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domenica 27 aprile 2025

De Profundis, de mythis

Lo ricorda solo de Bortoli, del vento che sfoglia il Vangelo sulla bara del papa Francesco: “Come nell’aprile di vent’anni fa, quando ci fu l’addio a Giovanni Paolo II”. Anche allora esposto in una bara semplice, a terra (non sul catafalco). Ma Francesco si vuole unico perchè è cambiato il modo di dire – e di pensare? Fare mito di tutto, tutti santi, eroi, martiri. Qui anche con la sfilata, come per i vecchi imperatori - ma sui fori “sono più i selfie che i segni dela croce”. Mentre poveri, barboni, rifugiati e transessuali sono tenuti in attesa, scelti con cura, col vestito nuovo, un giglio bianco in mano, in numero di quaranta, dieci per ogni categoria?, e due frasi ad effetto per le tv, recintati nel grande piazzale sgomberato di Santa Maria Maggiore.
Sono già mito le due sedie nell’angolo di San Pietro, con Trump e Zelensky che si “confidano”. Ma qui con qualche (sperabile) fondamento. Una pax vaticana sarebbe storia.
Per il resto come prima: la chiesa non ne è scalfita, e nemmeno accresciuta. Il celebrante, il cardinale Re, ha ha tenuto una omelia molto francescana, ma nessuno si è  commosso. Paul Elie, che ha seguito la cerimonia dall’alto del “braccio” berniniano di Costantino, sulla sinistra della basilica, vede, con le statue che lo circondano, “plenty of pomp and circumstance”, sfoggio di pompa in grande stile – come le statue che lo circondano hanno visto per secoli – e “niente di mutato” rispetto al precedente funerale, vent’anni prima, per Giovanni Paolo II- “la cerimonia era molto familiare”. Re, regine e sceicchi con i riti di altri tempi.

Un papa double face

Ferruccio, che ha diretto il “Corriere della sera” quando il giornale era patrocinato da Bazoli, e in quella veste ha intervistato il papa – anche per reggere la concorrenza di Scalfari, che con il papa Bergoglio parlava alla pari, da non credente a credente - fa un curioso montaggio di tanti “crediti” e, senza accorgersene?, altrettanti “discrediti”. Il suo spes contra spem, la speranza a ogni costo, anche in guerra – spes non confundit. La speranza per tutti e ognuno, per quanto miseri, abbandonati, inermi – la chiesa è “un ospedale da campo”. La preghiera come collante – “pregate per me”, rivolto a tutti sempre. Il senso espresso, esplicito, dell’amore. Compreso “degli irregolari, i divorziati pr esempio”.
Ma, poi, “un aborto è un omicidio”. La “frociaggine” nei seminari. E altre bruschezze. I seminari vuoti. Il nessun senso, nemmeno se sollecitato, dell’Europa, della storia, della cultura.   
Nel mezzo il ricordo di una giornata romana a Santa Maria in Trastevere, per il giubileo dei giornalisti, in attesa del papa, gomito a gomito con Scalfari, Tarquinio, altri giornalisti, e con De
 Rita, e Pignatone - il giudice-senza-dibattimento, bisogna aggiungere, voluto da Francesco. Che è un fervorino per il cardinale di Bologna e presidente della Cei Zuppi. E in più episodi ricorda un papa che nelle interviste, anche con lui, si rifiuta di “fare bilanci”. E anche il pauperismo resta problematico.
Ferruccio de Bortoli, Franceso. Pregate per me, “Corriere della sera”, pp. 63, gratuito