mercoledì 16 aprile 2025
Le banche alla Lega
Nel sommovimento bancario, l’Ops Unicredit su Bpm, avanzata il 24 novembre, e in partenza fra otto giorni, con documentazione approfondita delle sinergie e la creazione di valre che la fusione consentirebbe, resta soggetta a lento esame della speciale commissione al Tesoro del golden power, composta da non si sa chi, ma per conto del ministro Giorgetti della Lega.
Le banche, che saranno mai
Si procede sull’operazione Mps-Mediobanca-cum-Generali, che è solo
politica, senza nessuna logica economica senza che nessuno obietti. Senza che
nessuno nemmeno lo dica.
Che la cosa resti ignota alle opposizioni si capisce, per un po’ che si
sappia di Conte o Schlein, o Landini. Ma neanche Meloni, titta presa a trovare
un candidato suo alla Regione Lombardia, sembra capire.
Soprattutto, è assordante il silenzio dei media. Dopo tanto battagliare per
il “mercato”. Che pure hanno specialisti in grado di capire cosa si sta facendo.
Tutti leghisti? Tutti, di nuovo, statalisti?
Contro i dazi europei, non tariffari
Ci vuole
l’autorevolezza di Sabino Cassese, l’esperienza, e la capacità di leggere, a 90
anni, per dire di che si tratta fra Trump e l’Europa, a proposito “dell’azione
degli Stati Uniti, un po’ troppo rapidamente definita sovranista” – degli Stati
Uniti e non di Trump: “Essa è mossa anche dallo scopo di abbattere barriere
non tariffarie (di cui la Ue è maestra, Cassese ha già spiegato, n.d.r.) ed
evitare sanzioni di giudici che incidano sull’azione globale di imprese nate in
territorio americano. Trump alza le barriere tariffarie anche perché l’Unione Europea
abbassi le barriere non tariffarie”.
I “dazi”
europei sono le regolamentazioni. Per lo più bislacche, e sempre punitive –
anti-industriali. Lamentate peraltro, prima che da Trump, da
ogni singolo industriale italiano.
Con allegria - e mini-attori geniali - alla Liberazione
Musiche
allegre e un tenente tedesco finalmente umano – come ogni altro. Non sono le
sole sorprese della miniserie che ci condurrà alla celebrazioe degli ottant’anni
della Liberazione. Di un gruppetto di ragazzini che trafficano con i diversi
gruppi armati della Resistenza durante l’occupazione tedesca, sulle montagne
piemontesi. Una miniserie tratta dal romanzo omonimo di Andrea Bouchard, ma
tagliato e montato con insolita verve. Già la sola distinzione tra Verdi
e Rossi (e mancano i Bianchi) è una curiosità totale per uno sceneggiato che si
vuole celebrazione della Liberazione.
Due puntate – e probabilmente
la serie – sulle spalle della piccola Anna Losano, espressiva il giusto in ogni
situazione, la dizione distinta e piana, i tempi perfetti. Ma tutto il cast è
di prim’ordine, David Paryla soprattutto, il tenente buono. Il fratello minore
della protagonista, ingegnoso e chiacchierone, Luca Charles Brucini, l’amica del
cuore Carlotta Dosi, i nonni Carla Signoris e Bebo Storti.
La Rai moltiplica le produzioni per Millennials, per entrare nelle abitudini mentali delle ultime generazioni - adattando anche programmi vetusti, tipo “Dio ce la mandi buona”. Ma dalle 22 alle 24 – per lasciare più posto possibile allo sconcio “Affari tuoi”? Come a dire: per pensionati mezzo addormentati? E senza nemmeno un briciolo di promozione: tre milioni di spettatori sono niente per un programma di così alta qualità.
Susanna Nicchiarelli, Fuochi d’artificio, Rai 1, Raiplay
martedì 15 aprile 2025
Zelensky come i dazi, l’obiettivo è la Cina
Consegnare Zelensky alla storia (eletto il 21 aprile 2019, è già in
proroga da un anno), e ottenere dalla nuova presidenza un’accettazione degli
accordi di pace con Mosca – sia pure con riserva, con tutte le riserve
possibili. È questo l’obiettivo, secondo la Farnesina, di Trump, che manda
avanti da un lato la mediazione con Putin, senza gli ucraini, e dell’Ucraina fa
menzione solo per criticare il presidente Zelensky.
Nella prima presidenza Trump aveva aiutato l’Ucraina. Avviando le forniture
militari. Sconfitto da Biden, questa l’analisi molto semplice che se ne fa, ha legato
l’Ucraina tutta a Biden, l’arcinemico. Per i fatti di corruzione con la “famiglia
Biden” (il figlio Hunter), e per il coinvolgimento di Biden, e quindi degli Stati
Uniti, nella sfida alla Russia. In un ruolo del tutto passivo.
Procedere a un’elezione presidenziale è complicato. E in tempo di guerra
proibitivo – chi si candiderebbe a fare il Pétain, il Quisling? Da qui le pressioni
su Zelensky per un “bel gesto”, da statista, con le dimissioni - avendo già
capitalizzato ampiamente, in tutte le cancellerie del mondo, il ruolo di eroe e
di martire.
In tutte le cancellerie del mondo eccetto Pechino, si fa osservare. Ma
per questo tanto più necessaria apparirebbe a Washington una sostituzione rapida
di Zelensky, e comunque una pace – o un armistizio, o una tregua: imperativo è
slegare la Russia dalla Cina. Che resta l’unico bersaglio di questa presidenza –
dazi, cambio, attivi commerciale e dei pagamenti. Obiettivo un nuovo accordo del Plaza, 1985, quando il Nemico (commerciale, monetario) era il Giappone.
Cronache dell’altro mondo – abortive (33)
Nei primi due anni dopo che la Corte Suprema ha cancellato il diritto
costituzionale all’aborto il numero di aborti praticato annualmente negli Stati
Uniti è aumentato. Molti Stati hanno imposto restrizioni dopo la sentenza della
Corte Suprema: dodici hano adottato divieti quasi totali, e quattro hanno
imposto il limite delle sei settimane. E tuttavia si è registrato un aumento
degli aborti: da 930 mila nel 2020 a oltre un milione nel 2023.
La sola spiegazione che si dà è che gli attivisti pro-aborto hanno intensificato
l’attività negli Stati dove l’aborto è accessibile. In particolare, sono aumentati
gli aborti farmacologici. Autorizzabili ora via telesalute. A dicembre del 2021
la Federal Drug Administration ha eliminato l’obbligo di prescrivere il
mifeprestone di persona. Il numero degli studi medici che stabiliscono l’idoneità
della paziente online o al telefono, e mandano per email la prescrizione, è
proliferato.
(“The New Yorker”)
Il lolitismo al tempo delle serie tv
Un, sano? vecchio, film
sul lolitismo, senza mascherature: le ragazzette al liceo si litigano e si
accaparrano gli insegnanti. Salvo poi farli penare, per avere ciò che pensavano
di avere avuto – per di più sentimentali. Nei due tempi, della seduzione, e poi,
ritrovandosi in età matura, dell’ancora vana rincorsa.
Si direbbe un film sul
desiderio. Ma solo maschile? O fatto per esaltare – sfruttare – la popolarità
di due personaggi di grandi serie tv, Jenna Ortega e Martin Freeman.
Jade Halley Bartlett, Miller’s
Girl, Sky Cinema, Now
lunedì 14 aprile 2025
Letture - 575
letterautore
Cacciari – “Verrà ricordato
come l’abate Parini istitutore dele nuove dinastie milanesi”, Michele Masneri
sul “Foglio quotidiano” – avendo “laureato in filosofia Lorenzo Prada (figlio di
Miuccia, n,.d.), come del resto Barbara Berlusconi”.
Cani – Nel 1958,
quando ancora non usavano in Italia, i cani portati a passeggio per New York per
fare i bisogni sul marciapiedi indignavano Lucia Berlin – “poveri cani”. Tutto
bene, scriveva ai suoi amici di sempre, Edward e Helene Dorns, “eccetto che per
i cani da compagnia (toy dogs) – barboncini e chihuahua e grossi
weimaraner, terribile terribile. Fanno lo schifo per strada, mentre il loro proprietario,
non padrone, aspetta. Poveri cani, che umiliazione defecare per strada”.
Firenze – “Nei palazzi di
Firenze, di tutta la Toscana, percepiamo l’aspetto esteriore come l’espressione
esatta del loro senso interiore: alteri, fortificati, essi sono manifestazione
altera e sontuosa di un potere che può essere per così dire sentito in ogni
singola pietra, ciascuno di essi è rappresentazione di una personalità sicura
di sé e responsabile per se stessa” (G. Simmel, “Roma, Firenze, Venezia”, p. 63).
Gattopardo – L’ultimo, recente,
è stato Berlusconi? Il “gattopardismo” presume “grandi promesse politiche e
grandi speranze, da ingannare”, Gabriele Pedullà con Luca Mastrantonio su “7”,
“per chi ha sognato la ‘rivoluzione liberalista’ (non io), ed è stato così
ingenuo da credere che Berlusconi volesse davvero realizzarla, lui è stato
probabilmente l’ultimo leader degno di questo epiteto”.
Al famigerato “perché tutto
rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, l’attore Kim Rossi Stuart, che ha interpretato
il “Gattopardo” nella riedizione seriale Netflix, dichiara di preferire, come
meno cinica e anzi positiva, un’altra citazione famosa: “Noi fummo i
Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le
iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci
il sale della terra”.
Una dichiarazione anarchica, contro il “ceto dirigente”? o semplicemente
qualunquista?
Francesco Piccolo, che sul romanzo ha costruito uno spettacolo teatrale, “Il
Gattopardo. Una storia incredibile”, ora in tournée, ricorda un aspetto
trascurato della storia, a proposito di Giorgio Bassani, l’unico direttore
editoriale a credere dopo vari giri nel romanzo: “Bassani aveva conosciuto
Tomasi: pensava fosse un pazzo, perché lo aveva visto a un convegno a luglio dentro
a un cappotto, a un paltò per l’esattezza, perché aveva la giacca lisa e non
voleva farla vedere. Tanti anni dopo Bassani riceve un manoscritto che nessuno
voleva pubblicare: comincia a leggerlo, pensa sia bellissimo, solo che non sa
chi lo abbia scritto. Scopre solo dopo che l’autore è quel matto che ha
conosciuto anni prima e che non c’è più”.
Italia – “”Gi attori
comici da noi vanno presi molto sul serio, vincono i Nobel, fondano partiti di maggioranza
relativa”, Aldo Cazzullo, la posta del “Corriere della sera”.
Montaigne, che viaggiando non sprecava complimenti, ricorda con ammirazione,
del suo viaggio nel 1580: “Ho visto contadini col liuto in mano e persino le
pastorelle con l’Ariosto in bocca”. E:
“È curioso vedere come lasciano sul campo dieci e quindici e più giorni il gran
segato, senza paura del vicino”.
Napoli – Ricordando
Roberto De Simone e la “La gatta cenerentola”, Peppe Barra spiega: “È stata una
rivoluzione. Gli spettatori non avevano visto fino allora allegorie e culture
popolari rese in quel modo, ma negli anni Settanta non si erano nemmeno mai
ascoltate villanelle, strambotti, tammurriate”.
Miuccia Prada – Ha rasentato
anch’essa la filosofia, come poi il figlio Lorenzo (laureato con Cacciari). Lo
ricorda Masneri sul “Foglio” celebrando l’acquisizione Prada di Versace. Specialista
di Dottrine Politiche alla Statale, si può aggiungere, con un dottorato di ricerca,
supervisore Giorgio Galli, sul Pci. Di
cui era militante, animatrice della cellula “Carlo Marx” di Porta Romana, sotto
il palazzo di famiglia, rappresentante di zona dell’Unione Donne Italiane”: uno
dei suoi primi fashion show, quando cambiò settore d’interesse, lo ha tenuto
a Parigi nella sede del Pcf, il partito Comunista francese, un edificio anni
1970 di Oscar Niemeyer - lo stesso architetto, curiosamente, del palazzo Mondadori
a Segrate, che poi sarà di Berlusconi (due carriere in parallelo su tutto,
Prada e Berlusconi - eccetto la politica, di sinistra e di destra?).
Roma – Si protesta in
vati quartieri, San Saba, Prati-Delle Vittorie, Ponte Milvio , per “torri” telefoniche
di venti e più metri che s’innalzano su alcuni palazzi. Per salvaguardare il decoro
e la veduta, le “terrazze di Roma”.
Le antenne sono l’aspetto di Roma che più colpiva Antonio Calbi, futuro
direttore del teatro Argentina, l’ex Stabile di Roma, quando ci arrivava da
Milano per gestire il teatro Eliseo: “Prendevo il Pendolino e prima di entrare
a Termini vedevo i palazzi con una selva di antenne, come capelli sulla testa,
una per ogni appartamento, e mi chiedevo come mai l’idea milanese di condominio
non avesse attecchito”. Le famose “terrazze di Roma” son infrequentabili, e
irte di paraboliche – salvo nei (pochi)palazzi di famiglia.
Ma non è detto che “l’idea di condominio” non ha attecchito: sono condominii che fanno innalzare le “torri”
telefoniche, per farsi pagare la “servitù”.
Toscana – Evoca Puccini
nel 1922, dopo la gloria, scrivendo al direttore del “Corriere della sera” (tutti
i materiali, recensioni, presentazioni, interviste, lettere etc, concernenti il
rapporto del compositore col giornale sono ora raccolti dalla Fondazione
Corriere della sera in “Puccini e il Corriere della sera”) con nostalgia gli
anni dello sbarco a Milano da Lucca, col fratello Michele, ospiti fissi
dell’Osteria dell’Aida, per musicisti squattrinati gestita da un fiorentino
Gigi. Che dava da mangiare a sazietà a “poeti e musicisti senza editore,
cantanti in attesa di scrittura”, corredando il cibo da “fiaschi su fiaschi del
leggero e frizzante vino di Toscana”.
Il “vino di Toscana” non era il Chianti, sangiovese, ma un lambrusco non
zuccherino, secco.
Venezia – “I palazzi
veneziani sono un gioco elegante, essi mascherano i caratteri individuali dei
loro abitanti attraverso la loro uniformità, un velo le cui pieghe seguono
soltanto le leggi della bellezza lasciando intravedere la vita dietro di esse
nella misura in cui la nascondono”.
Venezia in maschera anche nella vita domestica? O si proiettano su Venezia
e i veneziani le loro famose maschere, dei balli, dei carnevali, dei melodrammi?
letterautore@antiit.eu
E la Rai sgonfiò il miracolo “Costanza”
Curioso finale
boomerang, dopo molte ore di sceneggiato e molti eventi, col ritorno alla casella
base – un racconto come il gioco dell’oca. La protagonista ritorna al punto di partenza,
a un uomo che ha “conosciuto” una sola notte, le ha fatto una figlia, è scomparso,
è ritrovato incidentalmente dopo sette anni, e dopo molte sgradevolezze, solo perché
lui è in procinto di sposarsi, decide che è l’uomo della sua vita – con sgomento
dell’uomo, come a dire: “questa è pazza”. Per incuriosire lo spettatore alla
prossima serie, o per sorprenderlo, in pratica per fregarlo?
Un finale balordo.
Forse dovuto all’originale, la trilogia romanzesca di Alessia Gazzola – la quale
però sa di meglio. Più probabile il progetto di attivare l’attesa per il sequel,
che però oggi come oggi risulta indigesto. Avendo già rovinato una serie che
invece si era imposta per il ritmo, l’accuratezza e lo spessore dei personaggi,
l’inventiva delle storie che la attraversano, la giusta misura dei ritmi di
regia e di molte recitazioni. Specie delle due sorelle messinesi (come Gazzola)
a Verona, la protagonista anatomopatologa brillante, nonché narratrice di fiabe
inventiva e convincente, e la minore, psicoterapeuta servizievole e imbranata, Miriam
Dalmazio e Eleonora De Luca.
O si vuole la favola
dell’amore contro tutto? Nel 2025? È un “errore” dell’autrice, Gazzola?
Possibile non avendo letto il libro, ma improbabile – desumendo dall’accuratezza
delle vicende di contorno e degli stessi caratteri. La Rai sta perdendo il lume
dell’intelletto?
Fabrizio Costa, Costanza,
Rai 1, Raiplay
domenica 13 aprile 2025
Ombre - 770
Fa infine
capolino, dopo settimane di paginate sul nulla, la verità dei dazi di Trump:
“Le guerre commerciali”. Su un giornale letterario, “La Lettura”…(finora se ne
era detto solo su questo sito…). C’è molta “ammuìna”, per svalutare
comparativamente il dollaro. E per fronteggiare l’aggressione commerciale della
Cina, con sussidi statali enormi, varie patiche di dumping, e la pratica
costante di sottovalutazione del yuan-renminbi.
Trump
prova con la Cina il braccio di ferro di Reagan col Giappone, che allora
“invadeva” gli Stati Uniti. Con gli stessi strumenti ora della Cina. Trump
vuole con Xi un analogo dell’“accordo del Plaza”, che Reagan impose a Tokyo nel
1985 – lo stesso Reagan che “aprì” alla Cina, e avviava la “globalizzazione”.
Si dice
Trump ma è l’America. Ci sono costanti nella politica Usa a prescindere dal presidente
– se c’è un deep State è questo. Già Obama contestava l’aggressività
commerciale di Xi. Trump pensava di averla ridotta. Biden ha allora spostato lo
scontro sul militare. Trump riapre il fronte commerciale e monetario.
Il
dollaro è – era fino all’altroieri – troppo forte, costringendo gli Usa a
stamparne di più, col rischio inflazione, e a indebitarsi in continuo, nel
commercio e nei pagamenti. Era a 1,4 sull’euro pre-covid, è arrivato alla
parità, dal 2022 all’altro ieri, prima di “Trump” – lo yuan-renminbi si
nasconde, come un (finto) bambino gracile.
Sembra
niente (ma non per gli addetti ai lavori), ma dopo l’accordo del Plaza
l’economia nipponica subì lo scoppio di una bolla speculativa. Cui seguì un
“ventennio perduto”, una stagflazione lunga dal 1991 al 2012 – con riduzione
dei redditi e dei consumi (perdita costante di valore dei salari reali e di
potere d’acquisto). In grande quello che sta succedendo alla Germania da tre
anni.
Un’economia
“organizzata” per l’esportazione, a costi artificiosamente ridotti (energia
russa e sussidi pubblici, con la scusante del green deal¸ nel caso
tedesco), è semplice, perché non si dice? Delle economie “organizzate” per
l’esportazione, p.es. la Cina?
“Unicredit,
gli ostacoli di Orcel nella scalata a Bpm”, titola “la Repubblica”. Senza una
novità, un aggancio, preciso: “Il governo con il golden power, il prezzo sempre
più alto e il 30 per cento a Crédit Agricole e casse di previdenza che non
arriveranno (aderiranno? N.d.r.) all’Ops rendono l’operazione difficile”. Facile
certo no, ma a argomentazioni singolarmente rovesciate: il golden power non c’entra,
il prezzo di Unicredit è, relativamente, più alto, Crédit Agricole e casse
andranno sul titolo a maggior valore. Il risiko bancario è come il campionato,
coi tifosi, o si punta a rendere più conveniente l’Ops?
Sessione
di emergenza del Parlamento di Westminster per salvare l’acciaieria di
Scuntrope, il residuo impianto britannico in grado di produrre acciaio puro.
Salvare cioè rinazionalizzare. L’impianto era stato rilevato da un gruppo
cinese cinque anni fa per appena 70 milioni di sterline, ma con la promessa
d’investimenti per 1,2 miliardi. Mai fatti, serviva a trasbordare semilavorati
cinesi. Ora non conveniva più, i costi di semplice esercizio di apertura
essendo lievitati ad oltre mezzo milione di sterline al giono.
“«Stasera
tutto è possibile» è un programma orribile, una ciofeca”, Aldo Grasso,
“Corriere della sera” 5 marzo: “I comici raschiano il fondo del barile. Mi
chiedo come si possa ridere delle loro battute”. Critico inconsolabile di
fronte al successo di pubblico. Un mese dopo è un inno alla gioia di De
Martino, il conduttore, dei suoi comici, e del suo pubblico, sempre largo:
“Soprattutto giovane”, gioisce lo stesso Grasso, sempre sul “Corriere della
sera”. Non proprio un mese dopo,
quaranta giorni dopo, per le Palme. È il clima pasquale? C’è stato un miracolo?
Si fanno
ogni mattina, a ogni tg, lo stesso i
giornali, i “pastoni” politici, di quello che ha detto e fatto Meloni, e poi
invariabilmente: “Opposizioni all’attacco”. Non questa o quella critica,
“opposizioni all’attacco”. E l’immagine corre a Conte, sempre vestito di
grigio, e Schlein, sempre invariabilmente disarmocronica, due facce che non “dicono”
nulla, giusto l’intelligenza artificiale dei social, sul tema “opposizioni all’attacco”
– dei sosia.
Si scrive
di scambi di “prigionieri” Usa-Russia, e si finisce (Lorenzo Cremonesi,
“Corriere della sera”) per dire per inciso, due righe, verso la fine del lungo
articolo, che l’Ucraina assolda molti mercenari. Parlando d’altro, dei “volontari”
cinesi che Zelensky ha fatto prigionieri, rendendone responsabile il governo:
“Pechino replica che si tratta di parole «irresponsabili» e lascia capire che
possano essere invece mercenari” – “proprio come migliaia di occidentali”, l’inciso,
“oggi combattono nei ranghi ucraini”.
Resta da
dire l’essenziale: assoldati da chi?
Mbappé da
solo ha fatto perdere un paio di coppe al club che lo ha lanciato, il Paris
Saint-Germain, alla Francia, e ora al Real Madrid di Ancelotti, sconquassando, in
campo e nello spogliatoio. È come fu Cristiano Ronaldo alla Juventus, anche se
in questo caso senza presunzione del calciatore: gli eroi solitari, presuntuosi,
arroganti, litigiosi, fanno male al calcio. Ma sono i beniamini dei tifosi – oggi
si direbbe eroi: gli basta una piroetta in campo.
“Quasi
600 speaker al Festiva del Giornalismo a Perugia, 9-13 aprile”. Quasi? Cioè,
sono pochi – più si parla di giornalismo, invece di praticarlo, se in quasi 600
lo spiegano, e meglio stiamo?
Nella generale avversione dei media contro
Trump, si accredita una sua vicinanza a Putin – sottinteso: tra dittatori –
nella guerra. Mentre fu Trump ad armare Zelensky nel 2019-2020, dopo avere
osteggiato con rudezza il Nord Stream 2, la supercondotta del gas russo-tedesca. Voleva Trump amico di Putin già il Russiagate,
l’inchiesta pluriennale dell’Fbi e dei media americani, innescata da un spia
inglese in pensione, per conto della campagna elettorale di Hillary Clinton La stampa ha le pulci anche quando è libera.
La Russia è certo indispensabile agli Stati
Uniti per isolare la Cina. Sul piano strategico-militare, e i in quella specie
di mercato alternativo che Pechino minaccia con i Brics. Non sarebbe un “colpo
di teatro” come si ama dire di Trump, se la “guerra dei dazi” si risolvesse alla
fine, tra rinvii, esclusioni e abbuoni, in una guerra mascherata alla Cia – alle
pratiche commerciali scorrette di Pechino.