Partenza mesta
del risiko bancario con l’Ops Unicredit su Bpm. In Italia niente è mai “rivoluzionario”
e “decisivo”. Ma in questo caso è il governo, un governo di coalizione, di “convergenze
parallele” per definizione, che per quanto diviso e in concorrenza fa l’inverosimile:
occupa il campo di gioco.
Un partito
si prende mezzo mondo bancario, Monte dei Paschi, Mediobanca, Bpm, con contorno
di Generali, e nessuno dice niente. I baluardi del mercato tacciono, “Il Sole 24
Ore”, “la Repubblica”, il “Corriere della sera”. E non solo si prende mezzo mondo
bancario, mette i bastoni fra le ruote ai concorrenti, oggi Unicredit domani
Intesa. D’arbitrio. Illegalmente. E niente, silenzio.
L’onesto de
Bortoli non può fare a meno di rilevarlo, ma lo relegano a un supplemento. E lui
stesso si cautela, distingue, chiede scusa. La Lega, che non ha voti, ha tanti
giornali – editori, affari?
“Mi hanno
premiato dopo 55 film”, con il Davide di Donatello alla carriera. È a00maro
Pupi Avati, 87 anni: “Cade un Muro. Prima mi ignoravano perché sono sempre
stato un liberale”. Come non detto – c’è censura in Italia?
Giganteggia
il cardinale Re, m. 1,90, 91 anni, agile e forte per due ore di cerimonia, voce
sonora, omelia concisa e significante, concetti semplici e filati, dotto figlio
di contadini. Lo specchio di un papa vero, che però non può essere: il papato è
regolato dall’anagrafe.
Sembra
l’ultima eccentricità di papa Bergoglio quella di farsi seppellire fuori dal
Vaticano, costringendo i venerabili cardinali a una cerimonia interminabile,
con corteo infine a Santa Maria Maggiore. Ma poi ci si ricorda che la basilica
sta dietro l’Ambasciata a Roma dell’Argentina.
Si sa
solo per caso che la moglie di Trump è cattolica, e che Trump quindi è venuto a
Roma, per poche ore, compreso il giro di golf, per compiacere a moglie. L’odio
contro Trump è totale? C’è una fede unica nei media – una volta si sarebbe
detto nel giornalismo?
Unici assenti
al funerale del papa gli olandesi. Che si giustificano – avevamo un altro
impegno. Ma poi si scopre che non sono venuti mai, a nessuno dei funerali
mediatici, quelli degli ultimi cinquant’anni, Paolo VI, Giovanni XXIII, i due Giovanni
Paolo, Benedetto. L’ipocrisia si sarebbe detta cattolica, m la protestante non
è da meno.
Il ministro
Giorgetti dopo il no all’ops Unicredit su Bpm: “Invidio l’idea virile di interesse
nazionale degli Usa!”. Vorrebbe decidere lui che cosa un’azienda può o non può
fare. Singolare. Ma più singolare ancora è che Giorgetti dia Mps in mano a Caltagirone,
con Mediobanca e Generali. Assurdo, no?
Si scopre
in morte che combatteva per la Russia il figlio di un’alta dirigente Cia. Una
scelta personale, certo. Ma “un dettaglio incredibile”, nota la corrispondente Usa
del “Corriere della sera”, Viviana Mazza, “è che gli ucraini forse inconsapevolmente
hanno eliminato il figlio di un’alta funzionaria dell’intelligence Usa
utilizzando per ucciderlo informazioni fornite dalla stessa Cia”.
“Conte,
quando era premier, lo confuse con l’8 settembre”, nota il 25 aprile Gramellini.
Confuse il 25 aprile con l’8 settembre. Conte, il leader inverosimile dei
grillini, col doppiopetto in piazza.
.
“Vista
dall’America, la chiesa cattolica è prima di tutto romana e italiana”, nota
Paolo Gentiloni, l’ex presidente del consiglio, che a New York per l’Onu nei giorni
dei funerali di papa Francesco riceveva le condoglianze, “come se fosse
scomparsa una personalità pubblica italiana”. Fino a quando?
Le cappelle,
anche le capelle private, si immaginano adorne di immagini, santi, altarini, inginocchiatoi,
oggetti legati al culto, alla preghiera. Quella del collegio-albergo Santa Marta,
la cappella privata del papa, si vedeva nell’apparecchiatura dei funerali nuda.
Con la sola presenza di videocamere, montate su cavalletti, addossate ai muri.
Senza colpe, ma un segno ostinato della “pubblicità” invadente. Esaustiva?
“Ricordo
che a Rio de Janeiro”, scrive il padre Spadaro, columnist di “la
Repubblica,” del papa Francesco, “passava in papamobile verso un incontro con i
giovani quando vide che aveva appena oltrepassato lo spazio della sala stampa.
Non rinunciò a inarcarsi a destre fino a perdere l’equilibrio per salutare tendendosi”. Un complimento?
“Nel 1992
mio padre fu uno dei primi arrestati di Tantgentopoli”, Luisa Todini ricorda a
Cappelli sul “Corriere della sera”: “Fu
accusato di aver dato soldi a un politico socialista per un lavoro mai appaltato.
Veniva descritto come alto, magro e abbronzato: papà era bassino, tarchiato e
bianco come un lenzuolo”. Giustizia e informazione unite nella lotta in “Mani
Pulite”.
“Di Pietro
interrogò anche me”, continua Todini: “Pensava che avessi nascosto i soldi
chissà dove, voleva sapere dei nostri rapporti con Craxi. Gridò davanti a
tutti, tenendo la porta aperta per farsi sentire: questi Todini mi hanno rotto,
li arresto tutti! … Gli feci riscrivere il verbale tre volte perché le
dichiarazioni non corrispondevano a quanto avevo detto”. Di Pietro, sempre
loquace, e ultimamente anche, un po’, pentito, non ha reagito.
“Mani
Pulite”, un’altra storia che non si fa – la Repubblica è piena di scheletri.
“Non si vince
con gli schemi, con i sistemini, con….”: l’allenatore per caso della Juventus
Tudor deve spiegare l’ovvio. Non si gioca al calcio per fare giornalismo, per consenrtire
si fare rigaggio sui giornali, per quanto incomprensibile. Lo sport è tecnica e
agonismo.
La squadra
allenata da Tudor, la Juventus, è quella che h speso di più nell’ultimo anno,
260 milioni, per mettere assieme un gruppo di brocchi mai visto. Difensori che
non saltano (prendono inevitabilmente gol di test a), mediani che non sano
mandare la palla avanti di un metro, attaccanti che non segnano neanche a buttarli
dentro la rete. Incredibile, ma vero. Ma allora, perché spendere tanto? Per le
parcelle dei procuratori? I quali non dividono, magari a Montecarlo, dove
abitano?
Il
“Corriere della sera”, come “la Repubblica”, mettono il governo e Meloni nella
pagina di giro, la pari, e Elly Schlein in quella di fronte, la dispari – nella
tecnica dell’impaginazione il meno visibile e il più visibile (vale anche per
la pubblicità, quella della dispari costa di più). Non per le cose che dicono o
fanno, ma per principio – avranno confessori e politici con cui giustificarsi.
Solo che uno finisce per antipatizzare: Schlein non muta espressione, e non sa
cosa dire.
Non si pubblicano
ma diventano note, più o meno, le prescrizioni del golden power imposto
a Unicredit per l’Ops Bpm. Sono un po’ ridicole - gli impieghi ridotti sul
mercato italiano negli ultimi cinque anni, azionisti esteri, presenza residua in
Russia – ma nessuno lo dice. Le altre banche hanno moltiplicato gli impieghi
dopo il covid? Non vogliamo i fondi pensione e d’investimento esteri?
Può più la faccia tosta di Salvini e
Giorgetti o un minimo di informazione? O è ignoranza – l’opinione pubblica
ridotta ai social, alla battutina? Ma un po’ del disincanto italico: come si
possono prendere sul serio i ragionieri della Lega? E un partito filorusso che ammanetta
Unicredit perché ha ancora un ufficio a Mosca?
Una favola
moderna, dell’accudimento. Doppiata da una nostalgica del com’eravamo. La donna
che amorevolmente si cura di tre anziani, in vario modo problematici, con attenzione
specifica per ognuno di essi, a tutte le ore in tutte le circostanze, e con fiducia
reciproca, ha il vizio di sottrarre piccole, e grandi, somme agli assistiti.
Per pagare il piano e le lezioni di piano al nipotino che sarà grande concertista,
il piano è la sua passione, non smette di acoltare Rubinstein in cuffia vagando
di casa in casa, e per abbuffarsi ogni tanto di ostriche. Un furto vero, di
professionisti, fa scoprre l’inganno e la storiella bella si complica. Ma che
cos’è un assegno falsificato a fronte dell’empatia?
La favola si doppia
– si rafforza – nel confronto generazionale. I figli di tanta umanità, dove le
coppie si compatiscono, e anzi si aiutano, fino allo stremo, ma non si
dissolvono, non ne hanno più per se stessi: amare è scopare, i compagni migliori,
nonché i figli, “non esistono”. Si rubano l’umanità.
Il tutto a Marsiglia,
in un quartiere popolare dove la sola consolazione è il mare – ma dove i servizi
sociali curano e pagano l’accudimento.
Guédiguian ha una
cifra ormai distinta nel trattare i sentimenti comuni, materiali, piccoli, d’ogni
giorno. Di personaggi non belli, non esteriormente. Ma diversamente belli nella
recitazione.
Senza star, un
film per pochi, in poche copie, in poche sale. Ma già film di culto per i critici,
alcuni critici, e per chi ha avuto la ventura di vederlo.
Robert Guédiguian,
La gazza ladra
Lo ricorda solo de Bortoli, del vento che sfoglia il Vangelo sulla bara
del papa Francesco: “Come nell’aprile di vent’anni fa, quando ci fu l’addio a
Giovanni Paolo II”. Anche allora esposto in una bara semplice, a terra (non sul
catafalco). Ma Francesco si vuole unico perchè è cambiato il modo di dire – e di
pensare? Fare mito di tutto, tutti santi, eroi, martiri. Qui anche con la sfilata,
come per i vecchi imperatori - ma sui fori “sono più i selfie che i segni dela
croce”. Mentre poveri, barboni, rifugiati e transessuali sono tenuti in attesa, scelti
con cura, col vestito nuovo, un giglio bianco in mano, in numero di quaranta, dieci per ogni categoria?, e due frasi ad effetto
per le tv, recintati nel grande piazzale sgomberato di Santa Maria Maggiore.
Sono già mito le due sedie nell’angolo di San Pietro, con Trump e
Zelensky che si “confidano”. Ma qui con qualche (sperabile) fondamento. Una pax
vaticana sarebbe storia.
Per il resto come prima: la chiesa non ne è scalfita, e nemmeno accresciuta. Il celebrante, il cardinale Re, ha ha tenuto una omelia molto francescana, ma nessuno si è commosso. Paul Elie, che ha seguito la cerimonia dall’alto del “braccio” berniniano di
Costantino, sulla sinistra della basilica, vede, con le statue che lo
circondano, “plenty of pomp and circumstance”, sfoggio di pompa in
grande stile – come le statue che lo circondano hanno visto per secoli – e “niente
di mutato” rispetto al precedente funerale, vent’anni prima, per Giovanni Paolo
II- “la cerimonia era molto familiare”. Re, regine e sceicchi con i riti di
altri tempi.
Ferruccio, che ha
diretto il “Corriere della sera” quando il giornale era patrocinato da Bazoli,
e in quella veste ha intervistato il papa – anche per reggere la concorrenza di
Scalfari, che con il papa Bergoglio parlava alla pari, da non credente a credente
- fa un curioso montaggio di tanti “crediti” e, senza accorgersene?, altrettanti
“discrediti”. Il suo spes contra spem, la speranza a ogni costo, anche
in guerra – spes non confundit. La speranza per tutti e ognuno, per
quanto miseri, abbandonati, inermi – la chiesa è “un ospedale da campo”. La preghiera
come collante – “pregate per me”, rivolto a tutti sempre. Il senso espresso,
esplicito, dell’amore. Compreso “degli irregolari, i divorziati pr esempio”.
Ma, poi, “un
aborto è un omicidio”. La “frociaggine” nei seminari. E altre bruschezze. I
seminari vuoti. Il nessun senso, nemmeno se sollecitato, dell’Europa, della storia,
della cultura.
Nel mezzo il ricordo
di una giornata romana a Santa Maria in Trastevere, per il giubileo dei
giornalisti, in attesa del papa, gomito a gomito con Scalfari, Tarquinio, altri
giornalisti, e con De Rita, e Pignatone -
il giudice-senza-dibattimento, bisogna aggiungere, voluto da Francesco. Che è
un fervorino per il cardinale di Bologna e presidente della Cei Zuppi. E in più
episodi ricorda un papa che nelle interviste, anche con lui, si rifiuta di “fare
bilanci”. E anche il pauperismo resta problematico.
Ferruccio de
Bortoli, Franceso. Pregate per me, “Corriere della sera”, pp. 63,
gratuito