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sabato 1 marzo 2025

Zelenky in uscita da eroe, Kiev verso l’unità nazionale

Non c’è Hitler e non c’è Monaco – la sconfitta senza combattere - nei media americani, benché generalmente ostili a Trump, dopo i rimproveri mossi ieri da Vance e Trump a Zelensky in diretta tv. Lo scontro viene presentato come un dietro le quinte delle discussioni politiche che solitamente si dicono “franche”. Esito del rifiuto di Zelensky di interinare un negoziato di pace condotto per l’Ucraina dagli Stati Uniti. Se non della decisone già maturata di una sua Grande Uscita, nel gergo teatrale, come l’eroe della resistenza anti-russa. Già prima della lite in tv a Kiev si parlava di un governo di unità nazionale. Senza un nuovo governo, dopo la lite in tv, è impossibile concludere anche solo un cessate-il-fuoco, il primo passo di un negoziato di pace.
Delle “terre rare” che gli Stati Uniti avrebbero dovuto pretendere in pegno dall’Ucraina per l’aiuto militare che forniscono non si sarebbe parlato. Anche perché non si sa se ce ne siano. E forse era solo un escamotage per mantenere in qualche modo l’Ucraina nella sfera d’interesse americana – un “gancio” inventato lì per lì da Trump.
Resta da spiegare il perché del rimprovero pubblico. Sarebbe il secondo e definitivo mosso di Trump a Zelensky, che non gode della fiducia del nuovo presidente, essendo stato legato a Biden. Nella protezione del figlio Hunter, per le tangenti prese in Ucraina. E nella campagna elettorale della vice di Biden, Kamala Harris, ancora a fine settembre.
 

I costi della giustizia

“L’Altravoce”, il giornale di Alessandro Barbano, fa i conti della Giustizia: “L’Italia si posiziona in Europa in una fascia intermedia, con una spesa pro capite di 112 euro, superiore a Francia (104 euro) e a Spagna (98)”. Che hanno una giustizia più rapida ed efficiente. “Tra le principali voci di costo onorari (difensori di ufficio, moltiplicati dai troppi immigrati sotto processo, n.d.r.) e intercettazioni”- per il diletto dei cronisti giudiziari.
I casi di “riparazione per ingiusta detenzione” si moltiplicano – è l’“equa riparazione” per la detenzione ingiustamente subita prima dello svolgimento del processo e, quindi, prima della sentenza. Si va da 150 mila a mezzo milione di euro per caso. Le domande contro il carcere facile nel 2024 sono state 1.293, e in tre casi su quattro sono state accettate.
Di più pesa il risarcimento del danno derivato dalla lentezza dei processi, in vase alla legge Pinto, del 2001. L’arretrato di questi risarcimenti, in carico al ministero della Giustizia, ammonta a 300 milioni, dovuti in relazione a 62 mila casi avallati in Corte d’Appello – un arretrato sui cui “si pagano interessi” (Nordio).
Nel 2023 il. tempo medio per una sentenza civile è stato di circa 2.655 giorni, oltre sette anni, Il numero di cause civili pendenti è il più alto in Europa, 3,2 milioni. Vari tentativi di accelerazione, da ultimo la riforma Cartabia, non incidono. È giustizia?

Lo strapotere dei giudici

Grandi titoli, molte pagine, e foto a colori per l’anno giudiziario, la celebrazione, dei giudici. Reiterati ieri per i mesti scioperi in alcune piazze d’Italia. Niente per l’anno giudiziario dei penalisti. Sebbene abbiano molto da dire, e di molto peso. Lamentano infatti, non da ora, da trent’anni almeno, che l’adozione del processo accusatorio è stata monca: le accuse sanno tutto, le difese nulla, solo che lo che emerge mano a mano nel dibattimento. Di che ridicolizzare i flash-mob e le altre protesta dei giudici.
N
el processo accusatorio, di tipo anglosassone, tutte le parti in casa sanno tutto e possono condurre indagini. Nel processo accusatorio “all’italiana”, solo l’accusa gestisce le carte. È l’evidenza che fare il procuratore e fare il giudice non è la stessa cosa, non dovrebbe. La Procura della Repubblica non è il giudice istruttore, che avanza equanime, è un Carabiniere leguleio. Un generale, con alle sue dipendenze le polizie, che non possono muovere un dito senza la sua autorizzazione, e sotto il suo impulso. Con la guarentige del giudice – può fare quello che gli pare.

Calabria terremotata, e sempre subordinata

Il titolo Galasso ha preso a prestito da Corrado Alvaro, dal saggio-conferenza “La Calabria” al Lyceum di Firenze nel 1931. Non una condanna, o un giudizio amaro. Un riferimento alla natura “terremotata” della regione, alla storia antica e sempre subordinata, alle utopie dei secoli passati e ai rifiuti\disdegni della storia recente.
Lo storico – che con gli studi sulla Calabria, specialmente d’archivio, si è formato – ha riunito qui saggi, articoli, interventi su personaggi e questioni a sfondo calabrese. Anzitutto su altri “scopritori” della Calabria: il geografo Lucio Gambi e gli storici letterati calabresi Augusto Placanica, e nell’Ottocento Vincenzo Padula.
Il saggio più lungo è una storia-valutazione della riforma agraria degli anni 1950. Con annotazioni sull’emigrazione – continua, da fine Ottocento. Sul 1799 – e il sanfedismo. Sull’unificazione nel 1860.
Giuseppe Galasso, Calabria, paese e gente difficile, Rubbettino, pp. 320 € 15

 

venerdì 28 febbraio 2025

L'America si è stancata di fare guerre

 L’“Economist” oggi, quindi con qualche giorno di anticipo sulla sceneggiata odierna a Washington fra Trump e Zelensky, condanna il presidente americano come l’affossatore della potenza americana: l’editoriale sostiene che Trump “renderà il mondo più pericoloso, e l’America più debole e più povera”. Tutto il contrario cioè del suo proposito, fra dazi e spese militari europee. Questa non è l’immagine invece che ne danno i media americani. Che Trump ha tutti critici, ma in certo senso ammutoliti: come se temessero che Trump abbia ragione. Che gli Stati Uniti non possono pagare, in uomini e armamenti, per tutti. Con qualche affidamento, perfino, sulla decisa volontà anti-bellica che Trump manifesta così platealmente - come se l’America si fosse stancata di fare guerre.
La critica americana sui cinquanta giorni di Trump non è sula politica estera – dazi e e paci imposte. È sull’accentramento dei poteri. I media americani più di tutto discutono dove e se le iniziative a scapito dell’autonomia di enti da sempre sganciati dall’esecutivo, dal potere politico (il presidente ha il potere di nomina ma non di indirizzo), come la Federal Reserve, la Securities and Exchange Commission, la Consumer Product Safety Commission. Non vengono in dubbio le prerogative in materia di difesa, di sicurezza nazionale, da comandante in capo.

Se solo il fisco funzionasse

“Uccisa dal marito, chieste le tasse sul risarcimento mai avuto”. Un errore? Sì, comune: all’Agenzia delle Entrate funziona solo il software.
“Cartelle a 22 milioni di italiani”, a 22,8 milioni per l’esattezza, quasi 23, calcola la Cgia di Mestre. Come a dire il fallimento dell’equità fiscale: l’Agenzia delle Entrate non è in grado di
far pagare le tasse. Se non a prezzo di 23 milioni di contenziosi, che non costano ai presunti evasori – il costo è del ricorso, al resto ci pensa la giustizia.
E queste cartelle, non saranno per pochi spiccioli – errori, ritardi, trascuratezze? No, il valore delle cartelle non riscosse, il cosiddetto “magazzino fiscale”, tracima a 1.274 miliardi di euro, tre quinti di un anno di pil. Come se l’Italia avesse lavorato un anno fino a Ferragosto per nulla.
Anche: col non riscosso si poteva dimezzare – quasi – il debito, la grande palla al piede dell’Italia fra tutti i paesi più ricchi. Liberare la finanza pubblica, dare un indirizzo produttivo alla spesa, moltiplicare le risorse.
E pensare che il problema è solo di gestione dell’Agenzia delle Entrate. Che è solo un occhiuto cervello elettronico, bravo e incapace: sa tutto ma non sa riscuotere.

 

La liberazione del piacere femminile

“Mi sono presi tutti i piaceri”, Modesta lo dichiara prima di cominciare - o del piacere come potere. Piccola capraia indocile violentata dal padre dà fuoco alla casa, e il maresciallo la confida, povera orfanella, alle suore. Sarà la beniamina della bella e nobile badessa, e sua erede in caso di morte. La badessa muore veramente, spinta da Modesta?, e le porte della magione principesca le si aprono. Questo nei primi due episodi, tra autoerotismi e toccamenti saffici. Molto di più si dovrebbe vedere nei prossimi quattro della serie.
Una professione di femminismo, una sorta di manifesto, come  usava negli anni in cui Sapienza concepì la storia – usavano “manifesti” di castrazione maschile, etc. Golino segue il romanzo, ma con una punta di perfidia, quasi sadica.

Una storia difficile, scritta e riscritta da Goliarda Sapienza negli anni 1960-1970, per una dozzina d’anni, pubblicata postuma, a metà degli anni 1990, in edizioni ridotte e praticamente alla macchia - da Stampa Alternativa, che non aveva distribuzione. Ritornata in Italia una quindicina d’anni dopo, dopo la traduzione e il successo in tedesco. Il femminismo sboccato della favola, in un convento di suore, e poi in una serie di inimmaginabili trasgressioni, ne ha a lungo pregiudicato la diffusione – tra i rifiuti c’è pure quello Feltrinelli. Il volumone Einaudi con cui si propone la rivalutazione della scrittrice non comprende questo racconto.

Un compito impegnativo. Golino, alla sua prima (?) regia, rasenta il capolavoro: scene, luci, tagli, atmosfere, anche nelle molte scene di sesso morbose, e un casting da perfezione - o ben diretto e gestito.

Valeria Golino, L’arte della gioia, Sky Cinema

 

giovedì 27 febbraio 2025

Cronache dell’altro mondo – militari (332)

La Difesa è la montagna che Trump vuole in qualche maniera ridurre.
La spesa militare americana è superiore alla somma dei nove paesi più armati, dopo gli stessi Stati Uniti. In ordine di grandezza della spesa: Cina, Russia, India, Arabia Saudita, Regno Unito, Germania, Francia, Corea del Sud, Giappone. Pari a quella degli undici\dodicesimi, mettendo nel conto Ucraina (dato 2022) e Italia.
La spesa militare annua è pari, coincidenza, al disavanzo commerciale, nel 2024 di 926 miliardi di dollari - poco meno di un terzo con la Cina.

Cronache dell’altro mondo – ucraine (331)

Se Zelensky è un dittatore, l’America dibatte la penultima uscita di Trump, alla vigilia dell’incontro, “forse”.
Già in autunno la gente a Kyiv si manifestava stanca dell’approccio “uccidici lentamente” di Biden alla guerra. Trump invece ha scelto di rovesciare il tavolo.
Le abilità spionistiche di Roman Chervinsky sono state unfattore decisivo nella difesa nazionale ucraina.  Perché dunque è agli arresti domiciliari a Kyiv?
Chervinsky sarebbe la mente e l’organizzatore del sabotaggio delle condotte del gas russo-tedesche Nord Stream il 26 settembre nel 2022. Lui nega. Ma è agli arresti e non si sa perché.
Non è il primo dei militari di alto grado “silurato” da Zelensky - secondo la vecchia terminologia sovietica.

(“The New Yorker”)

E adesso povero Elkann 6 – alla svendita

Si riprende un po’ – diminuisce meno – il mercato dell’auto a gennaio: - 2,1 per cento rispetto a gennaio 2024. Ma alcuni marchi aumentano le vendite, Renault e Volkswagen. Peggio va Stellantis, molto peggio, più di tutti, meno 16 per cento. Senza una gestione da alcuni mesi. Mentre comincia lo smantellamento di Mirafiori, un secolo di storia dell’automobile.
Un crollo confermato dai conti del gruppo. Ricavi in calo dell’11 per cento, utili del 70. Elkann salva naturalmente il dividendo: lo dimezza, ma se lo paga. E in più fa alcuni miliardi per la Famiglia vendendosi una quota della supervalutata Ferrari.
Comincia lo spolpamento anche di Ferrari? Il tutto lo stesso giorno in cui la sua Juventus perde ogni residuo di dignità, e di trofei, contro una squadretta – una (quasi) di serie B, che era andata allo scontro rassegnata a perdere, tutta di riserve, ragazzi di vent’anni.

La chiesa alla ricerca di sé

Nell’età dei mass-media non solo il cerimoniale e la comunicazione, anche la funzione papale si è trasformata. Il papa non si limita a gestire la curia – non ne è pigioniero – ma ha immediato personale contatto con tutte le realtà, religiose e non. A partire da Giovanni XXIII, che nel 1958 ha convenuto il mondo a Roma per il Concilio Vaticano II. Il successore, Paolo VI, è stato a Bombay, Gerusalemme, New York, Bogotà. Giovanni Paolo II in tutto il mondo.
Elie, professore alla Georgetown University a Washington, comincia con un aneddoto. Il 13 dicembre 1931 il “New York Times” riportava da Roma che il papa Pio XI aveva cancellato l’udienza accordata a Gandhi, “il leader nazionalista indiano”, perché temeva di essere criticato “se riceveva il visitatore nel suo solito sciatto abbigliamento”. Lo scorso dicembre, continua Elie, lo stesso giornale pubblicava un estratto dell’autobiografia del papa Francesco intitolato “C’è fede nello humour” sulle barzellette raccontate dai e sui preti, per dire che che non ci sono soltanto “preti tristi, amareggiati”.
È cambiata anche la lingua. Sono cambiati i riti, e la liturgia. Sono cambiate tutte le funzioni religiose per I fedeli, battesimi, comunioni, matrimoni. Ma la chiesa, questo il succo della riflessione, non ha ancofra trovato un modo di essere. Conoscibile, adottabile, comune ai fedeli. Va per tentativi. Che è un paradosso: un’istituzione magisteriale che si cerca.
Paul Elie, The Pope’s Role has changed in our time. But has the Church?, “The New Yorker”

mercoledì 26 febbraio 2025

Ombre - 763

Fantastico a Istanbul. Mourinho, ora allenatore del Fenerbahce, a fine stracittadina col Galatasaray – una sorta di Roma-Lazio, o Milan-Inter – dichiara: “Voglio ringraziare l’arbitro. Dopo un clamoroso tuffo al primo minuto sulla loro panchina stavano già saltando come scimmie e se ci fosse stato un arbitro turco il mio giocatore sarebbe stato subito ammonito”. Un putiferio: Mourinho razzista, al patibolo. Bisogna dire : “Saltavano come galline”, o anche le galline sono verboten? Anche in Turchia, patria  come si sa dei diritti umani e civili?
Per inciso, il Galatasaray è sotto accusa per controllare federazione e arbitri – per il derby era stato chiamato un arbitro sloveno.  
 
Difesa, debito, si fa in Italia come se Merz, il nuovo cancelliere, facesse una rivoluzione, anzi l’avesse già fatta. Lui va veloce, sembra, perché è un avvocato d’affari e non un politico, ma il voto di domenica va in senso contrario: non grandi spese militari, più spese sull’economia. In più dovrà trattare con gli Stati Uniti di Trump l’ombrello difensivo americano – la continuazione dell’impegno, che a 35 anni dal crollo dell’Urss gli Stati Uniti non vogliono più pagare.

Niente dietrologie naturalmente, ma il fatto è che gli Usa si prendono le miniere ucraine, la Ue la ricostruzione e il mantenimento di ciò che resterà di Ucraina, nuovo membro della Unione a furor di popolo. E non per euforia da ubriachezza. Quella va tutta ai Grandi Piani per la Difesa, centinaia e migliaia di miliardi - anche se non si sa come.


Fra gli elettori più giovani in Germania, 18-24 anni, il primo partito è Die Linke, 24 per cento delle preferenze, il secondo l’Afd, 21 per cento. L’estrema destra è arrivata prima fino ai 69nni, con percentuali a scendere: 23 per cento tra i 25 e i 34 anni, tre punti in più, 26 per cento, tra 35 e i 44, poi il 21 per cento tra i 45 e i 59, e il 19 tra i 60 a i 69. Solo tra gli over 70 scende al 10 per cento.
 
Si sono recuperati 33,4 miliardi di evasione fiscale nel 2024. In un anno in cui il fisco ha incassato “regolarmente” 587 miliardi, cifra record, ben 43 in più rispetto al 223 – 160 in più rispetto alle tasse percepite nel 2019, l’anno prima del covid. Si paga molto, e si può anche far pagare chi non vuole, l’evasione non è invincibile – solo è conveniente, quando le tasse sono alte, vale il rischio.
 
A qualche settimana dal rimprovero solenne del vice-presidente americano Vance, libertario integralista, ancorché di destra, alll’Europa, rea di delitti contro la libertà, non una voce dall’Europa in risposta. Anche solo di contestazione, di critica. Piove sul bagnato.
 
Bassa crescita delle economie, soprattutto in Europa, e borse stellari, soprattutto in Europa. Soprattuto in Italia, per il “risiko” bancario, di banche che comprano banche, tre m&a multimiliardari in pochi giorni. Ma per farne che? Il gioco delle rivalutazioni, e dei superdividendi grazie alle supervalutazioni, non ha sostanza e non può durare. Qualche allarma? Qualche critica?
 
“Putin negozia con gli Usa ma il pacchetto di controllo delle sanzioni è in mani europee”, titolo (involontariamente) satirico del “Sole 24 Ore”. Perché ancora non si è capito, benché evidente, dopo tre anni, il disaccoppiamento tra Stati Uniti e  Europa nella guerra. Con gli Usa che forniscono gli armamenti comunque destinati alla sostituzione (adesso li hanno finiti), e l’Europa che si automutila con sanzioni boomerang – e continua a decretarne anche se Trump ha deciso la pace.
Nello stesso articolo il giornale spiega che le sanzioni europee hanno fatto solo bau-bau a Putin.
 
“Industria in calo da 23 mesi, ora cambiare rotta”, il presidente di Confindustria Orsini. Senza mai dire che, oltre al rallentamento indotto dalla Germania, il maggior partner industriale, l’Italia paga la malagestione di Fiat nel gruppo Stellantis – dalla filiera automobilistica dipende ancora l’ossatura degli indici industriali. La lamentela è giusto un avviso al governo, che sganci qualche “provvidenza”.
 
L’Europa continua a rispondere a Trump accusandolo di fascismo, per il saluto romano di Elon Musk, poi smentito, e di Steve Bannon, poi smentito. Non sa fare un altro passo dopo il 1945 – antifascista è pure l’estrema destra francese, ed è tutto dire.
Curiosamente, non c’è eco di questa bagarre nei media americani, pure furiosamente anti Trump, Musk, Bannon.
 
L’America era, un secolo fa, il paese meglio “organizzato” per il socialismo: una classe operaia forte e compatta, e una concentrazione forsennata della ricchezza. È diventata avamposto dell’anti-socialismo. Era anche disponibile al fascismo, al governo e in privato - Ford in testa, e Lindbergh, il trasvolatore  eroico. Ma poi l’ha distrutto con una guerra costosissima guerra.
 
Al vice-ministro Delmastro, che ai giudici che lo hanno condannato (alle giudici) imputa pregiudiziali politiche,  “Il Fatto Quotidiano” obietta che anche il Pubbico Ministero che lo voleva invece assolto è di sinistra. Semplice, no – la politica dei cronisti giudiziari è molto semplice? Ma non sanno che cos’è la giustizia politica.
 
Capita di assistere su Sky, pagando, a partite disastrose, l’una dopo l’altra, di un club molto titolato, anche per la proprietà, Angelli-Elkann. Trattato però con deferenza dai giornalisti e le testate sportive.  Anzi con apprezzamenti per l’allenatore Motta e il direttore sortivo Giuntoli. Hanno il miele?
Questo Giuntoli è uno che compra a caro prezzo e svende per niente, specie i vecchi stagionati e i campioni giovani. Con grosse provvigioni ai mediatori.
 
La Procura di Roma manda a processo il Napoli - del direttore sportivo Giuntoli, ora alla Juventus – per truffa sulle plusvalenze, sui calciatori Manolas e Osimhen. La giustizia sportiva non ci aveva fatto caso –l’avvocato Chinè un solo occhio ha, contro la Juventus  (che lui pensa sia ancora di Agnelli), per giustificare lo stipendio. Ma è una cosa seria?   
 
(Non) si condanna Sinner per una sostanza dopante contenuta in una pomata da 10 euro. Fermandolo per “soli tre mesi”, pur dichiarandolo innocente. Dopo un ano, o poco meno, di pettegolezzi, indiscrezioni, sospetti, odi. In Europa – il pettegolezzo made in Italy ha “conquistato” l’Europa  (l’America è stranamente fuori in questa stagione dalla fiera tennistica).
 
“Berlusconi vuole morire dem” era un post su questo sito il 24 luglio 2014. Inevitabile il richiamo  alla lettura delle riflessioni che la figlia Marina confida alla “Stampa” – non potendo\volendo sbarcare direttamente su “la Repubblica”, la voce del Pd?
Ci sta anche un matrimonio fra dinastie – in fondo anche Elkann è per metà nuovo arrivato. Politico naturalmente. E questo è tutto, altra politica non c’è.
Oh sì? Dopo Marina Berlusconi, che fa il piedino al Pd, l’ex fidanzata napoletana del babbo, che bastona Santanché. Ma, poi, nell’ordine delle cose, di una certa politica - come restare sempre in vetrina.

Giallo tv

La vedette “della Grande Fabbrica della Merda, la Grande Tivù Commerciale”, Flora de Pisis, viene rapita. Da due anime pure, devote alla memoria di Robert Desnos, poeta  surrealista, con supporto di Guy Debord. Che come riscatto chiedono un’ora a reti unificate della stessa Grande Fabbrica, senza trucchi editoriali (finta tv dal vero) e senza pubblicità. Gli investigatori, che dovrebbero salvare la rapita, la odiano - loro sono tra i belli-e-buoni della repubblica, devoti di Bob Dylan: "Entrambi hanno coltivato per anni uno schietto, cristallino, acuminato odio per Flora de Pisis e per ciò che rappresenta. Il cinismo, la falsità, il calcolo".
Una striscia del “Male” – nel mirino la tv di Maria De Filippi - allungata per  300 pagine. Anzi no, di “Cuore”, inserto satirico di partito. Sembra, 30 o 40 anni dopo, la dialettica veltroniana dei referendum contro “l’interruzione di un’emozione”. Nel 2021, dopo il covid? Dopo gli innumerevoli salti mortali di Veltroni? Però, un omaggio a Desnos, non se lo sarebbe mai immaginato, tanto è surreale.

Alessandro Robecchi, Flora, Sellerio, pp. 286 € 15

martedì 25 febbraio 2025

Occidente al decoupling

Col voto all’Onu sull’Ucraina si è sancito giuridicamente un fatto: la divisione dell’Occidente. Col Trump 1, con Biden, e ora co Trump 2: gli Stati Uniti fanno per sé, l’Europa si arrangi.
Si produce, sul piano politico e militare oltre che economico, una sorta di decoupling  dell’Occidente, come si dice dell’interruzione da tempo in atto delle “catene di valore” con la Cina. Un decoupling economico, ma anche militare e diplomatico.
Gli Stati Uniti rivivono la frenesia degli anni 1980, di Reagan, quando sembrava (loro) che  il Giappone rubasse la supremazia tecnologica e industriale, quindi economica. Seguirono sbarramenti di tutti i tipi – finché il Giappone non entrò in una stagnazione economica (la minaccia ora sulla Cina) di ben trent’anni.  Ora l’obiettivo è la Cina, ma con una mobilitazione allargata agli europei. Che sembra in controtendenza al decoupling occidentale.  Ma la mobilitazione si accompagna alla minaccia: dall’Europa si pretendono conti economici in parità, tra dare e avere.
Non è la sola frattura: la difesa ne comporta forse di maggiori. Per quanto concerne il finanziamento e l’armamento. E l’impegno militare (forse e mezzi) effettivo. Gli europei continuano a pensare la Nato un’alleanza americana, come era al tempo della guerra fredda. Che però è remota. L’ottica oggi è che gli Europei pensino alla loro propria difesa, sia pure in ambito Nato. L’Europa non ci è preparata e non vede come – una “forza di dissuasione” europea in Ucraina sembra ridicola in America (cerimoniale) e lo è. Ma gli Stati Uniti hanno fretta.

Il silenzio dell’Ucraina

Spicca il silenzio dell’Ucraina, della popolazione, delle città, mentre si moltiplicano per i tre anni della guerra incontri e polemiche fuori del paese, in Europa, in America, all’Onu. Il presidente Zelensky non sarà al 4 per cento della popolarità come dice Trump, che lo vuole anche dittatore e attore mediocre, ma non c’è entusiasmo, non c’è mai stato, per questa guerra, solo rassegnazione.Tre anni che hanno visto centinaia di giornalisti in Ucraina, ogni giorno indaffarati in lunghi articoli sulle operazioni di guerra cui non assistevano, e sulla diplomazia attorno alla guerra, abominazioni, sanzioni, ma niente o poco (solo quache inviato americano) interessati alla popolazione.
Il silenzio degli ucraini è assordante – l’ossimoro è inevitabile. Parla Zelensky e nessun altro –giusto qualche letterato, che ha scoperto infine l’ucraino invece del russo (ucraino che si differenzia dal russo per la pronuncia). Tacciono gli altri politici, parla solo Zelensky, capocomico e prim’attore anche in guerra. Ogni giorno e più volte al giorno ma solo lui. E questo rende il silenzio generale tanto più cupo. Capi militari e ministri sono stati allontanati, ma senza una ragione. Molte le rimozioni per corruzione, di cui poi non si sa l’esito o la fondatezza.
La guerra del resto è scoppiata per un motivo non tanto popolare: eliminare l’elemento russo dall’Ucraina. Se il revanscismo nazionale contro l’impero russo è comprensibile, arriva però dopo due secoli e mezzo, quasi tre. Quando è praticamente impossibile sradicare l’elemento russo. Comunque inaccettabile, al di fuori di una mentalità tribale – che non è degli ucraini, non dei pochi che parlano. Si vede in Palestina, dove Israele, per quanto potente, ha difficoltà ancora dopo ottant’anni a sradicare i vecchi abitanti.
Nei paesi baltici lo sradicamento dell’elemento russo, lingua e persone, è stato accettato poiché si trattava di numeri non grandi. Mentre in Ucraina si tratta – si tratterebbe – di milioni di persone. Quanti non si sa, perché le statistiche demografiche dell’Ucraina ballano: si va dai 43 milioni delle statistiche ufficiali anteguerra ai 32 milioni dell’Istituto demografico dell’Accademia delle Scienze. Si sa comunque che i russi sono sui dieci milioni, cifra che nessuno discute. In un quadro, anche questo non discusso, di incredibile crollo demografico dopo il crollo dell'Urss, dai 52 milioni accertati del 1993.
Ma poi, soprattutto, quanti ucraini vogliono i missili atomici Nato contro la Russia?

E adesso, povera Germania

Parte con l’acceleratore il cancelliere in petto Merz, com’è giusto avendo vinto le elezioni. Che però non ha vinto come si aspettava, al 32, anche al 34 per cento, solo al 28 e mezzo - il secondo peggior risultato in tre quarti di secolo. E non ha altro governo possibile se non con i socialdemocratici, in crisi, di voti e di idee. Non solo: per allentare il vincolo costituzionale all’indebitamento è costretto a premere sul Bundestag uscente, ancora in carica per quattro settimane, dove avrebbe la maggioranza necessaria alla modifica della costituzione, mentre nel nuovo non ce l’avrà. Questo è già un limite alla spesa pubblica necessaria per il rilancio dell’economia, e per la difesa. Sono due anni che la Germania è in recessione, e non può durare - licenziano tutti, Volkswagen, Bosch, Continental, ognuno decine di migliaia di dipendenti.
Sarà Merz costretto a una nuova forma di indebitamento europeo, analogo a quello post-covid, NextGenerationEU e Pnrr? È contro il suo impegno elettorale. E sarebbe ridicolo, per rilanciare l’economia in Germania, vestale della parsimonia finanziaria (della sudditanza europea in materia di capitali, in verità, ma questo non si può dire – Draghi l’ha fatto e nessuno se lo fila).
E poi c’è la guerra: il voto giovanile è stato contro, di destra e di sinistra. Anzi, il voto fino ai 44 anni, comprese le classi di età 25-34 e 35-44. In queste fasce a destra prevalentemente, uno su tre.A Berlino due voti su quattro, anziani compresi, è contro da sinistra. Il voto complessivo contro la guerra (Afd, Linke, Sahra Wagenknecht) è al 35 per cento.
Con la guerra va la difesa, nodo ancorta più intricato. L’America da telmpo vuole rivedere gli assetti Nato. Non si arriverà al punto che la Germania rinunci all’ombrello nucleare americano, il pilastro della Repubblica Federale – né che Trump glielo tolga. Ma che la Germania si assuma gli oneri finanziari della protezione americana questo sì, è scommessa facile con Trump. Un altro capo di spesa.

Ruby a Palermo nel Settecento, con i preti pedofili

Si ripubblica “La rivoluzione della luna” in una bella riedizione come omaggio a Camilleri per i cento anni della nascita, e come un omaggio camilleriano al potere femminile in chiave femminista, del buon potere, per quanto casuale – la nuova presentazione è di Chiara Valerio. Camilleri soleva da ultimo raccontare (sceneggiare) l’attualità. Qui mescola il “caso Ruby” e la pedofilia tra i preti con un caso fortuito, una magistratura femminile nella Palermo del 1677, “un governatore donna”, per quanto per poco tempo.
Questa la recensione alla prima pubblicazione, nel 2013:
Le olgettine a Palermo, in veste di orfanelle, con Ruby. C’è pure Lele Mora. E un Emilio Fede che decide di vendicarsi collaborando. Meno convincente la Procuratrice, Eleonora di Mora, che è bella oltre che cattiva.
Donna Eleonora è storia, fece la giustizia a Palermo per quattro settimane nel 1677 dopo la morte del viceré suo marito, fino all’arrivo del nuovo viceré spagnolo. Nella seconda parte Ruby cede i posto alla pedofilia. A opera dell’arcivescovo. Un’altra vicenda politicamente corretta. Ma, senza riferimenti d’obbligo a persone o fatti conosciuti, questa si legge (quasi) come Dostoevskij a quindici anni, piena di ricatti e assassinii. Per il resto Camilleri si diverte. Per  trecento ripetitive pagine. E in dialetto, che qui “non ci azzecca”. Anche Palermo, è tutta bordello.
La recensione si chiudeva con questa nota: 
“Si divertono pure i suoi lettori; in vendita venerdì 8, per la festa delle donne, il prolisso racconto boccaccesco domenica era già solitario in testa alle classifiche-Questo è interessante”.

Andrea Camilleri, La rivoluzione della luna, Sellerio, pp. 296 € 16

lunedì 24 febbraio 2025

La Germania è stufa

Per la prima volta nella storia della Repubblica Federale, quasi ottant’anni, la Germania ha votato per le estreme, di destra e di sinistra. A destra l’Afd ha raddoppiato in tre anni i voti, dal 10,4 al 20,7. A sinistra Linke-Sahra Wagenknecht li ha triplicati: dal 4,9 a13,6.

Uno su due degli elettori giovani avrebbe votato per le estreme. È entrato in politica con un piede nella contestazione dell’esistente.

L’esistente, la Cdu\Csu, la democrazia cristiana tedesca, è passata dal 24.1 al 28,6 per cento. Ma i sondaggi prima del voto la davano al 30,6. E nella campagna elettorale si accreditava di un 32 per  cento, perfino di un 34.

Dei quasi dieci punti persi dai socialdemocratici e dei tre dei Verdi si può presumere che abbiano beneficiato Linke e Sahra Wagenknecht. Ma sicuramente c’è stato un travaso elettorale – dieci punti sono tanti, sei milioni di elettori, i giovani neo-votanti non bastano – dal Centro verso Afd.

Il voto si dice un trionfo per il neo cancelliere Merz. In realtà non lo è. E pone un problema alla Cdu\Csu, diventata semplice gestore attendista nei lunghi anni di Angela Merkel. Gli impongono, da sinistra e da destra, un diverso atteggiamento nei confronti della Russia. Con una politica decisa di riaprovvigionamento energetico a buon mercato, anche a scapito della transizione verde e dell’ostilità contro la Russia. La crisi economica in Germania vuole dire disoccupazione, e non è tollerabile – la recessione dura ormai da due anni.

Le questione recessione-energia si complica col problematico rapporto con l’America di Trump. La Germania Federale ha delegato all’America la difesa di ultima istanza, l’ombrello nucleare – in pratica la difesa. E qualcosa del vecchio assetto cambierà, anche se non si sa che.

Germania-Italia: Politica-“Novella 2000”

L’affluenza alle urne in Germania all’84 per cento, praticamente tutti quelli in gradio di andarci, è la vittoria della politica. Critica, estremizzante, spiazzante, tutto quello che si vuole, ma politica. Particolarmente spiazzante nei confronti dell’Italia, dove vanno a votare in pochi, perché il voto non conta. Perché i partiti non ci sono più, se non per le recite in tv: il governo dice, l’opposizione “attacca”, e le facce di gesso, immobili, che recitano senza respirare le tre frasi che i venti secondi consentono di vomitare. E quando si permettono di esserci, proporre una legge, provare ad approvarla, trovano sempre un giudice che li blocca, col contributo volenteroso dei cronisti giudiziari. La politica riducendo a scandalismo.
Sono trent’anni che il blocco mediatico-giudiziario ha cancellato la politica, strapotente e strafottente. Sempre vituperato ma sempre ben protetto. Soprattutto in alto loco, al riparo del Csm. E ora qui siamo, con una mano davanti e una di dietro, senza Funzione Pubblica e senza governo. Poi si dice Italia-Germania – mai state così diverse benché sempre vicine.

Trasfigurazione del sordido – se la scrittura fa miracoli

Di vite Lucia Berlin ne ebbe molte, anche più di una nello stesso anno, per i problemi fisici che la assediarono, sotto lo sguardo da rubacuori, complici le lenti a contatto, che ne illustra le copertine, e peggio ancora per l’alcolismo, e l’incostanza sentimentale-sessuale. Questa raccolta di racconti brevi e minimi, inediti o dispersi, con qualche lacerto di romanzo abbandonato, curata dal figlio Jeff, si segnala per le trenta pagine di cruda cronologia che il curatore,  a vent’anni dalla morte della madre, ha credito utile far conoscere. Abusata metodicamente dal padre e dal nonno paterno, una madre inerte, alcolizzata, violentata a 14 anni da un amico del padre in Cile, cresciuta con la scoliosi e col busto, sposa poco più che adolescente per andare via di casa, e presto divorziata, sposa, fidanzata o compagna di molti uomini, a letto anche con un diciottenne vicino di casa, babysitter dei propri figli, fidanzata di un altro diciottenne, “il miglior amico di Mark”, il suo primogenito, madre di quatro figli, i primi due col primo marito da studenti, quattro maschi, che accudisce e anche educa, stuprata anche dagli spacciatori che rifornivano il marito di cui ha conservato il cognome (Buddy Berlin, un ricco concessionario di automobili, con tenuta al mare, in Messico, ma eroinomane), girovaga da Albuquerque a Berkeley e Boulder, e fino a New York, tra un ricovero per dintossicazione e un lavoretto (per lo più in ambito medicale, il più lungo in una clinica per aborti), cambiando abitazione, quando non città, ogni pochi mesi. Con (poche) pause d’insegnamento, di letteratura, lettura e\o scrittura, in licei, in università – fino all’ultimo incarico all’università del Colorado a Boulder, gli unici anni, cinque o sei, tranquilli della sua esistenza, poco prima della morte.
Non è la solita biografia americana, dell’artista “maledetto”. Una vita si direbbe impossibile, tragica, pestifera. Vissuta invece gioiosamente, quasi, nelle scritture. Lucia Berlin è il miracolo della scrittura, in senso proprio, taumaturgico. Non c’è realtà spicciola, anche sordida, comunque minima, inutile, che non vivifichi. Perfino i turni, e le liti veterane-novizie, tra le telefoniste del grande ospedale – nel racconto più lungo, “Il centralino”. Racconti, si direbbe, di poveracci, per lo più donne, e di anziani in bisogno. “Mamma e papà” riesce a rendere teneri gli ultimi mesi o anni dei genitori del primo marito.
Per quanto raccogliticcia, da amatori, anche questa raccolta è godibile. Di grande abilità nel racconto dell’indistinto, o del noto, o del superfluo. Ne “La vita di Elsa” un vecchio marinaio spagnolo in casa di riposo, che collabora con “un progetto artistico sovvenzionato dallo Stato” raccontando la sua vita, “ottant’anni, ancora atletico e muscoloso”, rappresenta in poche righe l’emigrazione per disperazione: “L’unica storia d’amore che le raccontò fu una relazione di tre giorni con una puttana saltata giù da un sampàn a Singapore. Mr. Ramirez era da solo a bordo, tutti gli altri erano in licenza. La ragazza era salita in coperta arrampicandosi a una cima, e si rifiutava di andarsene. Voleva che la sposasse, e la portasse negli Stati Uniti, non capiva che non era americano. Non era una nave americana… Avevano cucinato…. ballato….dormito su un materasso in coperta, sotto le stelle. Alla fine, piangendo, la ragazza era ridiscesa  sul sampàn a filo dell’acqua. Lì sopra c’era tutta la sua famiglia, visibilmente delusa”.
Una pagina sulla chirurgia estetica, “La bellezza lascia il tempo che trova”, toglie il respiro. Più spesso è l’indistinto quotidiano la materia del racconto. Il vicino di casa vecchio nei suoi movimenti, le sue abitudini. La coppia giovanissima che non ha tempo per parlarsi. E progetti di romanzo: un rifacimento di “Tess dei d’Uberville”, un’autobiografia intitolata “Suicide”.
Lucia Berlin, Una nuova vita, Bollati Boringhieri, pp. 254 € 17

domenica 23 febbraio 2025

La Fortezza Europa si sbriciola

Ci si chiede cosa ha ottenuto Putin da tre anni di guerra in Ucraina. “Otterrà il Donbass, che poteva avere senza guerra”, ci si dice. Per consolarsi. Perché, se l’Ucraina ci ha rimesso in vite umane e in distruzioni, l’Europa ci ha perso tutto, quasi tutto: la  Russia, la credibilità, il futuro.
“La rivoluzione trumpiana e l’Europa rimpicciolita” si titola oggi sul “Sole 24 Ore” Sergio Fabbrini,lo specialista di Scienza Politica, non un  estremista, non di destra: “La rivoluzione nazionalista trumpiana ha rimpicciolito i singoli Paesi europei, anche se i loro leader faticano a capirlo. Per loro non esiste il mondo esterno, ma solamente il loro ombelico”. È vero e non lo è – Trump è, con tutta la sua irruenza, caratteriale o da vecchio immobiliarista, il bambino della favole, che dice al re che il re è nudo. La Fortezza Europa non esiste più perché non esisteva. E il modo come ha affrontato la questione Ucraina ne è la  riprova, se ce ne fosse bisogno. Poteva risolvere tutto senza spargimento di sangue. Gli accordi di Minsk 2, dell’11 febbraio 2015, tra Ucraina e Russia, erano stati patrocinati dal presidente francese Hollande, e da Angela Merkel, l’Ucraina li ha disapplicati, Merkel, “troppo poco troppo tardi”, se ne è dimenticata.
Il senso della guerra è questo. L’aborrito Putin, di cui a giorni alterni veniamo tenuti informati da apposite agenzie di creazione di notizie di impensabili atrocità, mezzo Hitler e Stalin, voleva soltanto “assicurare il futuro della Russia”. Dalle aggressioni. Dalle “rivoluzioni colorate” ampiamente sussidiate, e dai missili nucleari eretti a ogni suo confine, nel Baltico, in Ucraina, in Georgia, in ogni dove. Sarà un boia, ma è difficile dargli torto.
L’Ucraina ha pagato la guerra in vite e distruzioni ma ha combattuto, la sconfitta è l’Europa. Non ha capito la partita di vecchie Grandi Potenze che si giocava sulla sua testa. E si è addossata l’onere di una guerra che non combatteva, e quindi non poteva decidere. Con interventi a dispetto, da suocera offesa. Sedici ondate di sanzioni che l’hanno condotta all’inflazione e al ristagno economico, unica grande area nel mondo.
La cronaca di questi giorni è perfino alla Ridolini: vertici ad horas, nessuna decisione mai, e “minaccia” di mandare truppe – per fare una sfilata alla pace di Trump, dietro la banda?

Illustratissimo Gadda

Una chicca, per gaddiani e non solo. Un libro semplice nell’idea, Gadda attraverso le sue pubblicazioni, primi articoli, primi libri, lettere, soggetti, amicizie, refrattarietà…Bruno Sabelli, neo libraio antiquario di Bologna, esordisce nell’editoria con questo bellissimo volume di immagini. E  con i ghiribizzi del suo amico ingegnere-letterato Marco Bortolotti. Una serie inarrivabile di riproduzioni, di copertine, foto, autografi, fin dall’adolescenza dell’Ingegnere-Scrittore, e della memoria. Disegni, scarabocchi, edizioni le più variate, critiche, stroncature –anche molto pesanti, o autorevoli – per ogi angolo della vita, e dell’attività, di Gadda. Con piste letterarie dichiarate o scoperte, da detective.
Un tributo senza precedenti all’Ingegnere.
Mario Bortolotti- BrunoSabelli, Gadda in transito, Pendragon-Libri del Borgo, pp. 220, ill. €20