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martedì 1 aprile 2025

Problemi di base daziari - 851

spock


“I microbi non pagano dazio e non s’arrestano alle frontiere”, Massimo Livi Bacci: e Trump?

“I dazi sono un atto di guerra”, Warren Buffett?

 

“Contro se stessi”, id.?

 

“E poi”, id. ?

 

O sono una furbata - il proverbiale “fare il furbo per non pagare dazio”?

 

Chi abbaia non morde?


spock@antiit.eu

Viricidi a Roma, nel Seicento

“Mogli avvelenatrici e mariti violenti nella Roma del Seicento” è il sottotitolo. Come dire una storia di “viricidi”. In esergo un “Le Donne sono state sempre un veleno della Natura!”, citazione dalla “Faustina”, il romanzo della figlia dell’imperatore Antonino Pio, del semi-dimenticato Antonio Lupis da Molfetta, attivo a Venezia nel Seicento. E subito dopo il bando pubblico: “Sabbato saranno impiccate in Campo di Fiore cinque donne artefici di veleno che uccideva senza darne verun segno”. Come nei casi di Poirot quattro secoli dopo. Il veleno era liquido, l’“acquetta”, una pozione non immediatamente letale, da somministrarsi a piccole dosi per più giorni.
Non un’epidemia. Un caso su cui la storica si è imbattuta in ricerche d’archivio, documentato dalle carte del processo, segreto. Di cui però dà il contesto. Con qualche precedente, che però non documenta un eccesso di avvelenamenti, né di venefici a opera di donne. Nella Francia medievale sono vittime degli avvelenamenti quasi sempre uomini, l’89 per cento. Ma tra gli autori dei venefici solo una su quattro è donna. “Nell’Inghilterra della prima età moderna”, Cinque-Seicento, “solo56 degli oltre 3.600 casi di omicidio presi a campione sono di avvelenamento”, e solo 34 ascritti a mano femminile. A Roma tra 1535 e 1630 il tribunale criminale esamina solo 29 casi di veneficio, su circa 3.500 procedimenti, di cui solo 11 vedono imputate donne, e per lo più in concorso con uomini.
Il caso qui documentato e raccontato si direbbe quindi unico. Ma poi un lungo capitolo intrattiene su “memoria e fortuna dell’acquetta!”. In tutta Europa, nell’immaginario e nella realtà. Benché il processo romano fosse stato segreto. Il “dopo” si direbbe, al contrario del “prima”, un’epidemia. Mentale e pratica. Una “Memoria” che è già un libro a parte, sulla formazione dell’opinione pubblica. E probabilmente sui tanti processi e le stragi di stregoneria, che imperverseranno oltralpe.
La ricostruzione del processo e della condanna è anche uno spaccato di Roma a metà Seicento. Della conformazione e la vita nella città. Specie nei ceti e gli ambienti popolari.
Una corposissima ricerca, con molti materiali d’archivio. Assortita da una bibliografia di 40 pagine.
Feci, specialista di storia delle donne in età modenra, Cinque-Seicento, specie a Roma, su “diritti e patrimoni”, su “linguaggi e politiche del diritto”, sulle strategie e pratiche di autodifesa, tratta la vicenda come una forma di autodifesa. Da mariti o avventurosi compagni violenti, e\o nullafacenti, e\o ubriaconi. Ma, poi, le donne sono state implicate, giudicate cioè colpevoli. La stessa storica dice l’acquetta “uno dei complotti tutti al femminile della storia”, anche se aggiunge “pochissimi”. Ma non era il secolo anche, come lei stessa ricorda, di Artemisia Gentileschi, di Cristina di Svezia, della Monaca di Monza? Cioè di una condizione femminile certamente svantaggiata ma non repressa - non una situazione da donne velate.
Simona Feci, L’acquetta di Giulia, Viella, p, 366 € 28

lunedì 31 marzo 2025

Secondi pensieri - 557

zeulig

Ambizione - “È solo i moribondi che sono liberi dall’ambizione”, Graham Greene fa dire al suo personaggio Dreuther, ricco, potente e svagato, in “Loser takes all”: “E loro probabilmente hanno l’ambizione di vivere. Alcuni mascherano la loro ambizione - e questo è tutto”.

Democrazia - È verità - le procedure (voto, rappresentazione, istituzioni) vengono dopo, tutte buone e cattive.

 
Digitale - “Una specie di Stato fallito” lo dice Giuliano da Empoli parlando con Stefano Montefiori del suo libro “L’heure des prédateurs” su “La Lettura”, “con dinamiche simili ovunque, dagli Stati Uniti alla Corea del Sud alla Nigeria.”
Di Stato fallito nel senso del disordine organizzato: “Non è il mondo reale, democratico, che colonizza lo spazio digitale. Accade il contrario: è la Somalia digitale, con le sue logiche, le sue dinamiche, i suoi personaggi, a conzionare il mondo reale”.
Il problema è quel “reale”: non è più reale il digitale, più dello “Stato democratico”, cioè autocratico (burocratico)?
 
Eugenetica - È in essa che s’inquadra l’eutanasia: la buona morte nella buona razza. L’avviso cinque anni fa della Siaaarti, la società italiana degli anestesisti, di fare posto negli ospedali ai più forti prima che ai più deboli, minimizzato e anzi occultato in Italia, è stato ripreso in grande dai media Usa, dove è forte la teoria (e forse la pratica) della “buona morte”, o “morte misericordiosa”, in greco eutanasia: la morte con una spintarella, medica. Nella tradizione eugenistica, ormai secolare, della purezza della razza. Opera dell’avvocato Madison Grant, che la teorizzò in “The passing of the Great Race” - non di una corsa, automobilistica o podistica, ma della “razza grande”, nordica – nel 1916, e la mise in pratica promuovendo una serie di leggi: per l’immigrazione negli Usa, restrittiva per i latini, gli slavi e gli asiatici neri; contro la misgenation, i matrimoni interraziali; e per la “morte misericordiosa” dei poveri. Con l’amico e socio Theodor Roosevelt, poi presidente Progressista e Nobel per la pace, col quale fondò nel 1895 la New York Zoological Society, al fine di bloccare l’emigrazione dall’Est e Sud Europa e sterilizzare gli immigrati da quelle zone: italiani, iberici, balcanici.
Il blocco divenne legge, e la sterilizzazione fu libera fino a tutti gli anni Venti, fino a che la Depressione non la rese onerosa. La sterilizzazione dei poveri fu invece coatta e si praticò su larga scala, diecimila casi nella sola California. Il giudice Oliver Wendell Holmes jr., pilastro del liberalismo americano, e per trent’anni della Corte Suprema, fino ai suoi novant’anni, la autorizzò nel 1927, quando di anni ne aveva 86, anche per i “mentalmente disabili”. Bisogna temere i vecchi?
Le leggi americane in tema di immigrazione, razze, procreazione e “buona morte” furono studiate da Hitler, prima di varare le leggi razziali di Norimberga, contro gli ebrei e altre minoranze, e la legge denominata Aktion T 4, per l’eliminazione “indolore” dei minorati, fisici e mentali. Molto “Mein Kampf” si rifà esplicitamente a “The passing of the Great Race”.
Nell’autunno del 1935, dopo l’emanazione delle leggi di Norimberga, una delegazione tedesca di 45 professori di diritto sbarcò a New York per approfondire le leggi selettive americane, accolta con grandi onori. 
Una eco della crociata e delle leggi eugenetiche in tema d
’immigrazione si ha oggi nella proposta Trump di favorire l’immigrazione negli Usa dei bianchi del Sudafrica.

Nazione È la stirpe? Più diffusa, dacché rientra nel nazionalismo, quindi ormai da due secoli e qualche anno, dalla “rivoluzione” napoleonica contro gli Stati dinastici, è quella che si costruisce storicamente. Alexandre Koyrè ne sintetizza due elementi ricorrenti (“La quinta colonna”, p. 19 n. 8): “L’unità nazionale emerge dall’unità dinastica e la sostituisce; oppure si oppone all’unità dinastica e finisce per distruggerla; i legami religiosi rimangono e rafforzano o, al contrario, indeboliscono il legame nazionale - una minoranza religiosa è sempre sospetta”.

Ma, di fatto, passando cioè sopra all’ideologia della nazione stessa, o della liberazione napoleonica, non si sa - è discutibile - se ha fatto più per la nazione, per la liberazione dei popoli, il nazionalismo, p.es. i “primati” ottocenteschi, dell’Italia, della Germania, delle tante tribù slave, oppure il concetto monarchico, del re protettore dei suoi sudditi, della loro vita, della sopravvivenza, della libertà. P. es. nelle guerre di Giovanna d’Arco, della resistenza francese con l’occupazione inglese. O dello zar  di Russia contro Napoleone.


Storia - Si contesta alla commissione incaricata dell’adeguamento dei programmi scolastici di avere aperto le sue proposte con la frase: “Solo l’Occidente conosce la storia”. Con l’obiezione semplice, quasi ovvia, che è un’affermazione d’ignoranza (e l’India allora, e la Cina, e gli Inca e gli Aztechi, e il mondo intero?). Ma senza distinguere fra storia come eventi e storia come storiografia - ricostruzione e analisi (ragionamento) degli eventi. È possibile?

Non tutte le contestazioni sono “politiche” (tra destra e sinistra, conservatori e progressisti, e altre categorie giornalistiche), ci sono delle critiche anche “pensose”. Quindi abbiamo già smarrito anche questa, pur così semplice, fondamentale distinzione?


Verità - Si dice negli atti giudiziari “la verità a verbale”. La verità cioè evade nel segreto, è il segreto non segreto dei Carabinieri - dell’Autorità, o comunque di chi la “accerta”. È cioè un invito (un’apertura) alla rivolta, alla contestazione dell’Autorità.
 
Tradire è allora possibile, non solo rivoltarsi. Come lo è (stato) essere traditi, dai Carabinieri. E così lo spergiuro: è l’effetto della verità, che non vuole concorrenti.
Ma non necessario, molti si divertono senza malanimo, per superficialità o superbia.
Diverso è se si muore. La verità deve andare oltre la vita.

zeulig@antiit.eu



La guerra per il Canada e gli altri allargamenti Usa

Si accredita il Trump imperialista, che “vuole”, per ora, il Canada, la Groenlandia e Panama come unamerican, contrario alla tradizione americana. E invece le acquisizioni, per denaro o come semplici annessioni, sono ciò che connota gli Stati Uniti nella storia, degli Stati e anche degli imperi - compreso l’impero romano sul quale i padri della patria americana intesero conformare il Paese.
Il primo passo fu l’acquisto della Louisiana dalla Francia, nel 1803. L’ultimo l’acquisto dell’Alaska, dalla Russia, nel 1867 (per 7,1 milioni di dollari, che oggi ne varrebbero 120).
La Louisiana del 1803 non era lo stato di oggi, ma poco meno di un terzo degli attuali Stati Uniti, a sinistra del Mississippi, degli Stati Uniti originari, dal golfo (ex?) del Messico su fino al Canada. Lasciando fuori la Florida un alto, dall’altro i cosiddetti “territori spagnoli”, praticamente un altro terzo degli Usa oggi, con gli attuali Texas, Nuovo Messico, Arizona, Colorado, Utah, Nevada, California. Per sapere che cosa aveva comprato, il governo americano organizzò una grossa spedizione di scoperta, la Lewis e Clark,1804-1806 - una spedizione in pieno stile coloniale, con gente capace di leggere i quadranti, gente capace d’intendere le lingue locali, gente in contato con altra gente un po’ più avanti (le guide). La spedizione viene ritenuta ora l’atto di avvio della “corsa al West”.
La Florida è stata annessa poco dopo, nel 1812, ufficialmente per far fronte alle incursioni che da quel territorio gli indiani effettuavano negli Stati Uniti. Nello stesso anno si fece guerra all’Inghilterra per il Canada. In questo caso l’Inghilterra poté resistere, grazie alla flotta, e nel 1818 si fece un accordo per definire il confine al 49mo parallelo. Ma gli Stati Uniti continuarono ad allargarsi, anche con la forza, e sottrassero al Canada l’attuale Nord-Ovest, gli stati Oregon e Washington - acquisiti formalmente nel 1846. Altri tentativi - infruttuosi - di annessione del Canada si ebbero dopo la guerra civile, tra il 1865 e il 1870.
L’acquisizione dei “territori spagnoli” fu fatta a pezzi e bocconi nella prima metà dell’Ottocento fa fatta senza pagare. Con incursioni di bande armate, con l’introduzione di coloni, con la “difesa” dalle ostilità locali, degli indiani. Per il Texas si dovette fare una guerra contro il Messico, conclusa nel 1845.
Nella guerra di Fine Secolo contro la Spagna, la splendid little war del 1898, avviata in seguito all’affondamento a Cuba della corazzata in semi-disarmo “Maine” - un affondamento misterioso, forse un autoaffondamento - gli Stati Uniti si presero Guam e Porto Rico, insieme con Cuba e le Filippine. Un’ondata di rivalsa si suscitò in America “Remember the Maine! To Hell with Spain!”, che portò alla “splendida piccola guerra” contro la Spagna. Cuba si proclamò indipendente - ma fino al 1958 sotto protettorato americano informale. Le Filippine resistettero variamente, e nel 1946 ebbero riconosciuta dagli Stati Uniti l’indipendenza. Lo stesso anno le Hawaii, su cui gli Stati Uniti esercitavano da vent’anni il protettorato politico-militare, si offersero a Washington, come territorio americano - Pearl Harbour, che portò gli Stati Uniti alla guerra nel 1941, è nelle Hawaii.
George Washington vedeva i futuri Stati Uniti come “la creazione di un impero”. E subito dopo la nascista, il liberale Jefferson ne auspicava l’allargamento in quanto “impero della libertà”. 

C'è affarismo in America

L’America di Trump un secolo e mezzo fa? O è l’America di sempre? Ciclica naturalmente, con alti e bassi e deviazioni, come tutto, con aperture e chiusure, generosa e truce, onesta e corrotta, puritana e svergognata, democratica e non. Però, questo sì, sempre America dal destino speciale, non uno fra i tanti. Un po’ missionaria si direbbe - anche nel faceto Twain, di questo e altri libri.
“The Gilded Age” è il titolo, l’età dell’oro, ma non nel senso classico, dell’eden, in quello proprio, del materiale, della ricchezza. Un romanzo che ha dato il nome a un’epoca, gli anni 1870, che si sarebbero meglio detti in America della Ricostruzione, poiché successivi alla guerra civile, ma furono invece anni di corsa all’arricchimento facile e di corruzione. Gli anni delle due presidenze di Ulysses Grant (1869-1877), dell’affarismo, della corruzione politica, della “conquista del West”, violenta - lo stesso Twain, fra i tanti mestieri, aveva fatto anche il cercatore d’oro. Già sanzionata dal padre riconosciuto della patria poetica Walt Whitman, e successivamente da altro poeta celebrato, James Russell Lowell, nella “Ode al Quattro Luglio”.
Nel 1871 Whitman, già cantore dell’American Dream, del sogno americano o dell’innocenza, della natura e della purezza di spirito, aveva sporto denuncia con grande violenza verbale in quello che è considerato uno dei primi saggi moderni di politica comparata, “Visioni democratiche”.  Già contro il “partitismo”, contro cui si eserciterà la scienza politica di metà Novecento, “i partiti che usurpano il governo, selvaggi e voraci”. E contro il materialismo: “Non c’è mai stato qui, forse, più vuoto al cuore di oggi, qui negli Stati Uniti. I sentimenti genuini sembrano averci abbandonato”. Un appello ad “abbandonare i partiti; sono stati utili” ma “con viene non sottomettersi ai loro dittatori”. Contro l’affarismo si formò pure un partito, dei Riformatori Liberali, un partito d’opinione, e aristocratico, della deriva facendo carico alla politica di massa, cioè, in sostanza, all’egualitarismo, ma non isolato.
Il romanzo è molto altro, ma è soprattutto questo. È il primo romanzo di Mark Twain, scritto in tre mesi, così si vuole, e subito pubblicato. Tutto nel 1873. Scritto con l’amico Warren, giornalista introdotto e saggista, di famiglia puritana. Si finge scritto dai due amici su istigazione delle mogli, stanche delle loro lamentele sullo stato delle lettere in America: “Scrivetevelo da voi, il libro buono!” E tratta di molte cose: le famiglie, le “stranezze” femminili, la corsa al West. In una sorta di frenesia del fare, senza sentimenti morali - tanto più per il puritano Warner?
È un romanzo umoristico, quindi troppo lungo. Ma oggi risuona quasi contemporaneo.
Era uno dei vecchi volumoni Casini, curato da Luigi Berti, il dimenticato scrittore e poeta elbano, sodale di Luzi, Landolfi, Macri, negli ultimi sprazzi di Firenze, e di Quasimodo, traduttore importante di Dylan Thomas, Melville, Robert Penn Warren.
Mark Twain- Charles Dudley Warner, L’età dell’oro, Mattioli 1885, pp. 560 € 16
Elliot, kindle, pp. 670 € 9
Casini, pp. XII- 678 € 10,38

domenica 30 marzo 2025

Dazi e destre, rieccoli

Si ritorna a dazi e contingenti come un secolo fa, poco meno, a partire dal crac del 1929 e dalla Grande Depressione. E ai regimi autoritari, quanto meno di destra. Il crac economico, come sempre, a partire dagli Stati Uniti, dall’economia “libera”. L’autoritarismo in questo caso anch’esso americano, ma di origine, natura e diffusione più europea.
Negli anni 1930 erano una ventina i regini autoritari in Europa, sulla traccia aperta dal fascismo - o dalla rivoluzione bolscevica. Italia e Germania naturalmente, e Portogallo e Spagna, e Austria, Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), Polonia, Balcani (Ungheria, Jugoslavia, Albania, Romania, Bulgaria, Grecia), la Finlandia, e la grande Unione Sovietica, comprensiva di Russia, Ucraina, Bielorussia, e il Caucaso (Armenia, Georgia, Azerbaigian).  
Oggi le destre europee non sono più “autoritarie”, sono tutte più o meo costituzionali, ma sono di destra, almeno nell’opinione pubblica se non al governo, una buona ventina dei 27 paesi dell’Unione Europea. Finlandia, Svezia, Baltici, Olanda, Portogallo, Ungheria, rieccoli Serbia, Croazia, Grecia, Italia. Con una forza crescente, e dominante nell’opinione, in Germania, Francia, Austria, Romania.

Grasse risate se scorrette

Il Feydeau più Feydeau che c’è, di equivoci e risate, resuscitato da

Rifici, a lungo assistente di Ronconi, e poi a lungo direttore della

scuola di teatro a Ronconi intitolata dal Piccolo di Milano. 

Seriosamente? Un adattamento geniale, un fuoco d’artificio

di invenzioni sceniche, mimetiche, dialogiche. Pareggiato

dalla semplicità: fondale e quinte ridotte a un semplice,

miracoloso, armadio. E un nugolo di equivocanti che

sono insieme comici, mimetici (trasformisti), saltimbanchi,

fini dicitori e anche musicisti. In un susseguirsi incalzante di

buffonate, da farsa. Scandito da scene da applauso, com usava nel

vecchio teatro.  

Feydeau nel 2025, tra woke, diritti, e correttezze - un autore e una

commedia per definizione scorretti? Eppure c’è. Prodotto da Lugano

Arte e Cultura - col Piccolo di Milano, certo. Dalla cui scuola

sono gli attori versatili, polivalenti, dicitori, ballerini, saltimbanchi,

mimi, cantanti, musicanti. Ma la prima risata, incerta, isolata, è venuta

dopo venti minuti. Il primo applause da scena madre, tiepido, dopo

un’ora. Il pubblico “impegnato”, come si diceva prima del 

woke, non riconosce più una commedia - grasse risate e molti applausi

s’immaginano in un’arena popolare, in teatro  da piazza.

Georges Feydeau (Carmelo Rifici), La pulce nell’orecchio, Teatro Il

Vascello, Roma