sabato 1 marzo 2025
Zelenky in uscita da eroe, Kiev verso l’unità nazionale
Non c’è Hitler e non c’è Monaco – la sconfitta senza combattere - nei media americani, benché generalmente ostili a Trump, dopo i rimproveri mossi ieri da Vance e Trump a Zelensky in diretta tv. Lo scontro viene presentato come un dietro le quinte delle discussioni politiche che solitamente si dicono “franche”. Esito del rifiuto di Zelensky di interinare un negoziato di pace condotto per l’Ucraina dagli Stati Uniti. Se non della decisone già maturata di una sua Grande Uscita, nel gergo teatrale, come l’eroe della resistenza anti-russa. Già prima della lite in tv a Kiev si parlava di un governo di unità nazionale. Senza un nuovo governo, dopo la lite in tv, è impossibile concludere anche solo un cessate-il-fuoco, il primo passo di un negoziato di pace.
I costi della giustizia
“L’Altravoce”, il
giornale di Alessandro Barbano, fa i conti della Giustizia: “L’Italia si
posiziona in Europa in una fascia intermedia, con una spesa pro capite di 112
euro, superiore a Francia (104 euro) e a Spagna (98)”. Che hanno una giustizia
più rapida ed efficiente. “Tra le principali voci di costo onorari (difensori
di ufficio, moltiplicati dai troppi immigrati sotto processo, n.d.r.) e
intercettazioni”- per il diletto dei cronisti giudiziari.
I casi di
“riparazione per ingiusta detenzione” si moltiplicano – è l’“equa riparazione”
per la detenzione ingiustamente subita prima dello svolgimento del processo e,
quindi, prima della sentenza. Si va da 150 mila a mezzo milione di euro per
caso. Le domande contro il carcere facile nel 2024 sono state 1.293, e in tre
casi su quattro sono state accettate.
Di più pesa il
risarcimento del danno derivato dalla lentezza dei processi, in vase alla legge
Pinto, del 2001. L’arretrato di questi risarcimenti, in carico al ministero
della Giustizia, ammonta a 300 milioni, dovuti in relazione a 62 mila casi
avallati in Corte d’Appello – un arretrato sui cui “si pagano interessi”
(Nordio).
Nel 2023 il. tempo
medio per una sentenza civile è stato di circa 2.655 giorni, oltre sette anni,
Il numero di cause civili pendenti è il più alto in Europa, 3,2 milioni. Vari
tentativi di accelerazione, da ultimo la riforma Cartabia, non incidono. È giustizia?
Lo strapotere dei giudici
Grandi titoli, molte pagine, e foto a
colori per l’anno giudiziario, la celebrazione, dei giudici. Reiterati ieri per i
mesti scioperi in alcune piazze d’Italia. Niente per l’anno giudiziario dei
penalisti. Sebbene abbiano molto da dire, e di molto peso. Lamentano infatti,
non da ora, da trent’anni almeno, che l’adozione del processo accusatorio è
stata monca: le accuse sanno tutto, le difese nulla, solo che lo che emerge
mano a mano nel dibattimento. Di che ridicolizzare i flash-mob
e le altre protesta dei giudici.
Nel processo accusatorio, di tipo anglosassone, tutte le parti in casa
sanno tutto e possono condurre indagini. Nel processo accusatorio “all’italiana”,
solo l’accusa gestisce le carte. È l’evidenza che fare il procuratore e fare il
giudice non è la stessa cosa, non dovrebbe. La Procura della Repubblica non è il
giudice istruttore, che avanza equanime, è un Carabiniere leguleio. Un generale,
con alle sue dipendenze le polizie, che non possono muovere un dito senza la
sua autorizzazione, e sotto il suo impulso. Con la guarentige del giudice – può
fare quello che gli pare.
Calabria terremotata, e sempre subordinata
Il titolo Galasso ha preso a prestito da Corrado
Alvaro, dal saggio-conferenza “La Calabria” al Lyceum di Firenze nel 1931. Non
una condanna, o un giudizio amaro. Un riferimento alla natura “terremotata” della
regione, alla storia antica e sempre subordinata, alle utopie dei secoli passati e ai rifiuti\disdegni
della storia recente.
Lo storico – che con gli studi sulla Calabria,
specialmente d’archivio, si è formato – ha riunito qui saggi, articoli,
interventi su personaggi e questioni a sfondo calabrese. Anzitutto su altri “scopritori”
della Calabria: il geografo Lucio Gambi e gli storici letterati calabresi Augusto
Placanica, e nell’Ottocento Vincenzo Padula.
Il saggio più lungo è una
storia-valutazione della riforma agraria degli anni 1950. Con annotazioni sull’emigrazione
– continua, da fine Ottocento. Sul 1799 – e il sanfedismo. Sull’unificazione
nel 1860.
Giuseppe Galasso, Calabria, paese e gente
difficile, Rubbettino, pp. 320 € 15
venerdì 28 febbraio 2025
L'America si è stancata di fare guerre
L’“Economist” oggi, quindi con qualche giorno
di anticipo sulla sceneggiata odierna a Washington fra Trump e Zelensky, condanna
il presidente americano come l’affossatore della potenza americana: l’editoriale
sostiene che Trump “renderà il mondo più pericoloso, e l’America più debole e
più povera”. Tutto il contrario cioè del suo proposito, fra dazi e spese militari
europee. Questa non è l’immagine invece che ne danno i media americani. Che Trump
ha tutti critici, ma in certo senso ammutoliti: come se temessero che Trump abbia
ragione. Che gli Stati Uniti non possono pagare, in uomini e armamenti, per
tutti. Con qualche affidamento, perfino, sulla decisa volontà anti-bellica che Trump
manifesta così platealmente - come se l’America si fosse stancata di fare
guerre.
La critica americana sui cinquanta giorni di Trump
non è sula politica estera – dazi e e paci imposte. È sull’accentramento dei
poteri. I media americani più di tutto discutono dove e se le iniziative a
scapito dell’autonomia di enti da sempre sganciati dall’esecutivo, dal potere
politico (il presidente ha il potere di nomina ma non di indirizzo), come la Federal
Reserve, la Securities and Exchange Commission, la Consumer Product Safety
Commission. Non vengono in dubbio le prerogative in materia di difesa, di sicurezza nazionale, da comandante in capo.
Se solo il fisco funzionasse
“Uccisa dal
marito, chieste le tasse sul risarcimento mai avuto”. Un errore? Sì, comune:
all’Agenzia delle Entrate funziona solo il software.
“Cartelle a 22
milioni di italiani”, a 22,8 milioni per l’esattezza, quasi 23, calcola la Cgia
di Mestre. Come a dire il fallimento dell’equità fiscale: l’Agenzia delle
Entrate non è in grado di
far pagare le
tasse. Se non a prezzo di 23 milioni di contenziosi, che non costano ai
presunti evasori – il costo è del ricorso, al resto ci pensa la giustizia.
E queste cartelle,
non saranno per pochi spiccioli – errori, ritardi, trascuratezze? No, il valore
delle cartelle non riscosse, il cosiddetto “magazzino fiscale”, tracima a 1.274
miliardi di euro, tre quinti di un anno di pil. Come se l’Italia avesse lavorato
un anno fino a Ferragosto per nulla.
Anche: col non
riscosso si poteva dimezzare – quasi – il debito, la grande palla al piede
dell’Italia fra tutti i paesi più ricchi. Liberare la finanza pubblica, dare un
indirizzo produttivo alla spesa, moltiplicare le risorse.
E pensare che il
problema è solo di gestione dell’Agenzia delle Entrate. Che è solo un occhiuto
cervello elettronico, bravo e incapace: sa tutto ma non sa riscuotere.
La liberazione del piacere femminile
“Mi
sono presi tutti i piaceri”, Modesta lo dichiara prima di cominciare - o del piacere come potere. Piccola capraia
indocile violentata dal padre dà fuoco alla casa, e il maresciallo la confida,
povera orfanella, alle suore. Sarà la beniamina della bella e nobile badessa, e
sua erede in caso di morte. La badessa muore veramente, spinta da Modesta?, e
le porte della magione principesca le si aprono. Questo nei primi due episodi, tra
autoerotismi e toccamenti saffici. Molto di più si dovrebbe vedere nei prossimi
quattro della serie.
Una professione di femminismo,
una sorta di manifesto, come usava negli
anni in cui Sapienza concepì la storia – usavano “manifesti” di castrazione maschile,
etc. Golino segue il romanzo,
ma con una punta di perfidia, quasi sadica.
Una
storia difficile, scritta e riscritta da Goliarda Sapienza negli anni 1960-1970,
per una dozzina d’anni, pubblicata postuma, a metà degli anni 1990, in edizioni ridotte e praticamente alla macchia - da Stampa Alternativa, che non aveva distribuzione. Ritornata
in Italia una quindicina d’anni dopo, dopo la traduzione e il successo in
tedesco. Il femminismo sboccato della favola, in un convento di suore, e poi in una serie di inimmaginabili trasgressioni, ne ha a
lungo pregiudicato la diffusione – tra i rifiuti c’è pure quello Feltrinelli. Il volumone Einaudi con cui si propone la rivalutazione della scrittrice non comprende questo racconto.
Valeria
Golino, L’arte della gioia, Sky Cinema
giovedì 27 febbraio 2025
Cronache dell’altro mondo – militari (332)
La Difesa è la montagna che Trump
vuole in qualche maniera ridurre.
La spesa militare americana è superiore
alla somma dei nove paesi più armati, dopo gli stessi Stati Uniti. In ordine di
grandezza della spesa: Cina, Russia, India, Arabia Saudita, Regno Unito,
Germania, Francia, Corea del Sud, Giappone. Pari a quella degli
undici\dodicesimi, mettendo nel conto Ucraina (dato 2022) e Italia.
La spesa militare annua è pari, coincidenza, al
disavanzo commerciale, nel 2024 di 926 miliardi di dollari - poco meno di un
terzo con la Cina.
Cronache dell’altro mondo – ucraine (331)
Se Zelensky è un dittatore, l’America
dibatte la penultima uscita di Trump, alla vigilia dell’incontro, “forse”.
Già in autunno la gente a Kyiv si
manifestava stanca dell’approccio “uccidici lentamente” di Biden alla guerra.
Trump invece ha scelto di rovesciare il tavolo.
Le abilità spionistiche di Roman Chervinsky
sono state unfattore decisivo nella difesa nazionale ucraina. Perché dunque è agli arresti domiciliari a
Kyiv?
Chervinsky sarebbe la mente e l’organizzatore
del sabotaggio delle condotte del gas russo-tedesche Nord Stream il 26
settembre nel 2022. Lui nega. Ma è agli arresti e non si sa perché.
Non è il primo dei militari di alto grado
“silurato” da Zelensky - secondo la vecchia terminologia sovietica.
(“The New Yorker”)
E adesso povero Elkann 6 – alla svendita
Si riprende
un po’ – diminuisce meno – il mercato dell’auto a gennaio: - 2,1 per cento rispetto
a gennaio 2024. Ma alcuni marchi aumentano le vendite, Renault e Volkswagen.
Peggio va Stellantis, molto peggio, più di tutti, meno 16 per cento. Senza una
gestione da alcuni mesi. Mentre comincia lo smantellamento di Mirafiori, un
secolo di storia dell’automobile.
Un crollo confermato
dai conti del gruppo. Ricavi in calo dell’11 per cento, utili del 70. Elkann salva
naturalmente il dividendo: lo dimezza, ma se lo paga. E in più fa alcuni
miliardi per la Famiglia vendendosi una quota della supervalutata Ferrari.
Comincia lo
spolpamento anche di Ferrari? Il tutto lo stesso giorno in cui la sua Juventus perde
ogni residuo di dignità, e di trofei, contro una squadretta – una (quasi) di serie
B, che era andata allo scontro rassegnata a perdere, tutta di riserve, ragazzi
di vent’anni.
La chiesa alla ricerca di sé
Nell’età
dei mass-media non solo il cerimoniale e la comunicazione, anche la funzione
papale si è trasformata. Il papa non si limita a gestire la curia – non ne è pigioniero –
ma ha immediato personale contatto con tutte le realtà, religiose e non. A
partire da Giovanni XXIII, che nel 1958 ha convenuto il mondo a Roma per il
Concilio Vaticano II. Il successore, Paolo VI, è stato a Bombay, Gerusalemme,
New York, Bogotà. Giovanni Paolo II in tutto il mondo.
Elie,
professore alla Georgetown University a Washington, comincia con un aneddoto.
Il 13 dicembre 1931 il “New York Times” riportava da Roma che il papa Pio XI
aveva cancellato l’udienza accordata a Gandhi, “il leader nazionalista
indiano”, perché temeva di essere criticato “se riceveva il visitatore nel suo
solito sciatto abbigliamento”. Lo scorso dicembre, continua Elie, lo stesso giornale
pubblicava un estratto dell’autobiografia del papa Francesco intitolato “C’è
fede nello humour” sulle barzellette raccontate dai e sui preti, per dire che
che non ci sono soltanto “preti tristi, amareggiati”.
È
cambiata anche la lingua. Sono cambiati i riti, e la liturgia. Sono cambiate
tutte le funzioni religiose per I fedeli, battesimi, comunioni, matrimoni. Ma la chiesa, questo il succo della riflessione, non ha ancofra trovato un modo di
essere. Conoscibile, adottabile, comune ai fedeli. Va per tentativi. Che è un
paradosso: un’istituzione magisteriale che si cerca.
Paul
Elie, The Pope’s Role has changed in our time. But has the Church?, “The
New Yorker”
mercoledì 26 febbraio 2025
Ombre - 763
Fantastico
a Istanbul. Mourinho, ora allenatore del Fenerbahce, a fine stracittadina col
Galatasaray – una sorta di Roma-Lazio, o Milan-Inter – dichiara: “Voglio ringraziare
l’arbitro. Dopo un clamoroso tuffo al primo minuto sulla loro panchina stavano
già saltando come scimmie e se ci fosse stato un arbitro turco il mio giocatore
sarebbe stato subito ammonito”. Un putiferio: Mourinho razzista, al patibolo.
Bisogna dire : “Saltavano come galline”, o anche le galline sono verboten? Anche in Turchia, patria come si sa dei diritti umani e civili?
Per
inciso, il Galatasaray è sotto accusa per controllare federazione e arbitri –
per il derby era stato chiamato un arbitro sloveno.
Difesa,
debito, si fa in Italia come se Merz, il nuovo cancelliere, facesse una
rivoluzione, anzi l’avesse già fatta. Lui va veloce, sembra, perché è un
avvocato d’affari e non un politico, ma il voto di domenica va in senso contrario:
non grandi spese militari, più spese sull’economia. In più dovrà trattare con
gli Stati Uniti di Trump l’ombrello difensivo americano – la continuazione dell’impegno,
che a 35 anni dal crollo dell’Urss gli Stati Uniti non vogliono più pagare.
Fra
gli elettori più giovani in Germania, 18-24 anni, il primo partito è Die Linke,
24 per cento delle preferenze, il secondo l’Afd, 21 per cento. L’estrema destra
è arrivata prima fino ai 69nni, con percentuali a scendere: 23 per cento tra i
25 e i 34 anni, tre punti in più, 26 per cento, tra 35 e i 44, poi il 21 per
cento tra i 45 e i 59, e il 19 tra i 60 a i 69. Solo tra gli over 70 scende al
10 per cento.
Si
sono recuperati 33,4 miliardi di evasione fiscale nel 2024. In un anno in cui
il fisco ha incassato “regolarmente” 587 miliardi, cifra record, ben 43 in più
rispetto al 223 – 160 in più rispetto alle tasse percepite nel 2019, l’anno
prima del covid. Si paga molto, e si può anche far pagare chi non vuole, l’evasione
non è invincibile – solo è conveniente, quando le tasse sono alte, vale il
rischio.
A
qualche settimana dal rimprovero solenne del vice-presidente americano Vance,
libertario integralista, ancorché di destra, alll’Europa, rea di delitti contro
la libertà, non una voce dall’Europa in risposta. Anche solo di contestazione,
di critica. Piove sul bagnato.
Bassa
crescita delle economie, soprattutto in Europa, e borse stellari, soprattutto
in Europa. Soprattuto in Italia, per il “risiko” bancario, di banche che
comprano banche, tre m&a multimiliardari
in pochi giorni. Ma per farne che? Il gioco delle rivalutazioni, e dei superdividendi
grazie alle supervalutazioni, non ha sostanza e non può durare. Qualche allarma?
Qualche critica?
“Putin
negozia con gli Usa ma il pacchetto di controllo delle sanzioni è in mani
europee”, titolo (involontariamente) satirico del “Sole 24 Ore”. Perché ancora
non si è capito, benché evidente, dopo tre anni, il disaccoppiamento tra Stati
Uniti e Europa nella guerra. Con gli Usa
che forniscono gli armamenti comunque destinati alla sostituzione (adesso li
hanno finiti), e l’Europa che si automutila con sanzioni boomerang – e continua
a decretarne anche se Trump ha deciso la pace.
Nello
stesso articolo il giornale spiega che le sanzioni europee hanno fatto solo
bau-bau a Putin.
“Industria
in calo da 23 mesi, ora cambiare rotta”, il presidente di Confindustria Orsini.
Senza mai dire che, oltre al rallentamento indotto dalla Germania, il maggior partner
industriale, l’Italia paga la malagestione di Fiat nel gruppo Stellantis – dalla
filiera automobilistica dipende ancora l’ossatura degli indici industriali. La lamentela
è giusto un avviso al governo, che sganci qualche “provvidenza”.
L’Europa
continua a rispondere a Trump accusandolo di fascismo, per il saluto romano di Elon
Musk, poi smentito, e di Steve Bannon, poi smentito. Non sa fare un altro passo
dopo il 1945 – antifascista è pure l’estrema destra francese, ed è tutto dire.
Curiosamente,
non c’è eco di questa bagarre nei
media americani, pure furiosamente anti Trump, Musk, Bannon.
L’America
era, un secolo fa, il paese meglio “organizzato” per il socialismo: una classe operaia
forte e compatta, e una concentrazione forsennata della ricchezza. È diventata
avamposto dell’anti-socialismo. Era anche disponibile al fascismo, al governo e
in privato - Ford in testa, e Lindbergh, il trasvolatore eroico. Ma poi l’ha distrutto con una guerra costosissima
guerra.
Al
vice-ministro Delmastro, che ai giudici che lo hanno condannato (alle giudici)
imputa pregiudiziali politiche, “Il Fatto
Quotidiano” obietta che anche il Pubbico Ministero che lo voleva invece assolto
è di sinistra. Semplice, no – la politica dei cronisti giudiziari è molto semplice?
Ma non sanno che cos’è la giustizia politica.
Capita
di assistere su Sky, pagando, a partite disastrose, l’una dopo l’altra, di un
club molto titolato, anche per la proprietà, Angelli-Elkann. Trattato però con
deferenza dai giornalisti e le testate sportive. Anzi con apprezzamenti per l’allenatore Motta
e il direttore sortivo Giuntoli. Hanno il miele?
Questo
Giuntoli è uno che compra a caro prezzo e svende per niente, specie i vecchi
stagionati e i campioni giovani. Con grosse provvigioni ai mediatori.
La
Procura di Roma manda a processo il Napoli - del direttore sportivo Giuntoli, ora
alla Juventus – per truffa sulle plusvalenze, sui calciatori Manolas e Osimhen.
La giustizia sportiva non ci aveva fatto caso –l’avvocato Chinè un solo occhio
ha, contro la Juventus (che lui pensa
sia ancora di Agnelli), per giustificare lo stipendio. Ma è una cosa seria?
(Non)
si condanna Sinner per una sostanza dopante contenuta in una pomata da 10 euro.
Fermandolo per “soli tre mesi”, pur dichiarandolo innocente. Dopo un ano, o
poco meno, di pettegolezzi, indiscrezioni, sospetti, odi. In Europa – il pettegolezzo
made in Italy ha “conquistato” l’Europa (l’America è stranamente fuori in questa
stagione dalla fiera tennistica).
“Berlusconi
vuole morire dem” era un post su questo sito il 24 luglio 2014. Inevitabile il
richiamo alla lettura delle riflessioni che
la figlia Marina confida alla “Stampa” – non potendo\volendo sbarcare direttamente
su “la Repubblica”, la voce del Pd?
Ci
sta anche un matrimonio fra dinastie – in fondo anche Elkann è per metà nuovo arrivato.
Politico naturalmente. E questo è tutto, altra politica non c’è.
Oh
sì? Dopo Marina Berlusconi, che fa il piedino al Pd, l’ex fidanzata napoletana
del babbo, che bastona Santanché. Ma, poi, nell’ordine delle cose, di una certa
politica - come restare sempre in vetrina.
Giallo tv
La
vedette “della Grande Fabbrica della
Merda, la Grande Tivù Commerciale”, Flora de Pisis, viene rapita. Da due anime pure, devote alla
memoria di Robert Desnos, poeta surrealista,
con supporto di Guy Debord. Che come riscatto chiedono un’ora a reti unificate della
stessa Grande Fabbrica, senza trucchi editoriali (finta tv dal vero) e senza pubblicità. Gli investigatori, che dovrebbero salvare la rapita, la odiano - loro sono tra i belli-e-buoni della repubblica, devoti di Bob Dylan: "Entrambi hanno coltivato per anni uno schietto, cristallino, acuminato odio per Flora de Pisis e per ciò che rappresenta. Il cinismo, la falsità, il calcolo".
Una
striscia del “Male” – nel mirino la tv di Maria De Filippi - allungata per 300 pagine. Anzi no, di “Cuore”, inserto satirico
di partito. Sembra, 30 o 40 anni dopo, la dialettica veltroniana dei referendum
contro “l’interruzione di un’emozione”. Nel 2021, dopo il covid? Dopo gli
innumerevoli salti mortali di Veltroni? Però, un omaggio a Desnos, non se lo sarebbe mai immaginato, tanto è surreale.
Alessandro
Robecchi, Flora, Sellerio, pp. 286 €
15
martedì 25 febbraio 2025
Occidente al decoupling
Col voto all’Onu sull’Ucraina si è
sancito giuridicamente un fatto: la divisione dell’Occidente. Col Trump 1, con
Biden, e ora co Trump 2: gli Stati Uniti fanno per sé, l’Europa si arrangi.
Si produce, sul piano politico e
militare oltre che economico, una sorta di decoupling
dell’Occidente, come si dice
dell’interruzione da tempo in atto delle “catene di valore” con la Cina. Un decoupling economico, ma anche militare
e diplomatico.
Gli Stati Uniti rivivono la frenesia
degli anni 1980, di Reagan, quando sembrava (loro) che il Giappone rubasse la supremazia tecnologica
e industriale, quindi economica. Seguirono sbarramenti di tutti i tipi – finché
il Giappone non entrò in una stagnazione economica (la minaccia ora sulla Cina)
di ben trent’anni. Ora l’obiettivo è la
Cina, ma con una mobilitazione allargata agli europei. Che sembra in
controtendenza al decoupling occidentale.
Ma la mobilitazione si accompagna alla
minaccia: dall’Europa si pretendono conti economici in parità, tra dare e
avere.
Non è la sola frattura: la difesa ne comporta
forse di maggiori. Per quanto concerne il finanziamento e l’armamento. E l’impegno
militare (forse e mezzi) effettivo. Gli europei continuano a pensare la Nato
un’alleanza americana, come era al tempo della guerra fredda. Che però è
remota. L’ottica oggi è che gli Europei pensino alla loro propria difesa, sia
pure in ambito Nato. L’Europa non ci è preparata e non vede come – una “forza
di dissuasione” europea in Ucraina sembra ridicola in America (cerimoniale) e
lo è. Ma gli Stati Uniti hanno fretta.
Il silenzio dell’Ucraina
Spicca il silenzio dell’Ucraina, della
popolazione, delle città, mentre si moltiplicano per i tre anni della guerra
incontri e polemiche fuori del paese, in Europa, in America, all’Onu. Il presidente
Zelensky non sarà al 4 per cento della popolarità come dice Trump, che lo vuole anche dittatore e attore mediocre, ma
non c’è entusiasmo, non c’è mai stato, per questa guerra, solo rassegnazione.Tre anni che hanno visto centinaia di
giornalisti in Ucraina, ogni giorno indaffarati in lunghi articoli sulle
operazioni di guerra cui non assistevano, e sulla diplomazia attorno alla guerra,
abominazioni, sanzioni, ma niente o poco (solo quache inviato americano)
interessati alla popolazione.
Il silenzio degli ucraini è assordante
– l’ossimoro è inevitabile. Parla Zelensky e nessun altro –giusto qualche
letterato, che ha scoperto infine l’ucraino invece del russo (ucraino che si
differenzia dal russo per la pronuncia). Tacciono gli altri politici, parla
solo Zelensky, capocomico e prim’attore anche in guerra. Ogni giorno e più
volte al giorno ma solo lui. E questo rende il silenzio generale tanto più
cupo. Capi militari e ministri sono stati allontanati, ma senza una ragione.
Molte le rimozioni per corruzione, di cui poi non si sa l’esito o la
fondatezza.
La guerra del resto è scoppiata per un
motivo non tanto popolare: eliminare l’elemento russo dall’Ucraina. Se il
revanscismo nazionale contro l’impero russo è comprensibile, arriva però dopo
due secoli e mezzo, quasi tre. Quando è praticamente impossibile sradicare l’elemento
russo. Comunque inaccettabile, al di fuori di una mentalità tribale – che non è
degli ucraini, non dei pochi che parlano. Si vede in Palestina, dove Israele,
per quanto potente, ha difficoltà ancora dopo ottant’anni a sradicare i vecchi abitanti.
Nei paesi baltici lo sradicamento dell’elemento
russo, lingua e persone, è stato accettato poiché si trattava di numeri non
grandi. Mentre in Ucraina si tratta – si tratterebbe – di milioni di persone.
Quanti non si sa, perché le statistiche demografiche dell’Ucraina ballano: si
va dai 43 milioni delle statistiche ufficiali anteguerra ai 32 milioni
dell’Istituto demografico dell’Accademia delle Scienze. Si sa comunque che i
russi sono sui dieci milioni, cifra che nessuno discute. In un quadro, anche
questo non discusso, di incredibile crollo demografico dopo il crollo dell'Urss,
dai 52 milioni accertati del 1993.
Ma poi, soprattutto, quanti ucraini
vogliono i missili atomici Nato contro la Russia?
E adesso, povera Germania
Parte con l’acceleratore il cancelliere
in petto Merz, com’è giusto avendo
vinto le elezioni. Che però non ha vinto come si aspettava, al 32, anche al 34
per cento, solo al 28 e mezzo - il secondo peggior risultato in tre quarti di secolo. E non ha altro governo possibile se non con i
socialdemocratici, in crisi, di voti e di idee. Non solo: per allentare il
vincolo costituzionale all’indebitamento è costretto a premere sul Bundestag
uscente, ancora in carica per quattro settimane, dove avrebbe la maggioranza
necessaria alla modifica della costituzione, mentre nel nuovo non ce l’avrà. Questo
è già un limite alla spesa pubblica necessaria per il rilancio
dell’economia, e per la difesa. Sono due anni che la Germania è in recessione, e non può durare - licenziano tutti, Volkswagen, Bosch, Continental, ognuno decine di migliaia di dipendenti.
Sarà Merz costretto a una nuova forma
di indebitamento europeo, analogo a quello post-covid, NextGenerationEU e Pnrr?
È contro il suo impegno elettorale. E sarebbe ridicolo, per rilanciare
l’economia in Germania, vestale della parsimonia finanziaria (della sudditanza
europea in materia di capitali, in verità, ma questo non si può dire – Draghi
l’ha fatto e nessuno se lo fila).
E poi c’è la guerra: il voto giovanile
è stato contro, di destra e di sinistra. Anzi, il voto fino ai 44 anni,
comprese le classi di età 25-34 e 35-44. In queste fasce a destra prevalentemente,
uno su tre.A Berlino due voti su quattro, anziani compresi, è contro da
sinistra. Il voto complessivo contro la guerra (Afd, Linke, Sahra Wagenknecht) è
al 35 per cento.
Con la guerra va la difesa, nodo
ancorta più intricato. L’America da telmpo vuole rivedere gli assetti Nato. Non
si arriverà al punto che la Germania rinunci all’ombrello nucleare americano,
il pilastro della Repubblica Federale – né che Trump glielo tolga. Ma che la
Germania si assuma gli oneri finanziari della protezione americana questo sì, è
scommessa facile con Trump. Un altro capo di spesa.
Ruby a Palermo nel Settecento, con i preti pedofili
Si ripubblica “La rivoluzione della luna” in una bella
riedizione come omaggio a Camilleri per i cento anni della nascita, e come un
omaggio camilleriano al potere femminile in chiave femminista, del buon potere,
per quanto casuale – la nuova presentazione è di Chiara Valerio. Camilleri
soleva da ultimo raccontare (sceneggiare) l’attualità. Qui mescola il “caso
Ruby” e la pedofilia tra i preti con un caso fortuito, una magistratura
femminile nella Palermo del 1677, “un governatore donna”, per quanto per poco
tempo.
Questa la recensione alla prima pubblicazione, nel
2013:
“Le olgettine a Palermo,
in veste di orfanelle, con Ruby. C’è pure Lele Mora. E un Emilio Fede che
decide di vendicarsi collaborando. Meno convincente la Procuratrice, Eleonora
di Mora, che è bella oltre che cattiva.
“Donna Eleonora è storia,
fece la giustizia a Palermo per quattro settimane nel 1677 dopo la morte del
viceré suo marito, fino all’arrivo del nuovo viceré spagnolo. Nella
seconda parte Ruby cede i posto alla pedofilia. A opera dell’arcivescovo.
Un’altra vicenda politicamente corretta. Ma, senza riferimenti d’obbligo a
persone o fatti conosciuti, questa si legge (quasi) come Dostoevskij a quindici
anni, piena di ricatti e assassinii. Per il resto Camilleri si diverte.
Per trecento ripetitive pagine. E in dialetto, che qui “non ci azzecca”.
Anche Palermo, è tutta bordello.
La
recensione si chiudeva con questa nota: “Si divertono pure i suoi lettori; in vendita venerdì 8, per la festa delle donne, il prolisso racconto boccaccesco domenica era già solitario in testa alle classifiche-Questo è interessante”.
Andrea
Camilleri, La rivoluzione della luna, Sellerio, pp. 296 € 16
lunedì 24 febbraio 2025
La Germania è stufa
Per la prima volta nella storia della Repubblica Federale, quasi ottant’anni, la Germania ha votato per le estreme, di destra e di sinistra. A destra l’Afd ha raddoppiato in tre anni i voti, dal 10,4 al 20,7. A sinistra Linke-Sahra Wagenknecht li ha triplicati: dal 4,9 a13,6.
Uno su due degli elettori giovani
avrebbe votato per le estreme. È entrato in politica con un piede nella
contestazione dell’esistente.
L’esistente, la Cdu\Csu, la democrazia
cristiana tedesca, è passata dal 24.1 al 28,6 per cento. Ma i sondaggi prima
del voto la davano al 30,6. E nella campagna elettorale si accreditava di un 32
per cento, perfino di un 34.
Dei quasi dieci punti persi dai
socialdemocratici e dei tre dei Verdi si può presumere che abbiano beneficiato
Linke e Sahra Wagenknecht. Ma sicuramente c’è stato un travaso elettorale –
dieci punti sono tanti, sei milioni di elettori, i giovani neo-votanti non
bastano – dal Centro verso Afd.
Il voto si dice un trionfo per il neo
cancelliere Merz. In realtà non lo è. E pone un problema alla Cdu\Csu,
diventata semplice gestore attendista nei lunghi anni di Angela Merkel. Gli impongono,
da sinistra e da destra, un diverso atteggiamento nei confronti della Russia.
Con una politica decisa di riaprovvigionamento energetico a buon mercato, anche
a scapito della transizione verde e dell’ostilità contro la Russia. La crisi
economica in Germania vuole dire disoccupazione, e non è tollerabile – la
recessione dura ormai da due anni.
Le questione recessione-energia si
complica col problematico rapporto con l’America di Trump. La Germania Federale
ha delegato all’America la difesa di ultima istanza, l’ombrello nucleare – in
pratica la difesa. E qualcosa del vecchio assetto cambierà, anche se non si sa che.