lunedì 28 aprile 2025
Ombre - 772
Partenza mesta
del risiko bancario con l’Ops Unicredit su Bpm. In Italia niente è mai “rivoluzionario”
e “decisivo”. Ma in questo caso è il governo, un governo di coalizione, di “convergenze
parallele” per definizione, che per quanto diviso e in concorrenza fa l’inverosimile:
occupa il campo di gioco.
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I sentimenti non si rubano
Una favola
moderna, dell’accudimento. Doppiata da una nostalgica del com’eravamo. La donna
che amorevolmente si cura di tre anziani, in vario modo problematici, con attenzione
specifica per ognuno di essi, a tutte le ore in tutte le circostanze, e con fiducia
reciproca, ha il vizio di sottrarre piccole, e grandi, somme agli assistiti.
Per pagare il piano e le lezioni di piano al nipotino che sarà grande concertista,
il piano è la sua passione, non smette di acoltare Rubinstein in cuffia vagando
di casa in casa, e per abbuffarsi ogni tanto di ostriche. Un furto vero, di
professionisti, fa scoprre l’inganno e la storiella bella si complica. Ma che
cos’è un assegno falsificato a fronte dell’empatia?
La favola si doppia
– si rafforza – nel confronto generazionale. I figli di tanta umanità, dove le
coppie si compatiscono, e anzi si aiutano, fino allo stremo, ma non si
dissolvono, non ne hanno più per se stessi: amare è scopare, i compagni migliori,
nonché i figli, “non esistono”. Si rubano l’umanità.
Il tutto a Marsiglia,
in un quartiere popolare dove la sola consolazione è il mare – ma dove i servizi
sociali curano e pagano l’accudimento.
Guédiguian ha una
cifra ormai distinta nel trattare i sentimenti comuni, materiali, piccoli, d’ogni
giorno. Di personaggi non belli, non esteriormente. Ma diversamente belli nella
recitazione.
Senza star, un
film per pochi, in poche copie, in poche sale. Ma già film di culto per i critici,
alcuni critici, e per chi ha avuto la ventura di vederlo.
Robert Guédiguian,
La gazza ladra
domenica 27 aprile 2025
De Profundis, de mythis
Lo ricorda solo de Bortoli, del vento che sfoglia il Vangelo sulla bara
del papa Francesco: “Come nell’aprile di vent’anni fa, quando ci fu l’addio a
Giovanni Paolo II”. Anche allora esposto in una bara semplice, a terra (non sul
catafalco). Ma Francesco si vuole unico perchè è cambiato il modo di dire – e di
pensare? Fare mito di tutto, tutti santi, eroi, martiri. Qui anche con la sfilata,
come per i vecchi imperatori - ma sui fori “sono più i selfie che i segni dela
croce”. Mentre poveri, barboni, rifugiati e transessuali sono tenuti in attesa, scelti
con cura, col vestito nuovo, un giglio bianco in mano, in numero di quaranta, dieci per ogni categoria?, e due frasi ad effetto
per le tv, recintati nel grande piazzale sgomberato di Santa Maria Maggiore.
Sono già mito le due sedie nell’angolo di San Pietro, con Trump e
Zelensky che si “confidano”. Ma qui con qualche (sperabile) fondamento. Una pax
vaticana sarebbe storia.
Per il resto come prima: la chiesa non ne è scalfita, e nemmeno accresciuta. Il celebrante, il cardinale Re, ha ha tenuto una omelia molto francescana, ma nessuno si è commosso. Paul Elie, che ha seguito la cerimonia dall’alto del “braccio” berniniano di
Costantino, sulla sinistra della basilica, vede, con le statue che lo
circondano, “plenty of pomp and circumstance”, sfoggio di pompa in
grande stile – come le statue che lo circondano hanno visto per secoli – e “niente
di mutato” rispetto al precedente funerale, vent’anni prima, per Giovanni Paolo
II- “la cerimonia era molto familiare”. Re, regine e sceicchi con i riti di
altri tempi.
Un papa double face
Ferruccio, che ha
diretto il “Corriere della sera” quando il giornale era patrocinato da Bazoli,
e in quella veste ha intervistato il papa – anche per reggere la concorrenza di
Scalfari, che con il papa Bergoglio parlava alla pari, da non credente a credente
- fa un curioso montaggio di tanti “crediti” e, senza accorgersene?, altrettanti
“discrediti”. Il suo spes contra spem, la speranza a ogni costo, anche
in guerra – spes non confundit. La speranza per tutti e ognuno, per
quanto miseri, abbandonati, inermi – la chiesa è “un ospedale da campo”. La preghiera
come collante – “pregate per me”, rivolto a tutti sempre. Il senso espresso,
esplicito, dell’amore. Compreso “degli irregolari, i divorziati pr esempio”.
Ma, poi, “un
aborto è un omicidio”. La “frociaggine” nei seminari. E altre bruschezze. I
seminari vuoti. Il nessun senso, nemmeno se sollecitato, dell’Europa, della storia,
della cultura.
Nel mezzo il ricordo
di una giornata romana a Santa Maria in Trastevere, per il giubileo dei
giornalisti, in attesa del papa, gomito a gomito con Scalfari, Tarquinio, altri
giornalisti, e con De Rita, e Pignatone -
il giudice-senza-dibattimento, bisogna aggiungere, voluto da Francesco. Che è
un fervorino per il cardinale di Bologna e presidente della Cei Zuppi. E in più
episodi ricorda un papa che nelle interviste, anche con lui, si rifiuta di “fare
bilanci”. E anche il pauperismo resta problematico.
Ferruccio de
Bortoli, Franceso. Pregate per me, “Corriere della sera”, pp. 63,
gratuito
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