fiat usava produrre. Con una botta irrimediabile alla produzione industriale made
in Italy, che per il secondo anno boccheggia, per il grande buco ex Fiat. Un’editoria
che fa acqua, benché di testate illustri, “Stampa” e “Repubblica”. E un club di
calcio già blasonato che in mani sue spende e perde – spende per perdere.
Qualcosa come 250 milioni spesi, tra estate e inverno, per restare fuori da
ogni competizione, Champions, campionato, e sicuramente Coppa Italia – non c’è
squadra più disastrata, dopo aver disastrato i migliori, Chiesa, Dybala, e ora il difensore Huijsen, uno scandalo, Yildiz, Vlahovic. Con lo stadio semivuoto, benché piccolo, e nemmeno uno straccio
di sponsor - e qualche preparatore atletico diplomato, i calciatori si infortunano tutti?
Dalle Alpi al Tevere, Schiavone uno e bino
Uno
Schiavone doppio, sui ghiacci alpini come sempre e, questa volta, anche a Roma
– dove risolve tra casi in uno. Meno claustrale, più mobile e vivace delle
serie precedenti, Spada sa movimentare anche il gelo. Con molto spazio per i
caratteristi, che sono la parte migliore dei film in tv – il Montabano di Sironi
fa testo.
Non
molto visto, due milioni, ma è il pubblico della rete (un tema, questo, che non
stimola la critica tv, mentre ne è la parte condizionante, la fidelizzazione delle
reti). Due milioni di spettatori non è molto, ma è anche una serie poco progandata
– annunciata, promossa.
Simone Spada, Rocco Schiavone, Rai 2
giovedì 20 febbraio 2025
Problemi di base europei - 839
spock
“L’Europa deve cambiare, oppure sarà una lenta agonia”, Mario Draghi?
L’Europa è una
strana creatura, muore da tanti anni?
Trump e Zelensky, anche loro, fanno la
storia - e l’Europa?
Tutti a Parigi,
in gita devozionale – Parigi val bene una messa, cantata?
Come si può
perdere una guerra che non si è combattuta – l’Europa in Ucraina?
Ma per la
storia, e per la geografia: l’Ucraina è europea, la Russia no?
spock@antiit.eu
Oriana Fallaci contro Hollywood
Oriana Fallaci in America. Al culmine della
carriera intervista Kissinger – che, pur sapendo il rischio che corre, non
rinuncia a tanto onore. Ma qui agli inizi della carriera. Quando, cronista di mondanità per “L’Europeo”, il settimanale degli anni 1950, approfitta di un viaggio
promozionale in America offerto da Alitalia, allora Lai, per intervistare
Marylin Monroe. Il racconto di questa intervista impossibile, di giorni, e
notti, frustranti in attesa, di intermediari e trucchi vari per arrivarci, sempre
falliti, fa il successo del settimanale, e di Fallaci.
Nel secondo episodio è già in America, inviata o corrispondente, a
Los Angeles, in un modesto motel, a ridosso di Hollywood, che è incaricata di raccontare
per il settimanale. Ha l’idea di spiare i divi in chiesa la domenica, e li
trova compunti, reattivi a ogni parola e gesto della liturgia, scrutinati anche
lì dalle regine del pettegolezzo giornalistico, Louella Parson, Edda Hppper, Sheila
Graham. Il giornalismo scandalistico la scandalizza. Assiste a un tranello che il direttore di “Confidential”, il settimanale
principe del pettegolezzo, Robert Harrison, tende a Rock Hudson, fingendosene
amico, per fotografalo col giovane uomo con cui ha appuntamento. Si infila alla festa annuale
dei Cotten, Joseph Cotten e signora, molto esclusiva, dove i giornalisti non
sono ammessi, e scopre che anche negli svaghi la vita dei divi del cinema dev’essere
molto fredda. Scandalizza tutti alla fine buttandosi vestita in piscina – imitata
dopo un momento da Orson Welles. Lei stessa è celebrata in America, Miss Fallaci, come regina del pettegolezzo.
Una megaproduzione, costumi, scene, arredi,
paesaggi, compresa Manhattan sotto la neve, d’epoca, e molti esterni. Con la collaborazione
alla regia di Alessandra Gonnella, che è anche una degli ideatori della serie, e
Giacomo Martelli. Tra chiesa e festa si fanno sfilare celebrità a non finire, Sinatra,
etc. Ma monotona. Una sorta di agiografia. Miriam Leone ha una sola faccia, nel modulo narrativo e anche nell’espressione – Oriana fuma e non fa
nient’altro, guarda fisso l’obiettivo. Più teatrale, più mobile, la sue
improvvisata amica americana che le fa da agente, Francesca Agostini, con più registri, perfino più battute.
Molto
diversa, questa “Miss Fallaci”, da “L’Oriana” di dieci anni fa, di Marco Turco
(Petraglia e Rulli), con Vittoria Puccini,
sulla vita piuttosto che sul mito Fallaci. Molto più vivace.
I
primi due di otto episodi, di 50 minuti l’uno.
Luca Ribuoli, Miss Fallaci, Rai 1
mercoledì 19 febbraio 2025
Ombre - 762
Martedì in Arabia Saudita
i ministri degli Esteri americano e russo si dicono che, tutto sommato, ci sono
molti buoni affari da riprendere in comune. Da Bruxelles la Ue risponde che
tutto è pronto per un altro pacco di sanzioni, il 16mo o il 17mo, contro la
Russia. Don Chisciotte? Stupidità (tagliarseli)?
La scrittrice Siri Hustedvedt,
che col marito Paul Auster, poi deceduto, aveva fondato nel 2020 un movimento di
Scrittori contro Trump, non si capacita. A Viviana Mazza spiega: “Di solito
nella politica americana c’è un certo conservatorismo: la gente non vuole troppo
cambiamento” – non solo nella politica americana, si direbbe. “Anche quando il
cambiamento sarebbe stato un bene gli americani resistevano. Adesso invece….
Credo ci sia gioia nel guardare Trump che travolge il governo…. La gioia di
distruggere ciò che ritengono costruito dalle élite”. Ma non un mea culpa.
Lunedì
pomeriggio l’ambasciatore Valensise, presidente dell’Istituto Affari Internazionali,
dice a “Timeline”, SkyTg24, che alla Russia va riconosciuto lo stato di paese
impegnato nella seconda guerra mondiale nella resistenza a un assedio pluriennale,
che ne minacciò la sopravvivenza, e martedì mattina il presidente Mattarella precisa:
“Che la Russia torni a svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto della
sovranità di ogni Stato, è un auspicio che ho sempre fatto nel rispetto del
diritto”. Diritto in Ucraina, con i golpe istituzionali, e i missili Nato nella
pancia della Russia – si rischia sempre
di compiacere Putin?
“La
vera questione è…. se noi europei siamo destinati a essere umiliati durevolmente
dalle grandi potenze che ci sovrastano, in particolare dagli Stati Uniti in
questa fase”. Ci vuole un professore, da Parigi, Giuliano da Empoli, per dire
le cose come stanno. Abbiamo anche perso, oltre al senso del giudizio, anche la
vista.
Sempre
lunedì, e sempre a Parigi, minivertice europeo sull’Ucraina, su Trump-Putin. Con
quattro posizioni, differenziate, per non dover dire che l’Europa non sa che
fare. Se ne poteva fare a meno. Ma l’Europa vuole certificare la sua non-esistenza
in vita – sarà anch’essa in attesa della “buona morte”.
Oppure
no, vive sempre, ma castrata – si è automutilata, ma non lo sa.
“XiJnping
chiama a raccolta i capitani del Big Tech. Riabilita anche Jack Ma”, già silurato. È il modello Trump,
anche in Cina.
Il
“Corriere della sera” fa una mappa dettagliata delle correnti in seno al Pd,
sotto Schlein: “Voleva abolirle, ora sono 10”. Ma sette, e le più consistenti
nella grafica del quotidiano, ma anche per numero e peso politico dei promotori
e membri, sono di democristiani. Procedono divisi per colpire meglio? Forse no,
la Dc è sempre stato un partito di signori, già al tempo di De Gasperi. E i
vescovi da almeno trent’anni consigliano di procedere divisi.
.
La
Roma, la squadra di calcio, era tra le ultime del campionato. Po ha cambiato l’allenatore,
e nel mini-campionato (segmento di campionato) successivo è la prima – malgrado
arbitraggi contestati. Nello sport succede – è la complessità, direbbe il prof.
Parisi, la complessità del reale.
Il
cambio della guardia non funziona al governo, nella Funzione Pubblica. Che
complessa si direbbe, più di una squadra di calcio e i suoi tifosi, ma forse non è
reale – è derealizzata, dai giudici-banditi, dai cronisti giudiziari loro compari?
È
curioso che i big del tennis, Djokovic, benché al declino, Zverev etc., si
lamentino della giustizia della Wada. Perché loro hanno la sentenza giusta:
squalificare Sinner non per sempre, perché allora le borse dei tornei sarebbero
meno ricche, ma per un anno o anche due, il tempo di scalare il ranking
e poi riaffrontare l’invincibile Sinner da favoriti, a borsa piena. Cioè,
curioso no, è business, in forma di sport.
Curioso
in senso proprio è invece che nessuno ricorda che la Wada è un tribunale per
modo di dire. Essendo l’agenzia della corruzione per conto della Iaaf, la
federazione dell’atletica. Corrotta, e anzi corrottissima. Per lunghi anni
pagata dai tedeschi (dell’Est), poi dalla Russia, poi dagli Usa contro i russi.
Poi dai cinesi – ai giochi di Parigi non si sa, ma fino a R io e a Tokyo
sicuramente.
La
Procura di Torino incrimina un cantante inglese della band Placebo, Brian
Molko, per vilipendio delle istituzioni, perché ha dato della “fascista” e
“nazista” a Giorgia Meloni, che è ben il capo del governo.
Dopo
un anno e cinque mesi dal “reato”. Erano
perplessi? Gli dispiaceva?
Abbandonato il giallo
Crosetto, dimenticato, proprio sul più bello. Una vicenda che ha, aveva, tutti gli
ingredienti della spy story: gli amici ricchi del ministro, amici
intimi, se “riconosciuti” dalle segreterie, ognuno con i loro modi e linguaggi,
identità del o dei truffatori (non può-possono essere olandese-i). Una beffa? Una
cospirazione? Niente. Un giornalismo senza curiosità? Autocensura?
La Germania in crisi,
soprattutto nel settore dell’auto, soprattutto nel rapporto con la Cina (prima
dei dazi di Trump), ha totalizzato il 57 per cento degli investimenti Ue in Cna
nel primo semestre 2024 – dopo il 62 per cento del 2023 e il 71 per cento del 2022. Negli ultimi tre anni gli investimenti esteri
tedeschi del settore automotive hanno rappresentato la metà di tutti gli
investimenti Ue in Cina.
La Germania è metà-tre quarti della Ue. La crisi in Germania è da delocalizzazione,
come a inizio Millennio, questa volta in Cina.
Il diritto della Russia
Rischia di risultare a
doppio taglio l’auspicio con cui il presidente Mattarella ha voluto liquidare
la polemica aperta contro
di lui ultimamente a Mosca: “L’auspicio è che la Russia torni di nuovo a
svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto del diritto internazionale”. Perché,
al netto dell’invasione ormai triennale dell’Ucraina, la Russia era vittima di
una serie di infrazioni e inottemperanze del diritto. Lasciando da parte ideazioni
e attuazioni delle periodiche “rivoluzioni colorate” in Ucraina contro gli
esiti elettorali e contro la minoranza russa (un quinto della popolazione, in
un paese sempre russofono), alcuni trattati e impegni diplomatici non sarebbero
stati rispettati, a danno della Russia.
Il primo è il “Trattato
sull’accordo finale per quanto concerne la Germania”, sottoscritto a Mosca il
12 settembre 1990, a conclusione del “Two-plus-Four Process”, il gruppo Due-più-Quattro,
le due Germanie e le quattro potenze occupanti della Germania, nelle persone di
Genscher e De Maiziere per le Germanie, e di Shevarnadze, Baker (Usa), Hurd
(Gb), Dumas (Francia), i ministri degli Esteri dei Sei. In base al quale la Nato
si poteva estendere alla Germania orientale, “ma senza armamento nucleare”. E soprattutto,
la capacità militare della Germania riunificata doveva essere limitata a 370 mila
uomini, la metà degli effettivi delle due Germanie, e la Germania doveva abbandonare
la produzione e il possesso di armi chimiche, biologiche e nucleari”.
“Analisi
Difesa” documenta analoghi impegni negli anni 1990, soprattutto tedeschi e
americani, sulla “non compromissione degli interessi sovietici, poi russi, alla
sicurezza. A opera del cancelliere della riunificazione Kohl, del suo
ministro degli Esteri Genscher, del ministro degli Esteri del presidente Bush,
del presidente Bush, di Margaret Thatcher, del suo successore Major. Poi l’Occidente
avrebbe profittato dell’indebolimento russo sotto Yeltsin. Fino a che, alla conferenza
annuale per la Sicurezza che si tiene a Monaco, nel 2007 Putin, al potere ormai
da sette anni, non “denunciò l’allargamento della Nato ad Est: «Abbiamo il
legittimo diritto di chiedere contro per chi questo allargamento venga attuato».
Come scrisse in seguito Andrei Gračëv (ultimo portavoce di Mikhail Gorbaciov),
in un libro recentemente pubblicato in Francia, «in quel momento tutti
consideravano Putin un’anatra zoppa. Di conseguenza, purtroppo, il suo discorso
a Monaco non venne preso troppo sul serio»”.
“Analisi Difesa” si distingue
per i riferimenti costanti, nella crisi in corso fra Russia e Occidente, anche a
esponenti russi, anche governativi. Ma l’autore del saggio, pubblicato a fine
giugno, è ufficiale in spe dell’esercito, ora in forza all’ITA-JFHQ (Italian
Joint Force Headquarters) del COVI (Comando operativo di vertice
interforze), con una carriera svlta nei servizi Nato.
Il CVCE, Centre Virtuel
de Connaissance de l’Europe, si presenta come centro di ricerca e di documentazione interdisciplinare sull’integrazione
europea, a partire dal 1945, creato dal Lussemburgo nel 2002.
Francesco Ferrante, Il
lungo cammino dell’incomprensione tra Russia e Occidente, “Analisi Difesa”,
online
CVCE-EU, The Treaty on the Final Settlement with respect to Germany
martedì 18 febbraio 2025
Cronache dell’altro mondo – deportative (330)
A Washington il ministero
della Sicurezza Interna annuncia
di avere compiuto poco meno di 8.800 arresti di immigrati illegali nel primo mese
della presidenza Trump, e 5.700 deportazioni.
Non è un record. A
meno della sceneggiata dei rimpatri in catene, la presidenza Biden ha fatto il
doppio dei rimpatri della precedente presidenza Trump: ha rimpatriato 4,5
milioni di immigrati, contro i 2,2 milioni del Trump 1, secondo i dati del sito
Usa Facts.
I rimpatri così calcolati
sono: quelli disposti da un giudice, quelli volontari, quelli disposti amministrativamente
per ragioni sanitarie al tempo del covid (marzo 2020-maggio 2023). I rimpatri
volontari e forzati sono stati poco meno di 2,5 milioni per l’amministrazione
Biden,1,7 milioni per il Trump 1.Per motivi sanitari circa 2 milioni di rimpatri
sotto Biden, mezzo milione sotto Trump 1.
In tutti gli anni dell’amministrazione
Biden i rimpatri sono stati superiori al milione. Negli anni del primo Trump
sono stati 300 mila circa nel 2017, circa 495 mila nel 2018, l’anno successivo
540 mila, 730 mila nel 2020.
Cronache dell’altro mondo – immigratorie (329)
Negli anni di
Biden, 2021-2024, c’è stato un forte incremento delle immigrazioni. In precedenza
non si erano mai registrati mensilmente più di 50 mila ingressi – con la sola
eccezione della primavera del 2019, Trump alla presidenza, quando in due mesi
si sono calcolati oltre 230 mila ingressi.
Dal 2021 a fine
2024 novembre la Customs and Border Protection ha censito 10,8 milioni di
ingressi – di cui 8,72 alla frontiera di Sud-Ovest. Mentre nel quadriennio
precedente gli ingressi erano stati circa tre milioni – di cui 2,37 alla
frontiera di Sud-Ovest.
Degli ingressi al
Sud la CBP conteggia 5,5 milioni di singoli, 2,66 milioni di individui in
famiglia, 546.255 minori non accompagnati.
Gli ingressi dal
Nord, dal Canada, sono relativamente marginali. Ma nel 2024, secondo la CBP,
sono aumentati del 600 per cento sull’anno precedente. In gran parte messicani –
che hanno provato dal Nord per essere stata la frontiera Sud più controllata.
Negli anni di
Biden gli arresti di immigrati segnalati come terroristi sono stati 385, nelle
statistiche della CPB, 55.106 di stranieri già condannati e ricercati.
Una festa piena di grazia
Un lungometraggio in forma di documentario
su fede, nientemeno, religiosità, e radicamento sociale di fede e religiosità.
Ma svolto con semplicità, con serentà perfino. E coinvolgente. Opera di una regista
che si trovava a Palmi per caso, aiuto dei Manetti Bros per il film “U.S
.Palmese”, e ne ha approfittato invece per ricavarne una storia semtplie e profonda.
Da agnostica peratro, non personalmente sensibile alle tematiche che fa
rivivere.
L'occasione è una festa religiosa, che ogni
pochi anni si tiene a Palmi in agosto, in cui la Madonna viene portata in processione
sotto forma di “animella”, Maria Vergine supponendosi bambina. Rappresentata da
una bambina vera, max 10-11nne, prescelta per ogni manifestazione, che oscillerà
quindi in processione su un trono ogni volta più imponente, ora su 15 metri, con
un san Pietro altrettanto vivente e alcune angele a farne ornamento, lungo
tutto il percorso della processione. Una festa ora patrimonio dell’Unesco e
attrazione turistica, ma sempre di grande devozione: le confraternite sono sempre
numerose, di Artigiani, Bovari, Carrettieri, Contadini, Marinai, l’affiliazione
è ambita, la devozione radicata. Una festa che Palmi, come tutto, ha preso in prestito
da Messina, la città sorella al dl là dello Stretto – ma Messina ha sostituto Animella
e angeli con statuine di cartongesso.
Il fotografo-videomaker locale, all’origine
forse dell’idea del film, un’Animella di cinquant’anni fa, una di otto o dieci anni
fa, ora milanese, che molto non ci crede, sindaci e organizzatori dell’evento, sarte
e ricamatrici, e molte scene dal vivo animano il film. La candidature delle ragazze.
La precernita in una vasta sala del Comune, con una terna esito del voto dei
presenti. Come la terna prescelta si prepara alla decisione finale – senza trucchi,
senza astii: se non il buon animo delle concorrenti, lo impedisce il fondo religioso.
La scelta con una consultazione popolare nella villa comunale, affacciata sullo
Stretto, una Domenica - si contano oltre tremila voti, più che per un’elezione
politica.
Nicole, Giada e Mariateresa sono le tre
ragazze prescelte, tutt’e tre di undici anni, che raccontano l’attesa e le
attese. Non con “profondità”, però con buonsenso, e senza invidie.
La Varia serviva anche a “dotare” una
bambina povera – nei cinque secoli della tradizione questo era l’aspetto
principale. Ora questo aspetto non c’è più – ci sono solo regali, anche ricchi,
ma come ex voto. Non c’è più la povertà, evidentemente. O Lucini non se ne
occupa – ha scelto il terreno meno attraente, della religiosità infantile
sposata all’amore - all’amore virginale. E ne ottiene una favola, bizzarramente,
contemporanea.
Senza spocchia, anche un racconto di antropologia.
Lucini, dice Antonio Manetti presentando il film, “si è impadronita di Palmi, in
ogni piega, delle persone più inverosimili, di cose che nemmeno noi sapevano
benché ci siamo cresciuti”, con la madre.
Andrée Lucini, Piena di grazia
lunedì 17 febbraio 2025
Letture - 570
letterautore
Artista –
“L’affermazione secondo cui il nostro tempo non è in grado di generare artisti
è oggi un luogo comune”, Ernst Jünger in vacanza in Sardegna nel 1954, “Presso
la torre saracena”, ora in “Terra sarda” e in “Il contemplatore solitario”: “Ciò
significa capovolgere le gerarchie. L’artista non aspetta il tempo. È questo,
al contrario, che lo aspetta. Nel momento in cui l’opera gli riesce, ha
liberato il tempo”.
Buona
morte – Il voto della Regione Toscana per la buona morte
non è una novità. Spiegava Propp, l’analista
delle fiabe, un secolo fa: “Tra l’antichissima popolazione di Sardegna, i sardi
o sardoni, vigeva l’uso di uccidere i vecchi. E mentre uccidevano i vecchi,
ridevano sonori”. Sulla base di alcune testimonianze del 200-300 d.C.: lo storico
di origine siciliana Timeo di Tauromenio (Taormina) e lo scrittore ateniese
Demone. Sardonico del resto deriverebbe da “erba sardonica”, una pianta
velenosa che provocherebbe convulsioni simili al riso.
Espatriati – I figli non soffrono per
il cambio di residenza, di pese, dei genitori, non nei primi anni – in controtendenza
con la “naturalità” che si presume del radicamento. Lucia Berlin lo spiega col
suo proprio caso nel racconto “Andado” (nella raccolta “Sera in paradiso”),
degli anni passati a Santiago del Cile, con la famiglia al seguito del padre
ingegnere minerario e “spia della Cia”: “Figlia di un ingegnere minerario,
aveva la qualità di adattamento comune ai mocciosi di militari e ai figli di diplomatici. Imparano
rapidamente, non solo la lingua o il gergo ma cosa fare, cosa dover sapere. Il
problema per questi ragazzi non è di essere isolati o estranei, ma che si adattano
così rapidamente e così bene”.
Fiat – “La senora
Fuenzalida troneggiava. Gli scolari al chiamavano “Fiat”. Sembrava una
macchina. Bassa, tozza, quasi nera, con due fari, occhiali da sole a specchio”.
Fiat come sinonimo di automobile ricorre in questo racconto di Lucia Berlin,
“Andado”, sulla scuola dei suoi primi anni a Santiago del Chile, anni 1945-50,
subito dopo la guerra.
Fiat era sinonimo di automobile anche in Russia. Sklovskij celebra
l’autoblindo Fiat nella guerra civile ancora nel 1923. Nel 1966, nel pieno della
guerra fredda, a Ferragosto, la Fiat firmava a Mosca un accordo per motorizzare
la Russia. La grande fabbrica sarà costruita a Stavropol sul Volga, cittadina
storica che era stata ribattezzate Togliatti due anni prima, in onore di Togliatti
appena morto (in italiano ricorrente nei giornali come “Togliattigrad”) – nome
che la città conserva tuttora, anche se la Fiat non vi produce più nulla.
Ma già prima, nel 1930, il senatore
Agnelli aveva costruito in Russia la più grande fabbrica al mondo di cuscinetti
a sfera, indispensabili nella vecchia meccanica auto, affidandone la
realizzazione a Gaetano Ciocca- che poi sarà memorialista, critico, del
sovietismo.
Gadda – “Gli italiani
sono abituati a una prosa barocca rigida, meccanica, statica, a quelle
inamidate performance alla Gadda che, per dirla con le parole di Busi,
dimostrano molto senso della lingua ma pochissimo del palato”, del gusto: apre
con questa citazione di Matteo Marchesini (da “Casa di carte”. N.d.r.) Bruno
Sabelli, neo libraio antiquario di Bologna, il bellissimo volume che dedica a
Gadda, “Gadda in transito” - con i ghiribizzi del suo amico ingegnere-letterato
Marco Bortolotti, e una serie inarrivabile di riproduzioni, di copertine, foto,
autografi, disegni, scarabocchi, edizioni le più variate – un tributo senza precedenti
all’Ingegnere. Una lingua di stucco?
.
Giotto – Fra i titoli
che vagheggiò per la parte della “Ricerca” che si intitola “Sodoma e Gomorra”
Proust pensò anche a “I vizi e le virtù di Padova”, a una delle sezioni di Giotto
alla Cappella degli Scrovegni, quella che oppone su una parete le sette virtù,
femminili, alla parete opposta, dei sette vizi, figure femminili e maschili, lo
sguardo vacuo, il portamento malfermo.
Isola – Un microcosmo
che approssima la “patria”, pacificante – Ernst Jünger in Sardegna, 1954,
“Presso la torre saracena”: “Le grandi prospettive sono pacificanti, armoniose,
spesso dispensatrici di felicità; vento e sole muovono le superfici come il
lieve respiro di uno che sogna. L’isola armonizza le costruzioni come fa delle
lingue, dei costumi, delle razze e delle piante con la propria pienezza.
Indizio di potenza conservatrice. Ci si sente qui come in un paese natale,
quando si viene da reami in cui ognuno contesta ognuno nel suo essere nazionale
o sociale”.
Molly – È di Pascoli
prima che di Joyce – di Joyce perché di Pascoli? È la scoperta di Cortellessa,
“Forse che sì. Joyce fra Pascoli e Gadda”. Per il nome, anche se in Pascoli Molly
è una bambina, si suppone morigerata. Ma più per il “sì”, “yes”, che Molly
Bloom pronuncia a ripetizione – “a più riprese (c’è chi ne ha contate una settantina),
e poi un’ultima volta alla fine del suo soliloquio «Penelope», cioè nell’ultimo
episodio di ‘Ulisse’”. La Molly pascoliana di “Italy!” lo rispondeva alla fine
del poemetto: “Chiedeano i bimbi con vocio di festa:\ «Tornerai, Molly?» Rispondeva:
- Sì”. .
Sereno - La vecchia
figura del portiere di notte a Madrid, che aveva le chiavi di alcuni isolati
alla cui sorveglianza notturna era addetto (e garantiva la note comunque una
possibilità di rientro, se non s’indovinava il buco della serratura – ma non
molti portoni avevano serrature per chiave piatta non ingombrante), resiste nel
racconto di Lucia Berlin sui suoi anni cileni, “Andado”: “Andado” era la
cantilena del “sereno”: “Medianoche y andado”, mezzanotte e passato, “Andado
y sereno”, passato e sicuro.
Star system – “Il sistema
degli Stati Uniti, dove ancora è
sufficiente chiamare una certa attrice o un certo attore perché il film trovi i
finanziamenti”, Pupi Avati, “Corriere della sera” 6 febbraio.
Undici – Benché numero
non popolare, ne era fanatico
Ippolito Nievo. Scrivendo da Palermo alla cugina Bice Melzi Gobio l’11 novembre
1860, cioè l’11\11, alle ore 11 di notte, ne fa l’elogio: “Il numero undici è
il mio più fedele alleato; mi accompagna ovunque, mi protegge sempre, mi
sorride continuamente”. Lo proporrebbe “al conte di Cavour invece di Napoleone
III, ed a Mazzini invece di Dio e il Popolo”. Se “Dio e il Popolo, e perfino
Napoleone III (guarda che malignità!) possono andar soggetti a qualche dubbio
poco riverente, il numero undici è, sta e starà sempre senza far male a nessuno.
Come il primo gradino oltre la decina, rappresenta il progresso, come
duplicazione scritta della cifra uno esprime la fecondità, come figura
geometrica indica stabilità; e poi non ti pare che quei due pali ritti stiano
là umili pazienti ad aspettarne un terzo trasversale che comporterebbe il sacro
simbolo della forca? Della forca antica, romantica, patriarcale, non della
macchinetta graziosa applicata alla strangolazione dal genio inventivo degli
Austriaci!”.
Vecchiaia – Nelle sette età della vita
di Shakespeare, “Come vi piace”, opera di Shakespeare giovane, abbastanza giovane,
atto II, scena IV, è un ritorno da incubo all’infanzia, nella prospettazione di
Jacques, l’alter ego dell’autore, moderno intellettuale al seguito del Duca suo
signore, col quale vive rifugiato nel bosco di Arden, dell’umanità che finisce:
“A chiuder questa storia strana, piena di eventi,\ è la seconda infanzia, il
mero oblio,\ senza denti, senz’occhi o gusto, senza niente”.
Se tutto è sette
Tutti i possibili
significati, le proprietà, i ricorsi (non tutti, questi: in appendice un repertorio
lungo quattro o cinque pagine, costruito trent’anni fa per il romanzo “In virtù
della follia”), del numero forse più ricorrente di questa curiosa serie, dall’1
al 12, ideata da Umberto Bottazzini, “Storie di numeri” (“alfabeto di ogni
civiltà, i numeri esprimono la misura del cammino umano). Un numero debordante
nella numerologia ovviamente, ma di più nel linguaggio profetico, ebraico, e
nel calendario. O nelle geografie mentali: la natura “sette bellezze” del poema
omonimo di Nezāmī, la “Settimana di bontà” di Max Ernst, il Teatro della Memoria
di Giulio Camillo. Con le sette età della vita, per esempio di Shakespeare, “Così
è se vi pare”. Un numero ubiquo
Un volumetto denso
- Ebgi, storico della filosofia, è versato in molte discipline. Che alla fine
pone il problema invece di risolverlo. Perché sette è un problema: perché tanta
“popolarità” del sette e non di un altro numero? Si, indivisibile, etc., “il numero della
totalità (dell’unione di cielo, il 3, e terra, il 4); … il numero dell’intelligenza
(assieme maschile, il 3, e femminile, 4) che vuole contenere in sé tutto l’universo”,
si, ma poi?
Raphael Ebgi, Sette, Il Mulino, pp. 185 € 13
Appendice
Un
repertorio ampio del numero sette, nemmeno esaustivo, avevamo potuto compilare
nel romanzo “In virtù della follia”:
Il
pellegrinaggio delle Sette Chiese era stato da poco restaurato da Filippo Neri,
scrive l’oratoriano Carlo Gasbarri nella Visita filippina
delle Sette Chiese. La tradizione prevedeva un “giro
simbolicamente sintetico dell’Orbe cristiano”, San Pietro rappresentando il
patriarcato di Costantinopoli, San Paolo quello di Alessandria, San Lorenzo
quello di Gerusalemme, Santa Maria Maggiore Antiochia, “cioè i capi del mondo
fedele, cui sovrastava il Laterano, sede del Sommo Pastore, che tutti in sé riassumeva”. Alle cinque soste originarie Filippo aggiunse due intermedie, a
San Sebastiano — fra San Paolo e San Giovanni in Laterano — e a Santa Croce,
anch’essa in Gerusalemme — fra San Giovanni e San Lorenzo. Per un certo periodo
si arrivò a nove ma poi, spiega Gasbarri, “ci si polarizzò sulle sette
basiliche, che nel numero altamente simbolico e nel percorso di oltre sedici
miglia costituivano una discreta penitenza”.
San
Sebastiano era il punto centrale del pellegrinaggio. Paesaggio all’epoca
“georgico e riposante”, secondo un memorialista, “di armoniose linee
classiche”, era ancora campagna aperta, ma non estranea alle vicende umane.
“Non vi è palmo di terra”, ha scritto l’abate Carlo Bartolomeo Piazza negli Hyeroxenia, “sotto il quale non sia stata abitazione tra
quegli Antri, Grotte, Tombe, Arenari], e Cimiteri]', quasi Steccato di Cristiana
Fortezza, e Pazienza. Da queste sotterranee Caverne, e nascondigli d’anime
grandi, a guisa di Fornaci di Paradiso, uscirono beati incendij di Amore, e di
Carità”.
Della
pia pratica e del numero sette scrisse il pontefice Sisto Peretti (1585-1590)
nella bolla Egregia Populi Romani Pietas: “E
sono esse (le chiese) veramente celeberrime per l’antichità, per il culto, per
le venerande reliquie dei Martiri, per le sacre indulgenze, e infine per il
mistico senso del numero settenario. Come l’apostolo Giovanni, scrivendo la
mirabile sua Apocalisse alle sette Chiese dell’Asia, volle adombrare la Chiesa
universale, che Dio adorna con i sette doni celesti dello Spirito Santo, e
nella quale soltanto dimora e riposa, così sette Chiese in Roma si
stabilirono, con grande arcano del numero stesso, affinché più chiaramente
apparisse l’unione e la perfezione nel capo stesso da cui promana l’unità della
Chiesa tutta”.
L’arcano, volendolo, si poteva dire
sciolto da una lunga tradizione, di cui era stato sistematore nel primo secolo
il dotto ebreo Filone d’Alessandria. Sul solco probabilmente dei “Proverbi”,
9,1: “La saggezza ha
fabbricato la sua casa, ha lavorato le sue colonne, in numero di sette”. Filone,
il conciliatore della fede e della filosofia, attribuiva al numero sette
“valore divino”. La potenza del numero, scrisse diffusamente, si esplicava in
aritmetica, geometria, biologia, astronomia, cosmologia, musica, moto, cicli
della luna (i numeri da 1 a 7, sommati, danno 28). E ancora: sette sono i
cerchi del cielo e le schiere dei pianeti, le età dell’uomo (secondo Ippocrate;
secondo Solone, invece, le età dell’uomo sono dieci, ma di sette anni ciascuna)
e i sensi (ai cinque canonici vanno aggiunti il sesso e la lingua), le
secrezioni del corpo (lacrime, muco, saliva, sudore, sperma, cacca, urina) e le
sue parti, quelle visibili (testa, tette, braccia, gambe), quelle invisibili
(stomaco, cuore, polmone, milza, fegato, reni) e quelle della testa (occhi,
orecchie, narici, bocca). E l’unico numero che “non genera e non è generato”,
assimilato dai filosofi a Vittoria-Atena, “che è vergine, non ha madre, e si
racconta essere nata dalla testa di Zeus”, e dai pitagorici alla Guida dell’universo.
Un
numero ubiquo, insomma. Centrale nella numerologia semitica.
Che lo trasmise alla cultura greca, secondo Nietzsche, “Il servizio divino
degli dei”, che ne fa minuto elenco per un paio di pagine. In relazione con i
pianeti, con la scala dei suoni, dei colori, dei giorni della settimana. È
numero primo privilegiato dalla Bibbia, nonché dall’“Apocalisse”, la Cabala e
la Massoneria, ma anche da Auguste Comte, il re dei positivisti. È la base
della sua “Synthèse subjective”, il finale “poema dell’Umanità” in ottocento
pagine. Il poema Comte lasciò suddiviso in sette capitoli. Ogni capitolo si
compone di tre parti, ognuna delle quali è però suddivisa in sette sezioni.
Formate a loro volta ognuna da sette gruppi di frasi.
La
tradizione religiosa ricorda le sette stanze di Moloch, le sette porte o gradi
di iniziazione di Mitra, le sette vacche belle e grasse, e le sette brune e
molto magre, le sette spighe piene e rilucenti, e le sette vuote e arse, i
sette anni di abbandono, e i sette di carestia, che salvarono Giuseppe nella
Bibbia, repertorio massimo del numero (sette è “la semitica totalità”, afferma
Ceronetti — e lo conferma la Cabbala, con i sette santuari e i sette sentieri,
le sette dimore impure, i sette bracci della menorah, i
sette cieli del Talmud, e il Dio dello Zohar, Libro dello Splendore,
il quale non procede che per sette: “Il Santo benedetto Egli sia, si trova nel
settimo di tutto” — mentre per il commentatore delle Edizioni Paoline il sette
“nelle Scritture indica un numero grande, e moltiplicato indica un numero
indefinito”), i sette altari, i sette giovenchi e i sette montoni di Balaam, i
sette mariti che lasciarono infelice Sara, morendo la notte stessa in cui si
proponevano di accostarsi a lei, i sette fratelli, mariti sterili di una sola
moglie, della casuistica sadducea, i sette santi, i sette dormienti di Efeso
(che secondo Louis Massignon sono gli stessi di prima), le sette piaghe, i
sette re d’Egitto, i sette diavoli di Maddalena, le sette parole di Cristo in
croce, oggetto di appassionata trattazione di san Roberto Bellarmino. O, più
antiche, le sette sorelle e le sette stelle del sogno di Kassi, più moderne,
le litanie settiformi, la settemplice fraternità rosacroce, i sette gradini
della scala di sant’Agostino per valutare la capacità di comprensione
dell’anima, i sette capi del dragone purpureo seduttore del mondo, che è
Satana, dell’apocalittico Innocenzo III. Sette gli Inni dei “Mattutini”, che
scandivano la vita monastica, sette quelli delle “Laudi”, e Sette dei “Vespri”,
che avevano come tema i sette giorni della creazione.
Tutto
è sette in Gilgamesh, romanzo dell’amore
uranico, e nell’Apocalisse (Sigilli,
Angeli, Trombe, Segni, Lampade, Chiese, Coppe versate), opera di san Giovanni
di Patmos patrono della massoneria, che il pio Renan definì “libello radicale
contro l’impero romano” e l’erotologo inglese D.H. Lawrence, figlio di
minatore, “un’orgia di mistificazione al lavoro da quasi duemila anni” per
minare l’aristocrazia del Cristo, o il carattere individuale della salvezza,
mediante la sobillazione delle masse (è “metafora del crollo del capitalismo”,
dirà H.M. Enzensberger).
I cigni girarono sette volte attorno a Delo,
sottolinea Anaerobio, al momento della nascita di Apollo, il dio della lira,
strumento a sette corde. Sette le esistenze di Tiresia. Sette anche i figli e
le figlie di Niobe, i re di Roma e i colli, i pilastri della saggezza, le
meraviglie del mondo, le porte di Tebe, i santi patroni di Marrakesh, sette i
giorni della luna, i raggi del sole, i colori dell’arcobaleno, i sacramenti, i
vizi capitali, stranamente monchi, le virtù (tre più quattro), le arti liberali,
che secondo Marziano Capella conducono l’uomo in cielo, gli anni della Montagna incantata.
Sette i Dolori di Maria il venerdì
successivo alla prima domenica di Quaresima, oppure il 15 settembre,. le opere
di misericordia corporale e quelle di misericordia corporale. Sette i
personaggi dei compianti, attorno al Cristo morto. Con il setticlavio. I Sette
di Chicago – che erano otto, ma uno fu dimenticato dal giudice che doveva
condannarli. E i sette del Franck Report, che prima di Hiroshima ne provò le
devastazioni. Sette i nani di
Biancaneve dei fratelli Grimm, “E lo specchio magico le rispose : «Al di là dei sette monti, al di là
delle sette valli c'è la casa dei sette nani, in cui vive Biancaneve che è
ancora più bella di te»”. i
viaggi di Sinbad il marinaio, le sorelle del petrolio, le cinta del castello
dell’anima, i gradi della perfezione, le note musicali, le vocali del greco
antico, i petali della rosa, le stelle dell’Orsa e le Pleiadi, le colline del
Reno, i savi di Roma, dell’Ellade e d’altrove, le vite dei gatti, le
donne di Barbablù, i sette anni di riflessione e gli altri sette di disgrazia,
che fa quattordici, un buon titolo.
Arrivando a
noi, vanno ricordati II settimo sigillo,
Sette spose per sette fratelli, I sette fratelli, Sette storie gotiche, I
sette tipi d'ambiguità,
i settennati presidenziali, passando ovviamente per Kafka (“chiesi se dietro i
sette mari ci fossero i sette deserti e dietro a quelli le sette montagne,
sulla settima montagna il castello e...”). Il numero è ricorrente anche al
gioco delle carte, con primiera, settebello e sette e mezzo, e dell’occulto,
sotto il segno di Pietro d’Abano. J.Roth ricorda, celebrando “La quercia di
Goethe a Buchenwald”, il “böse Sieben”, il sette cattivo, del Kaiserspiel,
antico gioco di carte tedesco Il sette che anche nelle carte tedesche è
migliore di tutte le altre, il sette pigliatutto, ma è raffigurato nelle
sembianze di una strega:
Ha
tradizione in Francia (il Colloquium
Heptaplomeres di Jean
Bodin, il teorico dello Stato moderno, della tolleranza, e della caccia alle
streghe, l’Heptameron di Margherita, energica sorella e
compagna di svaghi del re Francesco I) e senso universale. E la chiave del
segreto di Dante per Renè Guenon.
“Al
tre, numero dello spirito e della germinazione di ogni forma, si aggiunga il
quattro, numero della materia, e si avrà la completezza, il sette, proprio dei
nani costruttori”: così Elémire Zolla presenta II signore degli anelli.
Ma il quattro, aggiunge, è meglio, è la triade benefica, calore luce e aria,
corpo anima e spirito, Padre Figlio e Spirito, più il demonio, significato che
una data storica confermerebbe, il 16 aprile 1616, scelta da Shakespeare e
Cervantes insieme per riunirsi nell’aldilà - contro il parere di Jonathan
Swift, il quale, apologeta del numero tre, riteneva il quattro “cabbalistico e
superstizioso”. Quattro le stagioni, i punti cardinali, gli elementi, i
fluidi vitali (bile nera, bile gialla, flegma, sangue – e lo sperma?), le parti
del giorno, le età della vita. La tetraktys
di Pitagora. E Schopenahuer pitagorico Sulla
quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Il Geviert di Heidegger, il quadripartito,
la quadratura, il quadrato, la “raccolta dei quattro”, la terra, il cielo, i
divini, gli umani. Quattro le virtù cardinali, e i peccati che gridano vendetta
al cospetto di Dio.
Il
tre viene prima – “omne trium est perfectum”, da Proclo a Binswanger. Ma il
sette ha più mistero – a partire dal “bau-sette-te infantile. Sette i santi di
Firenze, i sette santi fondatori, dal 1888 – di che, dell’Italia massonica? Il
Settenario simboleggia per Guénon, Il
Demiurgo”, i sette Elohim, i quali rappresentano l’insieme delle forze
naturali”, o le sette sfere planetarie
Fu il numero di Hitler. Che vanterà la tessera numero sette della
Deutsche Arbeitspartei di Anton Drexler, i laburisti tedeschi, alla quale si
iscrisse da neofita in politica nel 1920, mentre invece era
cinquantacinquesimo. Sette è l’eletto?
Paolo Legrenzi, Non occorre essere stupidi per non fare sciocchezze”: “La specie
umana ha una memoria di lavoro che può contenere 7 “+ o – 2” informazioni, cioè
normalmente 7, ma comunque non più di 9.Quest vuol dire che, da giovani,
possiamo ricordarci, fino a quando non lo trascriviamo, un numero telefonico di
7 cifre (alcuni si fermano a 5 ed altri arrivano a 9, ma non si va al di là di
questi limiti). E analogamente: sette mosse se giochiamo a scacchi, sette
cambiamenti di direzione se ci muoviamo in una città sconosciuta, sette
sequenze di mosse se pratichiamo uno sport, sette persona appena conosciute a
un ricevimento, sette oggetti se diamo un’occhiata a un tavolo su cui ce ne
sono tanti”.
Quattro
e sette in realtà sono concorrenti nelle perfezioni, e la controversia resterà
viva a lungo: quando Galileo annunciò i quattro satelliti di Giove, le accuse
di sacrilegio vennero dai fautori del numero sette quale metro divino per la
regolazione del sistema planetario — li conforterà la cosmologia di Hegel —,
mentre gli entusiasti furono coloro che avevano elevato il quattro a cifra
metafisica.
Sette,
secondo la Constitutio criminalis
dell’imperatrice progressista Maria Teresa, le fiaccole per le peinliche Fragen, la tortura mediante “quesiti penosi”,
ovvero scottatura dei fianchi, dei seni e delle ascelle. Malcolm X dirà nell’Autobiografia: “U sette è sempre stato il mio numero
preferito”. Fino a Beast in view, il capolavoro
di Margaret Millar: “Aspettando la risposta fece la somma dei numeri, 15115.
Tredici. Aggiungendo uno e dividendo per due ebbe sette. Tutto fa sette. Anche
se la gente non lo sa”. Millar riecheggiava sant’Agostino, il quale ha visto il
numero sette, “simbolo ordinario di universalità”, anche nel dodici, il numero
dei patriarchi e degli apostoli, come prodotto di tre per quattro, o di quattro
per tre, e nei dieci comandamenti, che sono tre più sette, ma ha ammonito: “Ci
sarebbe molto da dire, sulla perfezione del numero sette. Ma questo libro (La città dì Dio) è già abbastanza prolisso, e potrebbe
sembrare che voglia prendere l’occasione per esibire finezze culturali a scopi
di nessun interesse invece che a vantaggio delle lettere”.
L’astronomia e la Cabala, secondo la
scuola di Gerona, danno al mondo sette cicli di settemila anni, 49 mila anni in
tutto. Dopo sette millenni il mondo va in sabbatico e si distrugge. Distrugge
gli esseri, mantenendo il cielo e la terra. Ma dopo i sette cicli il caos è
totale. Tutto ha una fine.